Il bilancio è dolce e amaro. Dolce, perché nonostante praticamente nessun fondo a disposizione il cinquantennale del Festival Opera Barga è andato in scena e con buoni risultati: due settimane di musica tra i concerti di Musica nei Borghi a Bagnone e il calendario degli eventi barghigiani. Nonostante le grandi difficoltà organizzative causate dall’esclusione inaspettata del Festival dal finanziamento ministeriale del FUS, gli organizzatori sono riusciti insomma a produrre una programmazione di grande qualità e in grado di celebrare un anniversario tanto importante. Il concerto di apertura a Barga, con musiche di Antonio Vivaldi e Antonello Privitera, è stato diretto da Federico Maria Sardelli, direttore di fama internazionale e affezionato collaboratore del Festival, che ha voluto rendere omaggio alla storia di Opera Barga e sostenere allo stesso tempo la volontà di non arrendersi di questo grande e importante centro di produzione e di riscoperta musicale. Sebbene la produzione operistica non sia stata possibile, è stata poi data continuità al progetto Musica nei Borghi ed a PianoBarga con concerti tenuti da grandi artisti virtuosi che hanno voluto dare sostegno partecipando a proprie spese.
Un bilancio positivo che mitiga solo in parte l’amaro per il mancato sostegno da parte dello Stato che da due anni assilla l’organizzazione del festival, tanto da farne rischiare la chiusura. L’Associazione Opera Barga ha presentato, insieme ad altre 120 organizzazioni musicali, ricorso al TAR del Lazio contro l’ingiusta esclusione dal contributo ministeriale avvenuta sia lo scorso anno che per il 2016 . Il 27 giugno lo stesso TAR ha disposto l’annullamento del decreto attuativo del ministero. Ora si attende il 22 novembre per l’udienza specifica che riguarda il Festival e dal quale dipende il futuro che attende la manifestazione.
Il futuro della manifestazione… alla luce di quello che è in corso e di quello che è accaduto, all’indomani della chiusura dell’edizione 50 come lo vede Nicholas Hunt, il presidente di Opera Barga?
“Da come si configura al momento la situazione sarà un futuro che dipenderà molto dalla nostra capacità di trovare fondi alternativi. Che però con questi chiari di luna non sono molto facili da recepire.
Dietro il festival c’è sempre stato un’idea: che Barga era luogo ideale per fare una produzione, un luogo dove si può lavorare bene, con i tempi giusti. Certo, non è un luogo dove si può sperare di avere le folle oceaniche. Per questo non aveva senso che il festival facesse produzioni di cartellone che si fanno in posti di grande affluenza.
Per noi era invece fondamentale mantenere la linea di ricerca, di scoperta di vecchie produzioni e compositori del passato. Questa è la nostra vocazione e senza questa possibilità, garantita da quei finanziamenti cassati dal decreto, la vedo difficile dare un senso al festival”.
Quest’anno però in qualche modo ce l’avete fatta?
Sì, ma il prezzo è stato appunto di rinunciare a molta della nostra identità.
Tutte le collaborazioni che avevamo intessuto negli anni sono praticamente finite. Ci siamo ritrovati a dover fare un festival, senza più produzioni, che per noi erano la principale vocazione, il principale obiettivo.
Abbiamo dovuto sopperire trovando degli sponsor per il concerto in Duomo. Anche la Regione del resto non ha ancora deliberato il contributo che stanzierà. Ci ha solo informato che il finanziamento in questo settore è dimezzato e si presume che anche il nostro lo sia.
E’ stato la nostra una battaglia di retroguardia…”
Ora però rimane la speranza del TAR.
“Una speranza e quindi un ricorso, che si basano si una questione di fondo.
Il fatto che il decreto previsto dal Ministero non recepisce lo spirito della legge a cui si riferisce.
Nella legge c’è scritto che il finanziamento viene dato in primo luogo tenendo conto della qualità artistica che deve contare per il 50% mentre nel decreto alla valutazione al merito artistico si attribuisce solo il 30%.
Dal ricordo dipenderà il futuro del festival, se continuiamo ad avere un riconoscimento ministeriale è chiaro che anche il blasone del festival rimane.
Perché se continueranno a giudicarci secondo i parametri attuali è lampante che il nostro non sarà solo un danno economico, ma anche di immagine. Siamo stati “bocciati” anche per mancanza di qualità artistica. Ci possono dire tutto, ma che la qualità sia carente in questo festival, ci sembra inaccettabile”.
Tra i protagonisti dell’edizione del 50°, come ricordato, Federico Maria Sardelli, un’autorità internazionale per quanto riguarda musica barocca e vivaldiana in particolare.
Che spezza più di una lancia per il festival barghigiano…
“È la prima volta che partecipo ad un “festival di solidarietà” con gli artisti che partecipano a proprie spese. Ma nel caso di Opera Barga l’ho fatto con convinzione e affetto. In questi tempi disastrosi per la cultura in Italia, sono gli artisti che devono dare testimonianza di sostegno alle poche cose buone rimaste. E poiché il Festival Opera Barga ha prodotto in passato tanti spettacoli eccellenti, è giusto che gli artisti diano, con la loro presenza, un segnale alle istituzioni”.
Perdere Opera Barga… quale la reale portata di questa prospettiva?
“Se fosse l’ultima edizione di Opera Barga, si perderebbe un buon pezzo di cultura italiana. Una piccola ma intelligente iniziativa volta ad accostare la musica antica e quella contemporanea; sempre rigorosa nell’attenzione alla qualità e al distinguersi nelle proposte.
Ho sempre avuto riscontri positivi sul Opera Barga anche all’estero. Nei miei viaggi, in particolare in Germania, mi capitava spesso di essere interrogato sul programma successivo del Festival. Non so molto di questo decreto del Ministero dei Beni Artistici e Culturali ma il nostro gesto di solidarietà ha un duplice obiettivo: rendere omaggio ai 50 anni di storia di questo bel Festival e magari persuadere le istituzioni a credere nel suo valore aggiunto”.
Tag: opera barga, nicholas hunt, finanziamenti, federico maria sardelli, fus, ministero, contributi
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