ANDAR PER FUNGHI E ALTRE BOSCHERIE BARGHIGIANE
Manuale pratico per chi vuole iniziare la ricerca dei funghi ed avventurarsi nei boschi
Come raccogliere e cucinare i funghi dell’Appennino Tosco Emiliano
5^ PARTE
(nella foto di apertura Mazza di tamburo)
3.7. Andar per funghi: il grifone
La Grifola frondosa più che un fungo è una scultura. Altrimenti detto grifone, sembra uscito dal Gran Burrone del Signore degli Anelli e si presenta come un fungo elfico. Sia perché raro, sia perché di aspetto candido e onirico. Trovare un grifone è come trovare un tesoro. Un tesoro che ricorda il mare, assomigliando a un corallo, ma che cresce nei boschi, nascosto, introvabile.
I Garfagnini devono tenere la mappa dei castagni da grifoni riposta in vecchi bauli, che non vi daranno neanche sotto tortura. Questo non vuol dire che non vi facciano partecipi del prezioso raccolto, perché la magia sta nel trovarlo, non nel mangiarlo.
Ne ricevetti una parte in regalo dai coniugi Santi, di Castelvecchio Pascoli. Trattandosi di una grossa formazione corallina, la si può dividere in vari pezzi e, a me, ne toccò uno. Come per la specie dei Lyophiylum aggregatum, non volendo subito procedere al taglio e alla preparazione, tenevo fra le mani il mio pezzo di grifone contemplandolo, scrutandolo attraverso i coralli, come ipnotizzata. Penso di averlo anche sognato, quella notte.
La Grifola frondosa è così grande che torna bene dividerla e conservarla sott’olio. Qui si dice torna bene per indicare che il sistema migliore è quello, oppure che si tratta della decisione giusta in quel momento.
Non posso dirvi come trovare il grifone: torna bene chiederlo alla dea bendata.
Ricetta: grifola gustosa
Cercate di pulirla come meglio potete, sotto un filo d’acqua corrente, abbiate pazienza. Quindi dividetela in pezzettini e sbollentatela. Preparate un intingolo di olio extravergine di oliva, qualche oliva nera spezzata, piccole fettine di aglio rosa, una grattata di pepe, un cucchiaino di origano. Dopo averla scolata, lasciatela nel colino, affinché perda tutta l’acqua. Una volta tiepida, girate delicatamente i pezzi nell’intingolo e servite da antipasto. Ottima accompagnata a patate bollite.
3.8. Andar per funghi: i marzuoli
Gli Hygrophorus marzuolus sono funghi dormienti, detti marzuoli. Crescono in inverno e all’inizio della primavera, dopo il disgelo. Finalmente un fungo facile. Da non confondere con altri centinaia di esemplari autunnali. Tutti ci auguriamo che dopo il disgelo ci siano poche varietà di funghi, quindi ci auguriamo di avere tante certezze. Sarà meno facile confondersi.
Il colore che si porta dietro è quello dell’inverno: grigio nebbia e antracite. Il cappello è grosso e
carnoso, talvolta ondulato, con gambo tozzo e lamelle spesse. La carne di questo fungo è tenera, perché temperata dal freddo, e la sua fuoriuscita decreta un vero successo della natura. Penserete che i suoi aromi non possono essersi sviluppati col freddo, e invece in padella sprigiona un aroma forte, regalando un eccellente profumo di fungo e di bosco. Adatti a tutte le preparazioni, li prediligo in umido con l’arista di maiale.
Si tratta di una specie rara, ma quando si trova, se ne trovano diversi esemplari. Io li raccolgo nelle abetine, durante le camminate sull’Appennino. Ma anche sotto faggi, castagni e querce.
Più che la soddisfazione di trovarli, conta la voglia di trovarli: in una stagione così inconsueta, loro sono i primi. Subito dopo si possono trovare altre varietà, notoriamente delicatissime, di grande pregio, come le spugnole.
