SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Bartolomei vs Campani

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A meno di un mese dall’appuntamento del prossimo 4 dicembre – con l’atteso referendum attraverso il quale noi cittadini saremo chiamati a confermare o meno la riforma approvata in via definitiva dalle camere lo scorso aprile – il nostro giornale ha pensato d’offrire uno spazio di confronto nel quale possano misurarsi a favore o contro tale proposta rappresentanti delle istituzioni, della politica locale come pure professionisti o semplici cittadini. Cinque identiche domande poste ai vari interlocutori che potranno motivare la loro posizione con risposte contingentate nella loro lunghezza (massimo 400 battute per ogni risposta).
Anche stavolta tocca a due personaggi che hanno fatto e continuano a fare politica per il nostro territorio ed in particolare per il comune di Barga. Il primo è il dott. Oriano Bartolomei, radiologo di professione e già consigliere e candidato sindaco di Barga per il centro destra nel 2009. E’ stato capogruppo di opposizione anche nello scorso mandato dell’Amministrazione Bonini.

Dall’altra parte Caterina Campani, impiegata USL di lavoro, assessore al bilancio nonché vice sindaco del Comune di Barga dove da due mandati fa parte della giunta del sindaco Marco Bonini e che con lui condivide i valori PD. Bartolomei ci dice il perché votare no; Campani i motivi per un sì al referendum.

Referendum costituzionale, si o no e perché?

ORIANO BARTOLOMEI:

No per tre motivi. Il primo è di procedura; una riforma costituzionale dovrebbe essere condivisa con il contributo di tutti i partiti politici come accadde per la Costituente cosa che non è avvenuta. Il secondo è di sostanza; la riforma è pasticciata in particolare riguardo al nuovo Senato ( non lo dico io ma 56 esimi professori costituzionalisti) e scritta così male che era difficile fare peggio (anche questo sostenuto da autorevoli pareri). Il terzo riguarda l’elettorato attivo; quando al potere non piace più come vota l’elettore basta fare in modo che non possa scegliere (vedi nomina senatori).

CATERINA CAMPANI:

Referendum si. Questa riforma affronta alcune tra le criticità e le emergenze del nostro Paese, superando quella instabilità di governo che ha rappresentato una grande debolezza per la politica dell’Italia; oggi occorrono istituzioni democratiche capaci di rappresentare efficacemente gli interessi del Paese in Europa e nel Mondo. Se i Governi cambiano ogni anno, se c’è un continuo rimpallo tra Camera e Senato, se molte decisioni si basano su intese fra lo Stato e le Regioni o Province autonome, l’Italia rischia di arrivare sempre in ritardo. Questa è una riforma che ha definito un percorso iniziato più volte in tanti anni, ma che non si è mai avuto il coraggio di portare fino in fondo. Mi preme sottolineare che l’iter per arrivare alla stesura della riforma è durato oltre due anni, passando per sei letture, tre per ciascuna camera con quasi seimila votazioni, questo a dimostrare che non è certo stata una riforma “improvvisata”. La cosa importante è che l’ANIMA della nostra Costituzione, quella che più rispecchia il sentimento di allora non è stata toccata.

La riforma prevede il superamento del bicameralismo perfetto di cui si parla da 30 anni: giusto o sbagliato e nel caso favorevole o contrario?

CATERINA CAMPANI:

Favorevole. L’attuale sistema bicamerale nato nel dopoguerra alla fine della dittatura fascista rispondeva, nello spirito dei costituenti, all’aspettativa di garantire al massimo il bilanciamento dei poteri e come tale aveva anche un certo grado di differenzialità. Oggi le mutate condizioni socio politiche e le variazioni già introdotte rendono il Senato attuale un doppione tout court costituendo una vera anomalia nel panorama dei Paesi Europei e non solo. Da qui la volontà di andare verso il superamento del sistema bicamerale con conseguente snellimento e semplificazione dei percorsi legislativi.

