SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Stefani vs Mastronaldi

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Giunti a meno di due mesi dall’appuntamento – quale che sia l’esito – storico del prossimo 4 dicembre con l’atteso referendum attraverso il quale noi cittadini saremo chiamati a confermare o meno la riforma approvata in via definitiva dalle camere lo scorso aprile, il nostro giornale ha pensato d’offrire uno spazio di confronto nel quale possano misurarsi a favore o contro tale proposta rappresentanti delle istituzioni, della politica locale come pure professionisti o semplici cittadini. Cinque identiche domande poste ai vari interlocutori che potranno motivare la loro posizione con risposte contingentate nella loro lunghezza (massimo 400 battute per ogni risposta).

Stavolta tocca a due rappresentanti il consiglio comunale di Barga: l’assessore alla cultura ed al turismo Giovanna Stefani per il sì ed il battagliero consigliere comunale di opposizione, Luca Mastronaldi, per il no.

Referendum costituzionale, si o no e perché?

GIOVANNA STEFANI

Referendum Sì. Credo che la riforma sottoposta a Referendum rappresenti un salto di qualità per il sistema politico italiano e per il suo farraginoso processo legislativo, garantendo maggiore stabilità a un Paese che ha visto susseguirsi oltre sessanta governi negli ultimi 70 anni. Non tocca i principi fondamentali della prima parte della Costituzione, né la forma di Governo, che rimane parlamentare, né il ruolo del Presidente della Repubblica o della Corte Costituzionale, ma interviene sulla seconda parte della Carta costituzionale, quella che norma il funzionamento dello Stato e ne aggiorna il quadro di organizzazione.

Contiene alcuni punti qualificanti in questo senso, primo fra tutti l’abolizione di un Senato a elezione diretta e l’istituzione di un Senato delle autonomie territoriali. Un secondo punto di grande rilievo riguarda la modifica del Titolo V, cioè la parte della Costituzione che individua le competenze dello Stato e quelle delle Regioni, finalizzata a risolvere molti dei conflitti di competenza che sorgono tra Stato e Regioni, diretta conseguenza della riforma costituzionale del 2001.

LUCA MASTRONALDI

Un No chiaro e deciso alla riforma costituzionale. Trovo scandaloso che un parlamento eletto con una legge elettorale dichiarata incostituzionale possa a colpi di maggioranza modificare ben 47 articoli su 139.Una costituzione semplice e scritta in maniera chiara e comprensibile per tutti diventa un testo indecifrabile basti pensare all’articolo 70 che passa da nove parole a ben 717.Viene da chiedersi come sia possibile che dopo uomini illustri che hanno scritto la nostra costituzione da De Gasperi a Calamandrei e numerosi giuristi, si possa farla riscrivere alla Boschi a Renzi e a Verdini prima tanto odiato e ora stampella dell’esecutivo.

Poi c’è la nuova legge elettorale l’Italicum dove il premier avrà nelle proprie mani uno strapotere incontrastato, diventerà il padrone del governo e del parlamento, potrà scegliersi in ordine, presidente della repubblica, i membri della consulta e del Csm nominati dal parlamento, l’amministratore delegato e il Cda della Rai e per finire cambiare la costituzione a proprio piacimento. una vera e propria dittatura.

La riforma prevede il superamento del bicameralismo perfetto di cui si parla da 30 anni: giusto o sbagliato e nel caso favorevole o contrario?

LUCA MASTRONALDI

La riforma non abolisce il bicameralismo: continueremo ad avere una camera con 630 deputati e un Senato ridotto da 315 a 100 componenti, con il solito sistema bicamerale, che si rimpalleranno le leggi; molto meglio il sistema monocamerale presente in tanti altri paesi. Per quanto mi riguarda: abolizione totale del senato.

Quello che più mi preoccupa è che avremo un parlamento composto da membri non eletti dai cittadini, ma nominati dai partiti, due terzi dei deputati con il metodo dei capilista bloccati e tutti i senatori scelti dai consigli regionali e dal capo dello Stato (a cui verrà regalata l’immunità), vedo in tutto ciò una deriva autoritaria e una perdita di sovranità popolare.

GIOVANNA STEFANI

Giusto e personalmente favorevole. La riforma prevede la fine del bicameralismo perfetto, quel sistema politico che i padri costituenti italiani decisero di adottare all’indomani del ventennio fascista, a garanzia di un più sicuro funzionamento democratico dell’iter legislativo. Ritengo che tale assetto, quasi un’eccezione nel panorama europeo, richieda un profondo ripensamento in quanto non più adeguato ai tempi correnti e fonte di appesantimenti decisamente inutili. La nuova organizzazione, forse il primo dei tasselli necessari, consentirebbe di semplificare e velocizzare l’iter legislativo, che troppo spesso si perde in quel “ping-pong” burocratico che i testi di legge compiono più volte tra Camera e Senato per essere approvati, con notevole allungamento dei tempi e la conseguente difficoltà di governare.

Col nuovo Senato come Camera delle autonomie locali i territori sarebbero più rappresentati anche a livello centrale?