Ricetta: marzuolo con arista di maiale
Suggerisco la cottura al forno. Prima cuocete l’arista in forno e verso fine cottura, copritela di fettine di marzuolo e irrorate queste ultime con il succo dell’arista. Il marzuolo, cuocendo rilascerà i suoi succhi sopra la carne, in una splendida combinazione. Basteranno pochi minuti a 200 gradi per cuocere i funghi. Servite caldi adagiandoli sulle fette di arista irrorate con il loro sugo.
3.9. Andar per funghi: il lattario e i suoi confratelli
Il Lactarius deliciosus si traduce in lattario delizioso. Vi assicuro deliziosissimo. Detto anche sanguinello. Con questo fungo preparo saporiti sughi per la pasta, con pomodoro fresco e ad una bella manciata di prezzemolo. Lattario in quanto al taglio della carne esce un liquido dolce detto lattice, di color carota. Il cappello è griffato, alla moda: disegnato da anelli concentrici color arancio scuro alternati a zone più chiare, che negli esemplari maturi si macula di verde. Il gambo è dello stesso colore del cappello. Questi funghi sono luci sotto i pini. A volte crescono anche sotto i ginepri contigui ai pini. A me ricordano la canonica del prete, perché di fronte a questa, i lattari colonizzano un praticello coronato da pini.
Fate attenzione alla superficie del lattario. Se appare liscia al tatto e alla vista, siamo in presenza di un lattario buono. Se i cerchi concentrici sono invece in rilievo e vi ricordano la testa di un gatto arruffato, si tratta di una varietà tossica.
Se vi confondete per via del colore, non c’è problema. Potrete incappare nel Lactarius deterrimus, sempre di pelle liscia, che predilige l’abete rosso invece del pino e riporta nel gambo lo stesso colore della cappella e, ancora, similmente al deliciosus, tagliandolo fuoriesce un lattice dolce color carota.
Se siete daltonici e raccogliete un lattario bianco, state per provare l’esperienza del Lactarius piperatus, che cresce indisturbato sia sotto le latifoglie che sotto le conifere. Detto anche peveraccio, ha la caratteristica di pizzicare. Il suo latte bianco panna, irrita le mucose, ma può avere un’utile funzione se essiccato, come succedaneo del pepe. Ne ho triturati due belli esemplari durante l’estate, che aggiungo alle carni arrosto per conferire una nota piccante dal sapore di fungo. Potete certo raccoglierlo per farne decorazioni, ma non toccatevi gli occhi con le stesse dita che lo hanno manipolato e non mettetelo con altri esemplari buoni; potrebbe contagiare gli altri con il suo lattice che non è tossico, soltanto molto pepato.
Ricetta: sanguinello in pastasciutta
Ebbene sì, sono molto selettiva nell’accostamento funghi–pomodoro, ma questo caso fa eccezione. Affettate abbondanti pomodori maturi insieme a gambi e cappelli di sanguinello, che potrete anche lavare sotto l’acqua corrente. Preparate il sugo al pomodoro come siete abituati, con aglio o cipolla, e conditeci spaghetti o tagliatelle. Direi di non aggiungere parmigiano, ma un’abbondante cucchiaio di prezzemolo tritato.
3.10 Andar per funghi: la mazza di tamburo
Si tratta della Lepiota procera, tanto apprezzata dalle genti Liguri. Facilmente riconoscibile, svetta nei prati e nelle radure dei boschi come un parasole, da fine estate ad autunno inoltrato. Il libro vi spiegherà le differenze tra la varietà buona e quelle non commestibili, anche se la Lepiota procera è distintamente riconoscibile, non fosse altro che per le sue dimensioni. Quando è giovane assume la forma di una vera mazza da tamburo; se lasciata in acqua un paio di giorni, il suo ombrello si apre come un parasole. Il gambo si deve invece gettare: troppo legnoso. Il cappello si presta alla cottura alla griglia oppure impanato come una cotoletta. Viene condito al solito, con olio, sale, pepe ed erbe aromatiche. Le sue carni sono delicate e, soprattutto, sanno di bosco.
