Quello che vi presentiamo è un manuale pratico dei funghi che si possono raccogliere nelle nostre terre.
Il progetto di un manuale sui funghi, nasce dalla trasposizione degli appunti del diario di campagna di Brunella Ponzo, che nel 2005 ha acquistato e ristrutturato un fienile nei castagneti che lambiscono la Garfagnana, ad 800 mt di altitudine, in Frazione Renaio, sull’Appennino Tosco Emiliano.
La passione per il bosco e per la scrittura ha dato vita a simpatici racconti e a spiegazioni sugli habitat dei funghi, con particolare attenzione ai funghi minori e al loro uso in cucina.
Grazie alla disponibilità dell’autrice, ci è possibile presentare questo interessante testo per i lettori del Giornale di Barga. Ogni settimana pubblicheremo un capitolo del lavoro di brunella, ringraziandola fin da ora per l’attenzione e l’onore che ha riservato al nostro giornale.
Vi auguriamo una piacevole passeggiata nei boschi della montagna Barghigiana con il terzo capitolo
ANDAR PER FUNGHI E ALTRE BOSCHERIE BARGHIGIANE
Manuale pratico per chi vuole iniziare la ricerca dei funghi ed avventurarsi nei boschi
Come raccogliere e cucinare i funghi dell’Appennino Tosco Emiliano
Di Brunella Ponzo
3^ PARTE
Boletus Edulis
CAPITOLO 3 – RACCOGLIAMO E CUCINIAMO
3.1. Andar per funghi: conosciamo il porcino
Dopo aver letto sul vostro libro le varietà e gli habitat dei funghi, passate all’azione. Se avete un amico che va a funghi chiedetegli di portarvi. Ma vi avverto, se è un fungaiolo inventerà una scusa per non farlo. La sua risposta servirà a stabilire il grado di amicizia tra di voi. Se non avete l’amico, fate da soli, sarete meno pigri nel cercare e nel catalogare. Preferite i versanti a sud ovest, i funghi li prediligono. Ma se il periodo fosse particolarmente siccitoso, preferiteli a nord est. Non abbandonate subito il sentiero, spesso i funghi si trovano proprio ai margini. I fungaioli non ci badano e corrono ai loro posti preferiti, lasciando via libera ai neofiti, che devono saper cogliere l’attimo.
Il porcino, del genere Boletus è senz’altro il re, il più cercato e il più amato. Cresce dall’estate all’autunno e predilige alcune varietà di alberi tra cui castagni, faggi, querce ed alcune aghifoglie. Non perdete tempo sotto acace e noci, cercate le essenze predilette dai funghi, vale a dire gli alberi che li fanno. Voi non li conoscete, ma il porcino sì, e sa esattamente sotto quale albero nascere. Ad essere sinceri, non tutti i funghi la pensano come lui. Alcuni si affezionano a quello che una volta era un albero e che oggi è una ceppaia. Certe famiglie di funghi ne vanno matte e, non per niente si chiamano cepparelli, famigliole, chiodini, pioppini. Ma di loro parleremo più avanti.
Concentrandoci sul porcino o Boletus edulis, va detto che è il classico fungo con cappello emisferico o convesso di color marrone, un marrone di infinite tonalità, e con gambo piuttosto panciuto, duro e bianco, a volte anche più grande del cappello. Sotto appare spugnoso, bianco o giallino, giallo intenso negli esemplari più adulti. La definizione scientifica di questa parte spugnosa è di tuboli verticali. Nel Barghigiano questo tessuto viene chiamato barba quando il fungo è maturo, speciale in intingolo con la polenta. Il porcino non diventa mai blu al tatto. Può essere invaso da larve, i bianchi piccoli vermuzzi che lo colonizzano a partire dal gambo. In tal caso, se particolarmente invaso, buttatelo via e concentratevi sul cappello. Tagliatelo e mettetelo al sole o nell’essicatore. In poco tempo i vermuzzi spariranno e il fungo sarà tutto per voi. Certo un occhio esperto saprebbe decidere se buttarlo o recuperarlo. Ma considerate che un porcino invaso da qualche larva resta comunque ottimo.
Un appunto sui funghi secchi: se li seccate sotto il sole premuratevi di girarli spesso e di invasettarli una volta che saranno veramente secchi, sennò rischiate che ammuffiscano. Se avete un essiccatore o un amico con un essiccatore, seguite le istruzioni o affidatevi all’esperienza altrui. Io non ce l’ho quindi li essico sotto il sole o al calore del fuoco. Mi piace girarli, vederli rimpicciolire e trasformarsi per durare nel tempo. Pensate che nella bisaccia di Otzi, l’uomo venuto dai ghiacci, la cui mummia e corredo sono conservati nel Museo Archeologico di Bolzano, sono stati trovati funghi secchi che servivano all’uomo del Neolitico per accendere il fuoco. Dopo questa scoperta uso gli esemplari secchi, che vado sostituendo nelle composizioni, proprio per accendere il fuoco e davvero si sono rivelati un ottimo combustibile.