GIOVANNA STEFANI

Il nuovo Senato avrebbe il merito di portare al centro del potere politico la presenza delle autonomie territoriali, che assumerebbero così un ruolo qualificante nelle scelte della politica nazionale e rappresenterebbero un raccordo costituzionale tra centro e territorio, traguardo inseguito fin dal lontano 1947 quando si scrisse la Costituzione. E’ vero, sulla gran parte delle materie l’ultima parola spetterebbe alla Camera, ma, grazie al potere del nuovo Senato di proporre modifiche e integrazioni, le autonomie territoriali avrebbero un ruolo e un luogo di confronto molto più importante e autorevole della Conferenza Stato-Regioni. La previsione del nuovo Senato delle autonomie va collegata anche alla revisione del Titolo V. La riforma abolisce le cosiddette “competenze concorrenti” istituite nel 2001 e fonte di sovrapposizioni e conflittualità e opera una redistribuzione chiara delle materie, tra quelle esclusivamente statali e quelle esclusivamente regionali. Quindi, se da un lato la riforma rafforza il numero delle materie in capo allo Stato, dall’altro il Senato delle autonomie consentirebbe ai rappresentanti delle regioni e delle città di avere voce in capitolo nella definizione della legislazione nazionale.

LUCA MASTRONALDI

Non credo che i territori troveranno giovamento da questo nuovo senato come camera delle autonomie, è più facile che le autonomie territoriali andranno a scomparire. Vedo una netta supremazia nel rapporto stato/regioni dove lo stato centrale farà la parte del padre padrone, le regioni ordinarie conteranno molto meno mentre quelle a statuto speciale, veri centri dello spreco e dello sperpero di denaro e risorse, avranno più poteri sia legislativi che finanziari. Mi chiedo: ma presidenti di regione e i sindaci non hanno già il loro ben da fare sul proprio territorio che perdere tempo in un Senato che non conta nulla?

Col nuovo Senato si tagliano poltrone e costi della politica: giusto o sbagliato e nel caso favorevole o contrario?

LUCA MASTRONALDI

I risparmi del nuovo Senato diminuito nei numeri e non più retribuito sono ridicoli (40milioni l’anno senza contare i rimborsi spesi per sindaci e consiglieri regionali da tutta Italia).
Perché invece non si è decurtato lo stipendio e i rimborsi dei deputati e senatori, di un buon 30/40%? Perchè non si è diminuito il numero dei deputati? Avremo avuto più risparmio senza intaccare la nostra costituzione. Oppure come ho detto sopra, si poteva abolire il senato che costa la bellezza di 540milioni all’anno. Personalmente sono per la chiusura del senato e la riduzione del numero dei deputati, una riduzione del loro compenso e l’eliminazione di ogni vitalizio.

GIOVANNA STEFANI

Giusto e favorevole. La “sforbiciata” che entrerà in azione se sarà confermata la riforma costituzionale agisce sul numero dei parlamentari, riducendoli, e non prevede per i nuovi senatori, stando al testo, indennità aggiuntive, restando la loro indennità quella degli enti di provenienza. Si aggiunge anche la riduzione dei costi derivante dalla definitiva abolizione delle Province e del Cnel e dal superamento del Titolo V, per il concludersi dei tanti contenziosi fra Stato e Regioni che in questi anni si sono aperti per i conflitti di attribuzione delle materie competenti o “concorrenti ” e che sono finiti alla Corte Costituzionale. Sinceramente penso che questa posta, rispetto ai costi complessivi della politica che riguardano il nostro paese, sia ancora abbastanza ridotta e che l’effetto complessivo della riforma costituzionale si potrà godere nel tempo, più che nell’immediato. Tuttavia rappresenta un segnale rilevante ed una traccia che merita di essere seguita con maggiore convinzione nel prossimo futuro.

Cosa succede il 5 dicembre se vince il si o se vince il no?

GIOVANNA STEFANI

Non so prefigurarmi con esattezza quello che accadrà nell’uno o nell’altro caso e lo scenario politico che ne deriverà. La situazione è però indubbiamente rischiosa, in quanto il risultato del referendum potrebbe risultare molto importante non solo per le modifiche che apporterebbe alla Carta Costituzionale, ma anche per gli effetti sulla politica italiana. Nuove elezioni, come qualcuno si augura? Renzi che si dimette se prevalgono i No? Stabilità di governo e nuovo slancio al legislativo se prevalgono i Sì? Comunque vada, nell’immediato, penso che ci troveremo a fronteggiare gli stessi problemi, apparentemente senza soluzione, che ci affliggono e che forse sono stati un tantino trascurati ultimamente: il lavoro che manca, le tasse da pagare, la scuola e la sanità che non funzionano al top, l’Europa e i suoi anatemi …. Se prevarranno i Sì ci saremo forse dotati di strumenti rinnovati e meno obsoleti per affrontarli, se prevarranno i No ci rimboccheremo ancora una volta le maniche, forse con l’amaro in bocca e la sensazione di aver perso un treno.

LUCA MASTRONALDI

Se vince il no come onestamente mi auguro, credo che l’esecutivo dovrebbe trarne le logiche conseguenze, ma non credo che ciò avverrà. E’ in gioco la sovranità del nostro paese, non possiamo rischiare di sprofondare in una dittatura mascherata da democrazia; invito tutti il 4 dicembre a votare no per dare un segnale forte non solo al governo del paese ,ma anche all’Europa dei poteri forti.

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