ORIANO BARTOLOMEI:

Il superamento del bicameralismo perfetto sarebbe una buona cosa ma così non sarà, dato che il nuovo Senato manterrà varie prerogative che, a detta di molti, non permetteranno un superamento compiuto dello stesso.


Col nuovo Senato come Camera delle autonomie locali i territori sarebbero più rappresentati anche a livello centrale?

ORIANO BARTOLOMEI:

Con la riforma del titolo V vengono accentrate nelle mani dello Stato molte competenze prima gestite dalle autonomie che vengono, di fatto, penalizzate. In buona sostanza non si capisce la reale funzione del nuovo Senato.

CATERINA CAMPANI:

La configurazione che è stata data al nuovo Senato mi convince, si è creato uno strumento di raccordo fra Stato e Istituzioni Territoriali capace di garantire a queste ultime strumenti di partecipazione alle scelte legislative e di verifica del loro impatto sul territorio; la riforma in questo senso mi sembra che vada anche nell’ottica di eliminare le grandi differenze che ancora oggi esistono tra le Regioni Italiane. Non concordo con chi sostiene che il nuovo Senato non terrà conto della volontà popolare perchè al momento dell’elezione dei Consigli Regionali i cittadini potranno indicare sulla scheda quali consiglieri potranno essere anche Senatori, scelta che sarà poi ratificata dai consigli una volta insediati.


Col nuovo Senato si tagliano poltrone e costi della politica: giusto o sbagliato e nel caso favorevole o contrario?

CATERINA CAMPANI:

Ultimamente si parla molto dei costi della politica e anche se non credo che la bontà di una riforma debba basarsi sul risparmio, se da essa si riesce a ridurre tali costi ben venga, ed il risparmio è innegabile: 220 senatori in meno; senatori che saranno Consiglieri Regionali o Sindaci per cui la loro indennità rimarrà quella dell’ente che rappresentano; il tetto dell’indennità dei Consiglieri Regionali; la fusione degli uffici delle due camere oltre, finalmente, l’addio a nuovi “SENATORI A VITA”.

ORIANO BARTOLOMEI:

E’ giusto tagliare i costi della politica ma il risparmio sarà modesto. Nel 2015 il Senato è costato ai contribuenti circa 540 milioni di euro dei quali circa 79 per i senatori. I dipendenti, ad esempio costano circa 128 milioni. I nuovi senatori poi certamente non pagheranno di tasca propria trasferte e permanenza a Roma. Bisognava avere il coraggio, di abolirlo completamente, in tal caso i risparmi sarebbero stati significativi.

Cosa succede il 5 dicembre se vince il si o se vince il no?

ORIANO BARTOLOMEI:

Non so cosa accadrà dopo il voto ed in particolare se Renzi si dimetterà in caso di sconfitta. Certamente molte cose sono sotto gli occhi di tutti: l’economia è in grossa difficoltà e non si riprende, la disoccupazione non scende in modo significativo, chi lavora è scontento e la pensione è un miraggio. La politica di accoglienza dei migranti ha dimostrato una incapacità organizzativa clamorosa con forti resistenze e opposizioni da parte di cittadini. Se poi, per recuperare consenso, si manda in TV l’On. Librandi (122 preferenze alle comunali di Milano nel 2011)c’è poco da essere ottimisti. Faccia lui….

CATERINA CAMPANI:

Se vincerà il sì proveremo a dare una maggiore stabilità all’Italia e avviare un percorso di rinnovamento e semplificazione, se vincerà il no mi auguro che non tramonti l’idea di una riforma; tutti convergono sulla necessità di ammodernare le istituzioni, molto più difficile raggiungere un accordo su come farlo. Spero che non passino altri venti o trent’anni, e che le forze politiche dimostrino maturità e lungimiranza, e che non si alzino le barricate solo per ragioni di parte.

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