I vostri figli le raccoglieranno con entusiasmo, impugnando il robusto gambo come un trofeo. Ma le Lepiote resisteranno, sì resisteranno agli scossoni, ai balzi e ai salti dei frugoletti. Potrà accadere che non entrino nel cestino, data la dimensione dell’ombrello. Meglio: saranno le protagoniste indiscusse dell’intera passeggiata nel bosco.
Ottimo fungo per le decorazioni, seccato intero conserva la stessa forma che ha da fresco. Nel mio presepe di Natale sembra una casina imbiancata dalla neve. Essiccato diventa molto amaro, ve ne sconsiglio l’uso gastronomico. La lepiota va consumata fresca.
Ricetta: lepiota grigliata o alla piastra
Questo fungo non va assolutamente lavato, assorbe acqua solo a guardarlo. Non va neanche pulito con un panno umido. Di solito è pulito lui stesso, potrebbe al massimo avere incorporato un filo d’erba che toglierete con le dita. Come per il cappello del porcino, se fatto alla griglia o alla piastra, curatelo. Girate il cappello a testa in giù ed inserite tra una lamella e l’altra aglio a fettine ed erbe aromatiche, olio e sale. Nella cottura alla piastra rilascia un liquido scuro, e il fungo si presenterà nel piatto più scuro. Ottimo secondo piatto. Aggiungete qualche goccia di limone prima di servirlo
Ricetta: lepiota impanata
Tagliate il cappello in due o più parti, passatele nell’uovo sbattuto e nel pane grattugiato, anche due volte. Quindi friggete come una cotoletta alla milanese. Servite croccante dopo averlo salato e spolverizzato con prezzemolo grattugiato e qualche goccia di limone. Si presenta anche come un gustoso aperitivo.
3.11 Andar per funghi: simpatiche vesce
I Licoperdon sono funghi che saltano all’occhio. Assomigliano a palline da golf perse nei prati. In cima ai monti raggiungono le dimensioni di un’arancia o di un melone nella specie calvatia. Da giovani sono duri e candidi. Da vecchi diventano marroni e, se schiacciati, sbuffano un gran polverone.
Di tutte le varietà di Licoperdon la vescia perlata è la più comune. Alcune di loro sono ricoperte da una cipria bianca, che potete far cadere a terra sfiorandola con le dita.
Essendo di carne spugnosa, risultano gradevolissime fritte; se grandi, tagliate a fette e impanate. Qui sull’Appennino le trovo solo di piccole dimensioni, quindi le friggo con altri funghi, oppure le salto in padella, trifolate.
I bambini si divertono un mondo a raccoglierle, se giovani esemplari; a schiacciarle per farne uscire la polvere, se vecchi. La via di mezzo le vede gialle, con carne morbida. In questo stadio non vanno raccolte, né schiacciate, vi impasticcereste soltanto le mani o gli scarponi. Crescono durante tutta l’estate, ma sono particolarmente buone in autunno. Potete trovarle andando per castagne. Spesso si associano alla Lepiota procera, amando entrambe i prati e le radure. Le trovo scendendo verso il torrente Corsonna.
Ricetta: vescia fritta
Siccome le vesce crescono nello stesso periodo delle lepiote, potete fare un gran fritto misto! Le vesce potrete sciacquarle velocemente sotto l’acqua, ma in genere non ce n’è bisogno, è sufficiente un panno umido. Tagliatele a fettine e passatele nell’uovo sbattuto e nel pane grattugiato, anche due volte. Friggete in olio come una cotoletta alla milanese e servite dopo aver salato e pepato. Potete anche spolverizzare con scaglie di emmenthal o altro formaggio fondente. Ai bambini piacciono moltissimo.
Ricetta: parmigiana di vesce
Semplicemente sostituite le vesce alle melanzane. Non abbondate di pomodoro, piuttosto di mozzarella.
Vescia
Tag: renaio, funghi, andar per funghi, Brunella Ponzo
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