Il comandante dei carabinieri si avvicina a Samuele e con tono risoluto gli dice: “Dottore, mi segua. Andiamo in paese a fare qualche domanda. Lei resterà affiancato a me per tutto il tempo delle indagini”.
“Certo. Ma, per favore non mi chiami dottore. Samuele, solo Samuele”, risponde il criminologo per smorzare la tensione.
I due salgono su una volante e il comandante mette in moto.
Il borgo di Sommocolonia si sta risvegliando. Due turisti con zaino in spalla si avviano verso la cima dei monti. L’auto si ferma e i due scendono. Entrano al rifugio, l’unico luogo pubblico aperto a quell’ora. Una donna dall’aria stanca apre la porta e li fa accomodare: “Ho sentito cos’è successo. Davvero terribile”.
“Dobbiamo farle delle domande è la prassi”, dice il comandante. Poi si volta verso Samuele: “Inizi lei”.
“Ecco, va bene, sì. Allora, vediamo. Signora”, tossicchia, “prima di pensare che la dentro ci sia un commando armato, immaginiamo per un momento che si tratti di un solo uomo, con un fucile da cecchino in mano, arrabbiato con il mondo, che spara senza distinzione a chiunque entri, diciamo, nel suo regno”.
La signora lo segue con attenzione.
“Conosce qualcuno che potrebbe farlo? Un turista, oppure uno di qui?”
“I turisti, beh, non posso dire di conoscerli bene. Si fermano una notte poi se ne vanno. Uno di queste parti, che usa il fucile, un cacciatore vuole dire?”
“Sì, anche”, dice Samuele.
“Conosco diversi cacciatori, ma che considerino la Grotta del Tempo il loro regno, questo no, non saprei. Poi, di matti in giro ce n’è tanti!”
“Ecco, un matto. Conosce un matto in paese?”, incalza Samuele.
“Beh, dicevo per dire. No, non conosco matti in paese, neanche fuori dal paese. Piuttosto, mi faccia pensare, conosco un paio di persone strane. Ma non possono essere stati loro.”
Samuele si fa insistente. “Non tema, mi dica tutto, anche quello che potrebbe sembrarle assurdo”.
“Ma che vuole, uno è un pastore di sessant’anni un po’ strano e l’altro è un infermo”, dice la donna.
“Ora basta, facciamo domande più tradizionali”, interviene il comandante prendendo in mano la situazione. Estrae dalla tasca un taccuino nero e chiede alla donna generalità, orari di apertura e chiusura del rifugio, se ha notato qualcosa di strano nelle ultime ventiquattro ore. Quindi, alzando il sopracciglio destro, le fa una domanda precisa: “E, riguardo al pastore, perché sarebbe strano?”.
“Sarebbe strano”, risponde la donna, “perchè litiga con tutti e vende mal volentieri il formaggio. Se non fosse per il suo cacio, che è così buono, i clienti lo avrebbero già mandato a quel paese”.
“E…sa dirmi se va in grotta, se conosce le grotte della zona?”, incalza il comandante.
“Ma certo!”, risponde sicura la donna. “Sin da bambino si nascondeva nelle grotte. Poi, con quel caratteraccio che si trova, ha continuato a frequentarle anche da adulto. E’ convinto di essere l’erede spirituale del pastore dell’Orrido dei Santi Pietro e Cosimo”.
“Ah, sì, conosco quella storia”, risponde interessato Samuele.
“Beh signori, non siamo qui per una ricerca sulle favole, siamo qui per scoprire cos’è successo nella Grotta del Tempo”, risponde secco il comandante, che sbuffando prende gli estremi del pastore.
“Ah, senta!”, dice la signora a Samuele, che nel frattempo si era alzato e guardava le fotografie della montagna appese alla parete, “mi viene in mente un altro uomo. Che sia strano non lo posso dire, ma il poveretto ha molto a che fare con quella grotta. E’ un cacciatore che ha avuto un grosso lutto: l’unico figlio è morto incidentalmente nella Grotta del Tempo due anni fa’. E’ una brava persona, ma la moglie lo ha lasciato e lui si è chiuso in se stesso”.
“Come si chiama e dove abita?”, le chiede il comandante.
La signora fornisce nome e indirizzo del cacciatore.
Nel frattempo Ettokilo e Ange entrano nella grotta con uno scudo antisommossa in mano. Nell’altra mano impugnano l’arma da fuoco. Dietro di loro Francesco, leggero come un gatto, li segue con circospezione. Indossa anche lui il giubbotto antiproiettile e si lamenta per non riuscire ad essere agile come sempre.
Tutti e tre hanno sul casco una potente luce da speleologo. Notano una grossa macchia di sangue che colora la passerella e a terra due stalattiti insanguinate, cadute dal soffitto durante lo scontro a fuoco.
“In questo punto sono stati colpiti gli agenti”, dice Ettokilo, “Forse anche l’aggressore o gli aggressori”.
Le evitano e, senza perdere la concentrazione, percorrono un ampio tratto di grotta, sino al Salone degli Anziani. Si muovono cauti in un labirinto di colate policrome e drappeggi d’alabastro. Passano su pozze d’acqua di un verde rilucente e accanto a laghetti incrostati di cristalli. Tutto sembra normale. Camminano seguendo le istruzioni di Francesco che indica di volta in volta i cunicoli dove potrebbe nascondersi un uomo e le funi da cui potrebbe calarsi. Ad un certo punto Francesco si ferma.
“Fate attenzione, in questo punto è caduto due anni fa un bambino di dieci anni. E’ morto, battendo la testa”.
