In occasione delle iniziative e delle celebrazioni in programma per la Giornata della Memoria, in ricordo delle vittime dlel’Olocausto, pubblichiamo il diario che sta scrivendo del consigliere provinciale Nicola Boggi di Filecchio, partito per la Polonia con il “Treno della memoria”.
Il ritorno a casa
Amo molto viaggiare ed uno degli momenti più personali dei miei viaggi è proprio il ritorno. Può apparire una contraddizione in termini ma è ciò che provo ogni volta forse per il continuo combattimento interiore fra la grande curiosità che mi spinge ad osservare il mondo ed il viscerale sentimento per la mia terra ed i miei affetti; in due parole è bello per me viaggiare perché poi so che si ritorna a casa.
Anche in questa occasione provo questo particolare stato d’animo seppur molto più compresso vista l’unicità dell’esperienza vissuta.
Sono stati giorni, questi in Polonia, che ci hanno costretto a misurarci con i livelli più estremi della crudeltà di cui l’uomo è stato capace.
Giorni per alimentare una memoria certamente ma anche giorni nei quali ci siamo impegnati affinché questa memoria possa essere proattiva: orientata affinché le nostre coscienze ci spingano sempre più ad essere sentinelle di democrazia e civiltà.
Abbiamo visitato cimiteri grandissimi senza tombe, siamo rimasti senza parole di fronte a tali atrocità ed abbiamo pensato come tutto ciò sia stato possibile. Poi tornando a casa penso ai cimiteri senza tombe di oggi, su tutti il nostro mar Mediterraneo e rabbrividisco pensando ai commenti di taluni rispetto a questa nostra tragedia contemporanea.
L’edizione 2017, la decima del Treno della Memoria della Toscana, è stata dedicata alla memoria di Primo Levi. Come quindi non concludere questo mio racconto di questi giorni con un estratto dall’introduzione del suo libro “ Se questo è un uomo”. V’invito alla lettura e ad una vostra riflessione sul nostro tempo.
“A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che «ogni straniero è nemico». Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager. Esso è il prodotto di una concezione del mondo portata alle sue conseguenze con rigorosa coerenza: finché la concezione sussiste, le conseguenze ci minacciano. La storia dei campi di distruzione dovrebbe venire intesa da tutti come un sinistro segnale di pericolo.”
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