Vi presentiamo un racconto scritto, ideato e immaginato da quattro dodicenni, Ettore Petrilli, Francesco Lenci, Angelo Meschi, Samuele Forlini e redatto dalla mamma di Ettore, Brunella Ponzo.
Un progetto nato dalla fantasia dei quattro, che una sera d’estate si sono ritrovati nella campagna barghigiana ospitati dalla famiglia di Ettore, e come tutti i ragazzini della loro età si sono messi a immaginare storie d’azione e “di paura”, la prima trattava di un tragico capitombolo di un esperto alpinista dalla cima di una montagna, la seconda era una storia di fantasmi, la terza analizzava le macabre intenzioni di un serial killer, la quarta parlava di un triller in grotta…. Così, presi dall’ardore del raccontare, grazie anche all’aiuto di mamma Brunella, hanno deciso di mettere su carta la storia più avvincente, arrivando a partecipare con il loro manoscritto all’edizione della scorsa estate del Garfagnana in Giallo. Nonostante il manoscritto non abbia vinto, i piccoli autori hanno continuato il loro progetto, facendolo leggere ad amici e conoscenti fino ad arrivare sulla nostra pagina web dove ogni settimana ne pubblicheremo una parte per un totale di quattro parti.
Tutto nella vicenda narrata riporta le tracce dei paesaggi della Garfagnana e soprattutto della Grotta del Vento e della Corsonna barghigiana. Ogni personaggio a sua volta rispecchia i poccoli autori, Ettore il massiccio uomo d’azione, Francesco l’appassionato alpinista, Angelo figlio di cacciatore sempre pronto a partire, Samuele il più riflessivo di tutti. Inoltre anche alcune figure come il pastore o i carabinieri sono tutti personaggi ispiarti alla realtà in quanto sono ciò che i bambini hanno visto nelle loro lunghe passeggite sulle montagne garfagnine, l’unico personaggio che, per fortuna, non è reale è l’assassino: per lui si è scatenata tutta l’inventiva delle menti dei quattro autori.
Un pomeriggio d’estate, all’ombra di un nocciolo e di un castagno centenario, sulla montagna Barghigiana quattro bambini inventavano storie per partecipare al Concorso Garfagnana in Giallo. Come si fa tra professionisti, ognuno di loro sviluppava un’idea, che veniva messa ai voti. Vinceva “stalattiti insanguinate”, per chi avesse voglia di leggere il lavoro di questi piccoli autori, ispirato alla Grotta del Vento. I fatti, la grotta e i personaggi sono immaginari, ma i luoghi sono veri ed hanno acceso prepotentemente la loro giovane fantasia.
Si fa sera nella Grotta del Tempo e una leggera brezza primaverile soffia dal monte. Saverio, la guida, fa uscire l’ultimo gruppo e chiude il cancello, dopo di che si avvia verso la biglietteria e si accerta che dopo quella non ci siano visite notturne. Torna all’ingresso della grotta e spegne l’interruttore.
Mentre se ne sta andando sente un urlo disumano provenire dalla grotta. Fa un balzo indietro e si allontana di pochi metri dall’ingresso. Poi torna sui suoi passi, allungando il collo verso il cancello. Temendo che qualcuno sia intrappolato nella grotta o nascosto per fare uno scherzo, si fa coraggio e accende l’interruttore. Apre il cancello ed entra.
“C’è qualcuno?”, chiede ad alta voce. “C’è qualcuno?”, urlando.
Supera il gruppo degli estintori sulla sua destra e mette i piedi sulla passerella. La luce si spegne. Sente un tonfo, poi dei passi pesanti verso di lui. Saverio si volta velocemente e scappa più che può verso l’uscita. Qualcuno lo sta inseguendo, una lama tagliente gli ferisce la schiena. Fa appena in tempo ad uscire e a chiudere il cancello, che ritorna la luce. Si volta, non vede nessuno. Barcolla allungando tremante un piede dietro l’altro e cade a terra, bianco come un tovagliolo.
Brunella, la bigliettaia, chiude la porta dietro di sé con due giri di chiavi e si avvia verso il parcheggio. Nota qualcosa a terra, nell’ultima luce della sera. Si avvicina. E’ Saverio steso faccia in giù, con la schiena insanguinata. Si china sconvolta, lo chiama. Ma non ottiene risposta. Prende la borsa e ne estrae con affanno un telefono cellulare. Compone il 118 e chiede aiuto.
Mentre due barellieri caricano Saverio in ambulanza, Brunella parla con il medico e con il comandante dei carabinieri di Barga. Saverio, con un filo di voce, era riuscito a riferire l’accaduto. Il comandante fa passare l’ambulanza, congeda la bigliettaia e chiede ai suoi tre agenti di sigillare tutta l’area, chiudendola al pubblico.
Finita l’operazione i tre agenti entrano nella grotta armati.
Sotto di loro gorgoglia la Corsonna mentre le ultime flebili luci del tramonto si spengono sulla vetta della Pania della Croce.
La luce è accesa, ma gli agenti tengono prudentemente in mano una torcia elettrica. Avanzano uno dietro l’altro, con cautela. Superato il primo corridoio, salgono sulla passerella e proseguono lungo l’itinerario. Ad un tratto la luce si spegne. Si mettono tutti e tre spalle alla roccia e puntano la pistola d’ordinanza ai lati e davanti a loro. Da lontano una lucina rossa si muove lentamente, per fermarsi sul corpo di uno dei tre agenti. Si sente un colpo smorzato: un agente cade a terra, colpito da un proiettile.
“A terra! A terra!”, urlano gli altri due.