Ettokilo fa cenno di sì col capo e continua a camminare.
“Tu eri qui?”, chiede Ange sottovoce.
“Sono arrivato il giorno dopo. Un gran brutto incidente”, risponde Francesco.
I tre arrivano alla fine del primo percorso. D’ora in avanti una ripida discesa di scale, porta nel luogo più profondo della Grotta.
Si sente un rumore, poi uno sparo colpisce lo scudo antiproiettile di Ettokilo, che risponde al fuoco. Una canna di un fucile sparisce da un foro nella parete. La luce si spegne. Le uniche luci rimaste sono quelle sul casco dei due agenti e di Francesco. Si sentono passi di corsa giù dalle scale. Ettokilo e Ange dietro: “fermati o sparo!”, urlano. Mentre Francesco estrae la sua pistola dal fodero.
Una serie di spari dal basso e dall’alto partono in un attimo. I bossoli cadono a terra, uno dopo l’altro.
“Di qua, venite!”, esorta Francesco. “C’è un foro che non sono mai riuscito ad allargare, forse il nostro uomo ce l’ha fatta e sta scappando da là!”
Francesco conduce Ettokilo e Ange in una scomoda cavità, dove i due agenti speciali si tolgono il giubbotto antiproiettile e passano strisciando. Dopo pochi metri, il cunicolo si allarga e ne incrocia un secondo. Si sente un rumore d’acqua e infondo al cunicolo si vede la luce di una torcia. Ettore spara verso la luce provocando un lamento soffocato. Poi un rigolo d’acqua trasportante detriti corre nella loro direzione, sempre più forte e con più portata d’acqua, li investe.
“Tornate indietro, veloci!”, grida Francesco.
I due fanno appena in tempo ad uscire dal foro, che un grosso getto d’acqua colmo di detriti calcarei esce impetuoso e si getta nella profonda cavità lungo le scale, nell’abisso senza fine della grotta.
“Appena in tempo! Quel bastardo ha deviato il corso di una sorgente sotterranea!”, esclama Francesco.
“Non c’è un altro modo per raggiungerlo?”, grida forte Ettokilo.
“Non dov’è passato lui. Dobbiamo tornare sui nostri passi ed arrampicarci sulla parete della montagna per raggiungere l’uscita del cunicolo. Ci sarà da usare le funi”, aggiunge Francesco.
“Sono qui per questo!”, dice Ange compiaciuto.
I tre si avviano di corsa verso l’uscita, mettendosi in contatto radio con gli agenti che aspettano fuori. Ettokilo prende sulla passerella le due stalattiti insanguinate per darle alla Scientifica.
Ad attenderli gli agenti difronte alla grotta.
“Uomini, con noi!”, dice velocemente Angelo mentre estrae una corda da arrampicata dallo zaino. “E’ un uomo solo ed è scappato sul lato nord. E’ ferito ed ha un fucile da cecchino!”.
Nello stesso momento, l’auto del comandante dei carabinieri con Samuele a bordo, si ferma in una contrada di campagna, dove pascolano pecore di razza Garfagnina Bianca, sorvegliate da due cani da pastore maremmano. Il pastore con un cappellaccio infilato in testa in modo maldestro, esce di casa appoggiandosi al bastone. Poi, vedendo l’auto fermarsi, si avvicina claudicando vistosamente. Alla gamba sinistra porta una ginocchiera bianca macchiata di sangue.
“Buongiorno”, salutano il comandante e Samuele.
“Che ci fanno i carabinieri a casa mia?”, chiede indispettito il pastore. “A voi il formaggio non lo vendo!”
“Non siamo qui per il pecorino, siamo qui per la sparatoria della notte scorsa nella Grotta del Tempo.”, spiega il comandante, fissando la ginocchiera del pastore.
“Non ne so nulla”, risponde il pastore voltando la schiena e tornando dalle pecore.
“Scusi un momento, per favore!”, dice Samuele, trattenendo con un braccio il comandante, che aveva assunto un’espressione grave sul volto. “Si tratta solo di un’indagine, le rubiamo poco tempo”.
Il pastore si volta e li fissa entrambi: “e io che c’entro con la sparatoria, la Grotta e le vostre indagini?”.
“Stiamo cercando, prima di tutto, gente locale che abbia dimestichezza con le grotte”, risponde il comandante. “E…in secondo luogo, una persona ferita, una ferita d’arma da fuoco”, aggiunge con espressione seria, inarcando le sopracciglia.
“Vi sembro ferito?” risponde il pastore.
“E quella ginocchiera rossa che indossa? Mi sembra sangue quello”, dice il comandante.
“Ah, si!” Ride il pastore. “Stavo facendo i conigli”.
Il comandante lo fissa minaccioso, spostando la mano destra sul fodero della sua beretta.
“Ma che volete fare? Siete impazzito? risponde il pastore. “Chi vi ha parlato di me?”
I due tacciono e si guardano in faccia.
“Non me lo volete dire? Allora significa che siete bugiardi, e con voi non parlo. Arrestatemi, oppure lasciatemi andare a governare le pecore”. Così dicendo si avvia verso il recinto zoppicando vistosamente.
“Senza un mandato di perquisizione non possiamo procedere. Direi di andare dall’altro uomo, intanto telefono al giudice”, dice contrariato il comandante. “E se non fosse sangue dei conigli?”, aggiunge.
“Non possiamo saperlo”, risponde Samuele.
Il pastore intanto raggiunge casa. Entra e ne esce con un coniglio morto in mano. Lo scuote per mostrarlo ai due.
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