Referendum costituzionale, sì o no e perché?
ALESSANDRO PUPPA:
Decisamente sì, la riforma mette mano ai livelli di governo e alla ripartizione dei poteri tra di essi. Il pacchetto di norme che sarà sottoposto al referendum elimina quella che è considerata la principale fonte di ambiguità nel nostro assetto istituzionale, ossia le competenze concorrenti tra Stato e Regioni. Questo è il tema erroneamente più trascurato nella discussione pubblica. Con la nuova costituzione saranno chiari gli ambiti di competenza esclusiva statale e quelli di competenza esclusiva regionale. Ogni livello di governo sarà responsabile nel proprio ambito di competenza senza poter incolpare un altro pezzo dell’amministrazione per gli errori, i ritardi o le incongruenze del suo operato. Nello specifico mi riferisco ad una pioggia di ricorsi presentanti sia dalla Stato che dalle Regioni per conflitto di attribuzione davanti alla Consulta in media 120 all’anno, uno ogni tre giorni, con conseguenti rallentamenti ed incertezze.
PIETRO FRATI:
Voto no perché a mio avviso sono tanti i punti della riforma che peggiorano l’attuale costituzione, addirittura stravolgendola in alcune parti e rendendola di fatto inapplicabile. Ogni riforma costituzionale non è di un Premier o peggio ancora di una maggioranza risicata di governo, ma appartiene al popolo, rappresentato dal Parlamento che esercita proprio questa sovranità popolare.
La riforma prevede il superamento del bicameralismo perfetto di cui si parla da 30 anni: giusto o sbagliato e nel caso favorevole o contrario?
PIETRO FRATI:
Il bicameralismo quando si vuole non da fastidio e non rallenta l’emanazione delle leggi; difatti quando c’è la volontà e soprattutto l’interesse, di fatto i tempi si fanno estremamente brevi. Ne è testimonianza l’emanazione di leggi in un recente passato. La riforma costituzionale così come concepita non elimina di fatto il Senato ma lo trasforma in una struttura gestita unicamente dal gruppo che detiene in quel momento la maggioranza parlamentare alla camera, senza essere suffragato dal popolo che sempre deve rimanere sovrano. Per questo motivo non al bicameralismo che prima era perfetto ed io con questa riforma lo definirei “bicameralismo imperfetto”.
ALESSANDRO PUPPA:
Non bisogna essere dei nobili e dotti costituzionalisti con la erre moscia per comprendere che la navetta funziona meglio nel telaio che tra Camera e Senato e non ne faccio un problema di velocità, ma anche di qualità. Ricordo sommessamente che questo sistema ha prodotto nel tempo la degenerazione della decretazione d’urgenza, i maxi emendamenti, i maxi articoli, la fiducia usata indiscriminatamente. Sfido gli esteti del diritto ad avere un quadro chiaro e completo della legislazione prodotta dal parlamento. Ad esempio con la riforma dell’art.77 della Costituzione si interviene sul tema della decretazione definendone la sfera di competenza con l’esclusione delle materie che sono oggetto dell’art.72 (procedimento normale di approvazione delle leggi in Parlamento) e stabilendo la coerenza tra il titolo ed il contenuto del decreto stesso.
Col nuovo Senato come Camera delle autonomie locali i territori sarebbero più rappresentati anche a livello centrale?
ALESSANDROPUPPA:
Con il nuovo assetto ed in coerenza con l’impianto della riforma, il Senato avrà il ruolo di portare le istanze dei territori. Quanto viene tolto alle regioni in termini di diretta competenza legislativa tanto viene incrementato come ruolo decisionale a livello centrale. Si passa da un’autonomia che ha prodotto innumerevoli sprechi ad un intervento nelle tematiche specifiche regionali e degli enti locali che influenzerà direttamente le regioni tramite le decisioni prodotte dal Senato. Si passa dalla devoluzione indiscriminata ad una devoluzione razionale.
PIETRO FRATI:
Non penso, il senato così come è composto attualmente sta già rappresentando tutte le Regioni o le varie zone di esse e soprattutto è un Senato elettivo e non imposto dalle segreterie dei partiti che amministrano le varie regioni.
Col nuovo Senato si tagliano poltrone e costi della politica: giusto o sbagliato e nel caso favorevole o contrario?
PIETRO FRATI:
Se fosse vero quello che viene detto sarebbe certo accettabile, chi non sarebbe d’accordo sui tagli ai costi della politica? Ma non è così, si tagliano le poltrone ma di fatto il risparmio dei costi è irrisorio rispetto al mantenimento della macchina “senato delle autonomie” che non varia di fatto. La riforma inoltre mi vede contrario in quanto si allontanano da loro ruolo per esempio di sindaci o amministratori regionale persone che non avranno più il tempo necessario per fare bene né una cosa né l’altra. Inoltre qualcuno avrà anche un’immunità parlamentare che gli consentirà di continuare ad esercitare una funzione pubblica anche se di fatto non potrebbe.
ALESSANDRO PUPPA:
Per i benaltristi si poteva fare di più, ma qualche volta accontentiamoci. Ci pensate alla libidine di non avere più sulle spalle l’indennità di 315 senatori. La riduzione degli stipendi dei consiglieri regionali. L’abolizione dei rimborsi ai gruppi regionali. Il bivio è tra mantenere la greppia o affamare la bestia. Sono per la seconda scuola di pensiero.
Cosa succede il 5 dicembre se vince il si o se vince il no?
PIETRO FRATI:
Se vince il si andremo verso una deriva autoritaria del premier di turno o meglio ancora verso una sorta di “monogoverno”, definizione da me inventata per non darne un’altra peggiore. Chi vince con una maggioranza risicata o meglio ancora chi viene nominato da un presidente della repubblica senza suffragio popolare, andrà a governare facendo il bello ed il cattivo tempo senza avere di fatto le opposizioni che garantiscono la democrazia del paese, siano esse di uno schieramento politico piuttosto che di un altro. Se invece vincerà il no, come mi auguro, resterà tutto come ora, non miglioreranno le cose ma nemmeno peggioreranno. Si dovrà certamente mettere in cantiere una riforma costituzionale che la possa attualizzare alle esigenze del nostro tempo, ma con la necessaria partecipazione del popolo sovrano, la più ampia condivisione partitica e politica, la presenza di costituzionalisti ed esperti in materia che garantisca la più ampia condivisione di tutti. Si sta parlando delle regole del “gioco costituzionale” che fino ad ora hanno garantito la democrazia nel nostro paese. Fino a quando non saranno maturati questi presupposti, così come maturarono nello spirito collaborativo dei padri costituenti, teniamoci la costituzione attuale.
ALESSANDRO PUPPA:
In caso di vittoria del no prevedo elezioni a primavera dove non vincerà nessuno perché avremo una maggioranza alla Camera ed un’altra al Senato. Gli stessi che criticano la riforma, criticheranno l’instabilità. Partirà la giostra dei governi formati da maggioranze eterogenee, ci saranno accuse di inciuci da parte del M5S. Verrà rispolverata anche l’ideona di una nuova bicamerale presieduta da D’Alema con il beneplacito di Berlusconi perché questo assetto istituzionale non garantisce la stabilità per governare il paese. Perché il mito dell’eterno ritorno possa rimanere soltanto un incubo il 4 dicembre votiamo convintamente Si!
Tag: costituzionale, sì vs no, alessandro puppa, pietro frati, sì, referendum costituzione, no
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