Egregio direttore,
Sono nato e vivo in Piemonte, nella campagna del basso Monferrato astigiano. Da oltre vent’anni frequento Barga e soprattutto la montagna barghigiana. Le mie sono velocissime incursioni, fine settimana intensi e rigeneranti, ospite di amici impagabili con i quali condivido lunghe camminate nei boschi, intervallate da doverose soste al tavolino durante le quali la convivialità viene nobilitata da appassionate conversazioni sui “massimi sistemi”, mentre la legna di castagno scoppietta nel caminetto. Il bosco è sempre stato uno degli ambienti in cui mi trovo maggiormente a mio agio e non starò ad argomentare sulla sua importanza dal punto di vista della biodiversità ecc. ecc…
Boschi ne esistono tanti anche qui in Piemonte, tuttavia, ho sempre nutrito una certa predilezione per il vostro paesaggio, per le atmosfere che vivo e le sensazioni che mi trasmette tutte le volte che ne vengo a contatto. Ciò che ho colto sin dalla prima volta e che ho sempre apprezzato, è l’attaccamento della gente alla propria terra e nel contempo, la capacità di fartene parte facendoti sentire sempre “a casa tua”. Tutte le volte torno a casa con la voglia di ritornarci. Il preambolo era doveroso, ma vengo al dunque: durante il mio ultimo, recentissimo fine settimana trascorso in quel di Barga, in occasione di una delle mie escursioni in compagnia dei miei amici nei magnifici boschi che sovrastano il paese, dopo aver camminato un paio d’ore, raggiungiamo un bellissimo bosco di faggi tappezzato di erica, piante di mirtillo e qualche ginepro. La riva, in notevole pendenza, era divisa da uno squarcio di svariati metri provocato evidentemente da una ruspa che si era inerpicata fin lassù con lo scopo di creare una strada di accesso per rendere possibile il taglio della legna e il suo trasporto a valle…
Io e i miei amici, sorpresi ma soprattutto indignati, abbiamo commentato la cosa e l’argomento è stato ripreso la sera, davanti al caminetto e ad un bicchiere (si fa per dire) di buon vino… Pur convenendo che dal bosco è normale che si prelevi legna da ardere, non abbiamo potuto fare a meno di rimarcare, in questo specifico caso, il grave danno arrecato ad un tratto di terra di grande naturalità, osservando che probabilmente, quel tratto di bosco, formatosi in milioni di anni, non si sarebbe più ricreato. Ci siamo poi posti alcune semplici domande alle quali, però, non abbiamo saputo darci una risposta: data la difficoltosa accessibilità del luogo in questione, data la grande disponibilità di legna esistente sul territorio, in luoghi di gran lunga più accessibili, perché andare fin lassù con una ruspa? E con quali costi? Il ricavato dalla vendita della legna (da ardere) sarà sufficiente a ripagare i nostri eroi delle spese affrontate? Senza contare il rischio. Infine, la domanda più importante: com’è possibile? Riformulo meglio la domanda: avranno chiesto il permesso? Se sì, perché concedere un permesso per un simile delitto? Giro a Lei, direttore, e al suo giornale, le domande.
P.S. – Sfoglio spesso on-line Il Giornale di Barga, mi serve a mitigare la nostalgia e a volte, rivedo volti conosciuti.
Cordialmente
Pio Petranera
Mombello di Torino, 17 ottobre 2015
Tag: faggi, ruspe, devastazione, montagna
Nino
18 Ottobre 2015 alle 11:22
R: Quel bellissimo bosco di faggi devastato dalle ruspe…. Come è possibile?
….una lettera così sentita e appassionata ha diritto a delle risposte!!! Grazie Pio Petranera per le belle parole su Barga ed i boschi che la circondano e per l’estrema sensibilità sull’ambiente e la natura.