Pochi sanno che il senatore Benedetto Della Vedova ha presentato, coinvolgendo 217 parlamentari, una proposta di legge a supporto della normativa che dovrebbe legalizzare le droghe leggere in Italia.
E ancora meno sono gli italiani a conoscenza del fatto che da alcuni mesi presso lo stabilimento Farmaceutico militare di Firenze si sta coltivando marijuana.
In Italia, alcune regioni tra cui la Toscana in primis hanno già legiferato in materia: si possono utilizzare prodotti derivati dai cannabinoidi per il trattamento di gravi patologie con la sclerosi, il glaucoma. Per il momento la maggioranza dei prodotti cannabinoidi ad uso terapeutico importanti in Italia proviene dall’Olanda ed i costi sono esorbitanti
A Firenze, sono state cinquanta le prime piante di cannabis coltivate in Italia in una struttura pubblica e sono venute su in 3 mesi. Il raccolto è stato fatto a giugno.
Ora presso l’istituto militare la serra passerà a 250 metri quadrati e nel 2016 si prevede la produzione di 100 chilogrammi di marijuana per uso terapeutico.
A questo proposito è passata come un provvedimento amministrativo la notizia che 12 Regioni italiane stanno approvando leggi sull’uso proprio della cannabis terapeutica.
Quando è uscita la notizia che dopo cento anni la KME (ma per tutti sarà sempre la SMI) dismetterà la produzione metallurgica per passare alle coltivazioni idroponiche, un filo di sgomento misto a vero e proprio stupore, ha attraversato la valle. Tutti, dai dipendenti agli amministratori, dai cittadini ai pensionati della metallurgica, dai nostri rappresentanti a Roma, Lucca e Firenze ai familiari o gli amici dei lavoratori, hanno pensato al peggio.
E immaginare che uno stabilimento come quello di Fornaci di Barga possa diventare un immenso ortofrutta, ha destato preoccupazione e angoscia. Certo è però che la coltivazione idroponica permette di avere pomodori, insalata, cavoli e zucchine, ultrabiologici, tutto l’anno, certificati e garantiti. Con la produzione a regime poi sarebbero migliaia di tonnellate i prodotti legati al Made in Italy, che ha molte richieste in tutto il mondo.
E’ però venuto naturale pensare
che l’ortofrutta è sicuramente un bel settore e che potrà dare grandi soddisfazioni, ma agganciare il mondo della cannabis terapeutica potrebbe dare profitti e certezze ben maggiori.
E mettendo insieme tre indizi appare non così impossibile una coltivazione – tra le altre – proprio della cannabis.
Per meglio comprendere tutto questo movimento intorno alla marijuana, abbiamo deciso di leggere il disegno di legge di Benedetto Della Vedova.
I punti principali della proposta di legge sono diversi ma legati a un elemento vincolante: così come per il tabacco, anche per la cannabis verrà istituto un apposito Monopolio statale. Sarà dunque tassato l’uso, così come la coltivazione e la vendita, che sarà in negozi ad hoc con speciale licenza. Si potranno detenere fino a 15 grammi per uso domestico e 5 per uso esterno. Non si potrà fumare in luoghi pubblici e comunque la normativa dell’uso sarà simile a quella adottata per le sigarette. Dunque niente treni, bar, autobus, metro, cinema, teatri, etc. etc. Ognuno potrà coltivare fino a 5 piante in maniera autonoma ma comunicandolo all’Agenzia dei Monopoli. I consumatori dovranno attenersi alle normative vigenti in materia di uso in auto e per gli automobilisti non cambieranno le sanzioni in caso di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Ma soprattutto per patologie e terapie che richiedano l’utilizzo di cannabinoidi, verranno semplificate le possibilità e le modalità di accesso per la coltivazione finalizzata al proprio consumo.
Si sta aprendo dunque un mondo nuovo e l’Unione Europea sta recependo questo cambiamento sotto la spinta della comunità medica che ha sdoganato da tempo l’uso della marijuana.
Pensando all’industria idroponica non è difficile unirla propria alle coltivazioni per uso terapeutico e l’Italia, nello specifico Fornaci di Barga, potrebbe diventarne il più grande stabilimento d’Europa.
Ora al di là delle facili battute e dell’ironia che ci appartiene, non è affatto scontato invece pensare che il poderoso e ricco investimento che verrà fatto sull’ex stabilimento della SMI, ci faccia ben sperare per il futuro soprattutto di quasi 800 tra dipendenti e indotto.
E il fatto che – forse, ma non è certo – si possa “agganciare” questa nuova opportunità che prevede tra le coltivazioni idroponiche anche quella della cannabis, fa pensare (o meglio “sperare”) che entro tre anni si possa aprire un nuovo ciclo di vita dello stabilimento e altri 100 anni di produzione.
Tutto molto bello – il possibile o l’impossibile intorno all’idroponica -, ma in questo momento oltre ai sogni e alle coltivazioni, è doveroso stare tutti uniti affinché la valle intera non perda la SMI, e che 800 famiglie si trovino nel dramma della povertà.
Perché alla fine il problema reale è questo. E appartiene ad ognuno di noi. Non solo agli operai e alle loro famiglie.
Andrea Giannasi
Tag: cannabis, piano industriale, riconversione, vicenda kme, agricoltura idroponica, coltura idroponica, uso terapeutico, legalizzazione droghe leggere, kme
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