Quando ce lo mangiamo questo porcino? In giornata se possibile. Nel frigorifero, messo in un piatto di ceramica, coperto da foglie di felci o di castagno, durerà anche tre giorni, se sano e senza larve. Viceversa essicatelo o consumatelo il prima possibile.
Ricetta: insalata di porcini crudi.
Quelli sani e piccoli li prediligo crudi. La cappella deve essere di non oltre 10 cm di diametro. Ovvero, non siate troppo fiscali, millimetro più o millimetro meno, potete misurare ad occhio. Puliteli con un panno umido o con un tovagliolo di carta umido, prima il cappello poi il gambo. So che è doloroso, ma dovete staccare il cappello dal gambo: o con un gesto secco del polso o con un coltellino. A questo punto raschiate via dalla base del gambo eventuali tracce di terra e sciacquatelo velocemente sotto l’acqua, asciugatelo. Posate quindi su un tagliere di legno il cappello e il gambo. Tagliate il cappello in due o in quattro e ricavate fette sottilissime. Fate lo stesso con il gambo. Ponete il tutto in un piattino ed iniziate a condire. Versate un filo d’ olio extravergine di oliva, sale, pepe, qualche goccia di limone, timo o santoreggia o prezzemolo. Rimestate il tutto e servite. Se avete solo un fungo o due, riempite qualche cucchiaino da caffè e proponetelo come aperitivo, con un pezzettino di pane e un bicchiere di vino bianco fresco.
Ricetta: porcini saltati.
Se i porcini sono grandi e compatti, consiglio di saltarli in padella. Puliteli come sopra e tagliateli a fettine piuttosto spesse. Versate in una padella antiaderente un cucchiaio d’olio e una noce di burro. Portate almeno a 70 gradi e versate i funghi. Rimestateli con un cucchiaio di legno, aggiungete il sale e mettete il coperchio, riducendo il fuoco. Dopo pochi minuti date un’occhiata, i funghi stanno appassendo e, forse, hanno sete. Spruzzate con un po’ di vino bianco e rimestate senza il coperchio. Regolate di sale e aggiungete il prezzemolo tritato (un cucchiaio circa) o il timo o la santoreggia. Se li servite subito, trasferiteli su un piatto da portata. Viceversa rimettete il coperchio, spegnete il fuoco e dimenticateli. Potrete riscaldarli più tardi o conservarli in frigorifero per il giorno dopo. Sono ideali per crostini o sugo per la pasta o per risotti. Io non amo aggiungere la panna o il pomodoro, magari un filo d’olio o un pezzetto di burro.
Ricetta: intingolo di porcini.
Se i porcini si presentano maturi, grandi e con la barba, fateli fritti o trifolati. Per trifolare occorre un condimento che li accompagni, quale una tazza di latte, olio, burro o pomodoro. Diciamo che i funghi maturi si accompagnano anche alla salsa di pomodoro, la reggono bene, non perdendo il loro sapore. Puliteli come spiegato nella prima ricetta e tagliateli a fette o a pezzi di medie dimensioni. Potete usare anche una piccola cipolla per il soffritto, quindi insaporiteli rimestando con il cucchiaio di legno, aggiungendo il sale e il pepe a vostro piacimento. Quindi inserite uno dei condimenti su indicati con grande generosità. Fate cuocere a fuoco molto basso mettendo il coperchio, per almeno venti minuti. Ideali le pentole di rame, ghisa, pietra ollare, coccio. Rimestate ogni tanto ed aggiungete condimento. In ogni caso, il fungo grande fa la sua acqua, non sarete mai a corto di umidità (l’acqua è pari al 90% del peso complessivo!). Serviteli con la polenta o la purea di patate o con larghe fette di pane che avrete fatto abbrustolire, con lo spezzatino di carne o riso bollito condito con solo burro.
Ricetta: porcini fritti.
Avrete già capito che la consistenza determina il metodo di cottura. Per i funghi piccoli, sconsiglio la frittura. Sono delicati e ne apprezzereste solo la croccantezza, ma non il sapore. Meglio puntare su quelli più grandi e compatti oppure su quelli maturi e con la barba. Ma quanta barba si può accettare? Beh, sicuramente non quella troppo scura e molle: va asportata e messa a seccare. Fate friggere solo la parte bianca del cappello. Il gambo, se sano, fatelo pure friggere tutto, sezionandolo in verticale in fette sottili.
