Posta a giorni alterni. Piano rimandato al 31 dicembre

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“Rimandata al 31 dicembre prossimo l’entrata in vigore del Piano di Poste Italiane per la distribuzione della posta a giorni alterni nei piccoli comuni e nelle aree marginali”. Lo annunciano i deputati Pd Raffaella Mariani e Enrico Borghi, dell’Intergruppo parlamentare per lo Sviluppo della Montagna.

Dopo la mobilitazione dei parlamentari aderenti all’Intergruppo per lo Sviluppo della Montagna, di numerosi comuni montani, dell’Uncem e dei settimanali cattolici contro il nuovo piano di distribuzione che doveva prendere il via il 1° ottobre, interviene Palazzo Chigi stoppando Poste Italiane.

Avvio rimandato a dopo la fine dell’anno e solo a seguito di una verifica sui volumi reali di corrispondenza che dovrà essere effettuata dall’Autorità Garante delle Comunicazione, con l’obiettivo di evitare disservizi e diminuzione della qualità. Questo il risultato dell’intervento di ieri sera del Governo, a fronte della richiesta di una presa di posizione da parte dei deputati dell’Intergruppo parlamentare per lo Sviluppo della Montagna e di numerosi sindaci italiani, e sulla scorta di proteste arrivate nei giorni scorsi dalle organizzazioni sindacali e da 190 giornali aderenti alla Fisc, Federazione italiana settimanali cattolici.

“L’importante comunicazione arrivata nelle scorse ore da Palazzo Chigi – spiegano gli onorevoli Mariani e Borghi – conferma che avevamo ragione quando abbiamo denunciato che il nuovo piano di distribuzione di Poste andava a creare diversi livelli di cittadinanza, penalizzando fortemente chi vive nelle zone rurali e montane e aumentando il divario con chi abita nei centri urbani. Con questa sospensione decisa dal governo, si aprono le prospettive per garantire -dentro il quadro di sbarco in Borsa dell’azienda – quel diritto di cittadinanza fondamentale sancito dalla Costituzione, che esprime l’uguaglianza davanti alla legge di tutti i cittadini, previsto anche dalle norme recenti contenute negli accordi con Poste e nel Servizio postale universale. Tornare indietro rispetto a questi diritti comprometterebbe coesione e sussidiarietà, principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico”.

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