I due agenti sparano in direzione della lucina rossa, colpendo la parete e una stalattite. Poi soccorrono il collega ferito, che sanguina e ha perso conoscenza. Non possono procedere. Lo prendono sotto braccio e tornano sui loro passi. Mentre camminano, la lucina rossa torna a posarsi sulla divisa di un secondo agente. Uno sparo silenzioso parte nella sua direzione, anche questi cade a terra. L’ultimo agente si volta sparando, ma viene colpito alla testa e si accascia senza vita.
Il comandante, dall’ingresso della grotta, sente il rimbombo di questi ultimi colpi di fuoco ed entra di corsa, con una torcia in mano. Vede i tre agenti a terra, insieme alle torce rotolate poco lontano che illuminano a caso le concrezioni calcaree. Si abbassa e ne sente il polso, uno solo dei tre è vivo. Il comandante riesce a trascinarlo fuori dalla grotta e a chiamare soccorso.
Nel primo pomeriggio, presso il Comando dei Carabinieri si tiene un incontro speciale tra diverse forze di polizia. Il comandante prende la parola.
“L’agente Minotti è fuori pericolo. Nel pomeriggio, si celebreranno i funerali dei due agenti deceduti”, aggiunge con voce commossa.
Poi, riprendendosi, aggiunge: “Dicono dal GIS di Livorno che potrebbe essere un uomo solo, che spara a tutto ciò che si muove, barricato nella grotta. Pare abbiano risolto un caso simile nell’89, dopo che uno squilibrato aveva ucciso quattro carabinieri e un poliziotto. Tra un ora arriveranno i rinforzi e domattina all’alba saranno qui due agenti speciali, oltre a ad uno speleologo e ad un criminologo”.
Intanto a Livorno.
Nel Poligono di tiro, Ettore Bruno, nome di battaglia Ettokilo, sta pulendo la sua pistola mitragliatrice H & K MP7, perfetta per scontri a fuoco in ambiti ristretti. E’ un tiratore scelto del GIS e non lascia mai a casa il suo fucile da cecchino.
Accanto a lui Angelo, in codice Ange, sta caricando il suo fucile HK PSG1. E’ un esploratore del GIS, specialista in arrampicata, esperto conoscitore dei monti lungo la Valle del Serchio.
Entrambi sono stati chiamati d’urgenza.
Presso la sede del Gruppo Speleologico Regionale, Francesco ripone nello zaino i suoi attrezzi del mestiere, aggiungendo una bussola, un clinometro e una cordella metrica. Si sta preparando per una missione in galleria percorsa da torrente, il suo genere di grotta preferito. E’ stato chiamato d’urgenza.
All’Università di Siena, Samuele sta terminando una lezione di criminologia presso il corso di Scienze dell’Investigazione. E’ un assistente universitario. “Come dicevo e concludo, tenete a mente che dovete sempre preoccuparvi di indagare la scena del crimine, le dinamiche del reato, le identità delle vittime e il quadro psicologico del criminale o dell’omicida”.
Una ragazza alza la mano.
“Si?”, risponde Samuele.
“Scusi, ma qual’è la differenza tra criminale e omicida?”
“Il criminale, solitamente uccide per soldi. L’omicida no.”
Squilla il telefono. Samuele risponde. “Si, certo, mi preparo e vi raggiungo”. Esce dall’aula frettolosamente .
Per tutta la notte l’ingresso della Grotta del Tempo resta sorvegliato dai carabinieri. Il cancello è chiuso e oltre dieci agenti sono appostati fuori con le armi spianate.
Alle sei della mattina arriva un furgone dei carabinieri e parcheggia davanti alla biglietteria. Scendono quattro uomini. Due sono vestiti in mimetica, con casco, radio, giubbotto antiproiettile, zaino. Sono Ettokilo e Ange. Gli altri due scendono con più calma e si guardano intorno: sono Francesco e Samuele.
“Io non entrerò in quella grotta!”, dice Samuele.
“Certo che no, non servono strizzacervelli in questo momento”, risponde Ettokilo, che si avvia a grandi falcate verso l’ingresso della grotta.
Ange lo segue, dando una pacca sulla spalla a Samuele: “Non farci caso, è fatto così”.
“Francesco, tieni questa e andiamo”. Così dicendo Ange porge a Francesco una pistola semiautomatica G17.
“Ma che razza di speleologo sei?”, gli chiede Samuele.
“Ho lavorato per le forze speciali prima di dedicarmi alla speleologia”, risponde Francesco. “Con il mio fisico sono più adatto ad entrare nelle fessure delle grotte che ad assaltare un commando armato fino ai denti. Solo l’equipaggiamento pesa 30 chili. Quello lo lascio fare a uomini come Ettokilo. L’hai visto com’è impostato? E tu perché sei qui?”.
“Ho risolto un caso simile nel Carso, quando facevo ricerca sul campo a Pordenone. Qualche pezzo grosso ha pensato che potessi essere utile qui”.
“E chi c’era nelle grotte del Carso?”, chiede incuriosito Francesco.
“Uno speleologo vendicativo”, risponde Samuele.
“Uno solo?”, chiede Francesco.
“Sì, uno solo, ma cattivo”, dice Samuele.
“Beh, meglio uno solo che un gruppo di tiratori scelti o chissà che altro”, osserva Francesco.
“E’ quello che cercheremo di scoprire”, dice Samuele.
“Allora, datti da fare!”, gli risponde Francesco abbozzando un sorriso. Poi si avvia verso l’ingresso della grotta con passo svelto.
Tag: Francesco Lenci, Angelo Meschi, Samuele Forlini, Brunella Ponzo, Stalattiti Insanguinate, Ettore Petrilli
Osvaldo
19 Luglio 2015 alle 11:10
R: Stalattiti Insanguinate
Ottimo raccconto !!!
Francesco Lenci
20 Luglio 2015 alle 14:03
R: Stalattiti Insanguinate
Grazie