Usate olio extravergine di oliva e farina mista: frumento e mais. Se volete fare la pastella, allungando la farina con acqua o birra, fate pure. C’è chi mette anche l’uovo: il fungo si sposa bene all’uovo. Sarà il gusto a determinare le vostre scelte: per i puristi l’uovo è bandito.
Se avete la friggitrice usatela, viceversa mettete abbondante olio in una padella antiaderente. Quando avrà raggiunto la giusta temperatura, prima che fumi, deponete con tatto le fette di fungo tutte imbrattate di cosa avrete scelto per l’impanatura. Giratele solo quando saranno cotte bene da una parte. Normalmente prima si friggono i gambi, più duri. Scolateli su una carta assorbente e salateli. Serviteli caldi: anche qui, se sono pochi li potrete proporre come aperitivo, viceversa costituiscono un impagabile secondo piatto.
Ricetta: porcini alla piastra.
La ricetta si abbina solo al secondo tipo di fungo: compatto e di medie dimensioni. La cappella va “curata”. Giratela a testa in su e praticate piccoli fori con la punta del coltello. Inserite fettine sottilissime di aglio (quello rosa è più delicato e digeribile), erbe odorose come sopra, sale e olio. Quindi deponeteli sulla piastra bella calda e unta d’olio. La griglia non che sia sconsigliata, ma il risultato sarà un fungo piuttosto asciutto al palato, per via della perdita del gustoso liquido rilasciato durante la cottura. Girateli un paio di volte e serviteli. Normalmente si considera come un secondo piatto, oppure come contorno a carni bianche o rosse. Sempre apprezzabile l’accostamento al riso bollito condito con solo burro: messo in cima al piatto con tutti gli umorini saporiti che scendono sul riso in bianco.
Un appunto sulla polenta. In Veneto si usa la polenta bianca, in tutto il resto d’Italia quella di farina gialla; in Garfagnana la specialità è il formenton otto file, di un bel colore arancione, particolarmente saporito. Se venite dalle mie parti, non perdetevi i crostini di formenton ai funghi. Otto file perché le file di mais sono esattamente otto: diffidate delle imitazioni!
Ricette: porcini conservati.
Per la versione sotto olio, vi rimetto ad una meticolosa lettura di come conservare sotto vetro. Il procedimento è diviso in due parti. Mentre mi sento di consigliarvi la prima parte del procedimento, per preparare un’eccellente insalata di funghi tiepida, l’immissione nell’olio richiede un’azione da manuale. Prima parte: pulite i funghi come sopra e tagliateli a tocchetti, immergeteli per dieci minuti nell’acqua bollente, a cui avrete aggiunto abbondante sale, due foglie d’alloro, un chiodo di garofano e mezzo bicchiere di aceto (diciamo per mezzo chilo di funghi), cuocete per dieci minuti. Scolateli e conditeli con olio extravergine di oliva. Regolate di sale e di pepe e servite come antipasto. Seconda parte: consiste nell’assorbimento del liquido; i funghi vanno deposti su carta o canovaccio per diverse ore, prima di essere sistemati nel barattolo di vetro e aggiunti di olio extravergine di oliva, sino al colmo, per concludere con la sterilizzazione.
Per il congelamento, pulite i funghi come sopra e tagliateli a pezzi, oppure interi, metteteli nel congelatore. I funghi congelati vanno cotti senza scongelarli, riproponendo una delle ricette sopra descritte.
Ma in generale io amo i funghi freschi, e voi?
3.2. Andar per funghi: gli altri boleti parenti buoni del porcino
Quello dei Boletus è un genere molto ampio, provo a presentarvelo a partire dalle caratteristiche di riconoscibilità di quelli buoni. I parenti scomodi, come il Boletus satanas, il Boletus luridus, il Boletus calopus e via dicendo, li lascio alla curiosità micologica di ciascuno di voi, non interessando la mia dispensa né, voglio sperare, i vostri primi passi nella raccolta dei funghi, per quanto non siano mortali ma “solo” tossici.
Boletus Elegans
Boletus elegans e Boletus luteus
Questi funghi meritano un commento a parte. Sono i primi boletus che trovano i bambini o che si fanno trovare dai bambini, perché abbondanti e visibili. Crescono infatti numerosi alla base degli alberi e anche nei prati di montagna (sono funghi simbionti dei larici). A loro devo la passione per i funghi, quando da piccolina ne riempivo il cestino, che ai miei occhi diventava preziosissimo.
