“L’investigazione del DNA dei pesci campionati nelle varie aste torrentizie della Valle del Serchio – spiega l’esperto Paolo Gibertoni – ha permesso di determinare lo stato di salute delle popolazioni presenti. Il grado di ibridazione genetica apportata dalla trota fario zootecnica di origine atlantica, vale a dire non autoctona per le acque della Provincia di Lucca, nelle popolazioni native è risultato mediamente basso testimoniando il buon stato di salute delle popolazioni di Trota Mediterranea, le quali non hanno permesso il diffondersi in maniera invasiva di geni alieni. Inoltre è stato possibile, tra i soggetti risultati puri, individuare le livree autoctone di riferimento che hanno permesso la selezione di esemplari adulti, catturati in questi corsi, da avviare alla carriera riproduttiva. Infatti nel corso di questi anni sono state selezionate trote Mediterranee autoctone secondo i canoni stabiliti, e stabulate in apposite vasche dove nelle varie stagioni riproduttive è stato generato, mediante operazioni di riproduzione artificiale, il novellame autoctono da utilizzarsi per la creazione di futuri parchi riproduttori e per le pratiche di ripopolamento delle acque di origine”.
“Tale livrea – dice ancora Gibertoni – è verosimilmente ascrivibile ad una forma di fluviale, cioè quella varietà di Trota Mediterranea adattata alle acque di fondovalle in cui condivide l’habitat con ciprinidi reofili tollerando particolari condizioni ambientali quali elevate temperature e mediocri concentrazioni di ossigeno.
Questa varietà di fondovalle è oggi la trota maggiormente minacciata ed a concreto rischio di estinzione nelle acque di origine. Ciò a causa dell’uso eccessivo che si è fatto, e che in talune realtà si continua a perpetrare, della componente “Fiume”: utilizzo eccessivo delle acque per varie finalità, escavazione di sabbie e ghiaie, banalizzazione dell’alveo con perdita di nicchie e rifugi, inquinamento di superficie e di falda a causa di reflui urbani, agricoli ed industriali; il tutto aggravato dalla predazione da avifauna ittiofaga, in particolare cormorani, che negli ultimi anni ha raggiunto un livello estremamente critico”.
Fortunatamente nell’annata corrente i riproduttori selvatici stabulati in vasca hanno consentito la produzione di circa 130.000 uova che, una volta schiuse, origineranno un contingente di circa 120.000 avannotti per le operazioni di ripopolamento sotto diretta sovrintendenza del Servizio Pesca Regione Toscana, distaccamento di Lucca. Una operazione che ha visto coinvolti enti a tutti i livelli dalla Regione Toscana, con il particolare contributo dell’assessorato ad Agricoltura, sviluppo rurale, foreste, caccia e pesca, agriturismo e politiche della montagna, con in testa l’assessore Marco Remaschi, alla unione dei comuni della Media Valle del Serchio che ha realizzato in pratica il progetto, fino anche al comune di Barga che è parte attiva di questa operazione, seguita degli anni con particolare attenzione dall’assessore alle politiche della montagna Pietro Onesti; il tutto grazie al progetto di recupero dell’area del Rio Villese dove dal 2009 è stata aperta l’unica avannotteria attiva presente in valle del Serchio.
Unica nota a margine. Il luogo dove si trova lo stabilimento ittiogeno del Rio Villese è molto suggestivo, come si vede anche nelle foto che risalgono al 2009. Quando venne realizzato fu pensato anche come area di sosta. In questi anni se ne è occupato, più come appassionato e volontario che come uomod elle istituzioni, Pietro Onesti. Non sarebbe il caso che il Comune o l’Unione dei Comuni, vista anche l’operazione in corso, desse anche una bella ripulita a tutto l’ambiente?
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