Mia madre si sedeva su un masso a pulire gli anserien, come vengono chiamati in Piemonte gli elegans e i luteus, che prima si puliscono e meglio è. Come il bastone di nocciolo, questi funghi si spellano con estrema facilità. La buccia del cappello viene via tirandola da un’estremità, soprattutto negli esemplari grandi. Il fatto che si pelino è garanzia di riconoscibilità. Il fungo resta asciutto e compatto, più facilmente trasportabile e meno deteriorabile. Questi funghi assomigliano al porcino ma sono più piccoli ed hanno meno pretese. Vengono fuori con le prime piogge e i fungaioli non li raccolgono perché non hanno mercato. Ebbene, raccoglieteli voi, vi daranno grandi soddisfazioni. Il cappello è di un color marrone brillante e la spugna gialla lucente. Al tocco non diventano mai blu.
Ricetta: elegans e luteus fritti
Spellate i funghi ed eliminate i gambi. Se i cappelli sono di piccole dimensioni, potrete lasciarli interi, viceversa tagliateli in sezione verticale o orizzontale. Io li preferisco in pastella, più croccanti. Anche nell’uovo e nel pan grattato sono eccellenti. Una volta assorbito l’olio in eccesso con carta da cucina, salateli e cospargeteli di erbe aromatiche. Vi sorprenderanno, sono anche meglio delle patatine fritte ed incontrano il gusto di adulti e bambini, non conservando un così accentuato sapore di fungo come il più pregiato porcino.
Boletus rufus.
Detto altrimenti rufo o gambetta rossa, è quello che mio padre cercava una volta giunto nel boschetto di betulle, di fronte al Cervino. Il boletus rufus, dalla cappella vellutata e rossiccia, è uno dei funghi a cui sono più affezionata. Sotto il cappello presenta una spessa spugna bianca e il gambo è inconfondibile, contraddistinto da vistose squamature nerastre. Al taglio la carne diventa scura. Questi funghi sono buoni fritti, in intingolo ed essicati. Sull’Appennino non ci sono molte betulle, quindi vanno cercati sotto querce e noccioli soprattutto. Di sapore ugualmente gradevole, da queste parti vengono chiamati porcinelli.
Ricetta: rufus fritto
Questo boleto è asciutto, per cui basta infarinarlo e friggerlo. A volte è di grandi dimensioni, con un po’ di barba. Come per il porcino, la barba va esportata e messa ad essicare. Il gambo non si mangia, è piuttosto coriaceo, risultando appetitoso solo se cotto molto a lungo. Talvolta la carne vira al blu, è normale.
Boletus Rufus
Boletus castaneus
Lo dice il nome, cresce sotto i castagni. Non cambia colore al tatto. Più piccolo del porcino, si presenta come un fungo gentile. Talmente gentile che la prima volta che lo trovai in un castagneto sull’altopiano delle Pizzorne non mi convinse, ma era talmente bello che lo raccolsi. Una volta a casa scoprii il suo segreto: la sua particolarità è il gambo. Lo tagliai trasversalmente e riscontrai le caratteristiche enunciate dal libro: si presentava cavernoso a loggette. Per questo motivo il gambo è meno solido di quello degli altri boleti, infatti non vi consiglio di cucinarlo, perché ne rimarrebbe ben poco, tra l’acqua e l’aria che contiene. Il cappello invece si cucina come quello degli altri porcini, ottimo alla griglia.
Ricetta: castaneus nella foglia di castagno
Insieme al fungo, raccogliete anche qualche bella foglia di castagno, e usatela come barchetta per presentare le fettine di fungo alla gliglia o fritte. Si cucina solo il cappello, anch’esso piuttosto compatto, quindi ottimo per semplici infarinature. Mettete le foglie al centro tavola, da cui ogni commensale si può servire con stuzzicadenti o con le dita della mano.
Boletus regius.
Beh, siamo in presenza di un esemplare raro, ma non per me, dato che ho la fortunata di riuscire a trovarlo in un posto segreto non molto lontano da casa. E’ bello come il sole, compatto come un fungo scolpito nel legno, degno appunto di un re, donde l’appellativo regius. Il cappello è di color porpora chiaro e il gambo piuttosto tozzo, di color giallo vivo. Al tatto può diventare azzurro, ma cuocendo ridiventa giallo brillante. Ottimo da preparare alla griglia o alla piastra per la sua particolare consistenza; si presta a tutte le preparazioni, non temendo di “restringersi” come altre varietà, tanto soda è la sua carne.
Ricetta: regius alla griglia
Ebbene sì, il regius non fa acqua. E’ un fungo per cui la percentuale del 90% non vale. Potete tranquillamente metterlo sulla griglia e rispettare i tempi di cottura di una fetta di pollo. Lo servirete tagliandolo a fettine, ed aggiungendo all’ultimo momento olio e sale. Fuori sarà più croccante e dentro più morbido.
Boletus Regius
Tag: libri, andar per funghi, boscherie, ricette, Brunella Ponzo
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