Ecco la lettera che Antonello Chiodo, gestore del Rifugio “Rossi” in Pania, quale portavoce dell’Associazione Rifugi Alpi Apuane e Appennini, ha inviato al Governatore della Toscana, Enrico Rossiper protestare contro le modifiche che sono state apportate con il maxiemendamento al Piano di Indirizzo Territoriale della Regione Toscana.
Che sono quei monti?*
Presidente Enrico Rossi,
l’immagine che in genere la Toscana dà di sé, a cui contribuiscono anche i media, è quella conosciuta del poggio, del vigneto e delle mura, che in sintesi e in modo un po’ retorico la vuole come Chiantishire. Eppure noi sappiamo che così non è e lo dice assai bene il Piano del Paesaggio. La Toscana accoglie una straordinaria varietà di culture e di paesaggi (umani e naturali) tra rilievi, la costa, la campagna e le città. La sua identità affonda nel riassunto di questa ricchezza ambientale.Il Piano di Indirizzo Territoriale, tutto sommato equilibrato nelle versione originaria, con l’ultimo emendamento ci pare allontanarsi dal Dettato della Convenzione Europea del Paesaggio, è preoccupante se fosse a causa e per via di un interesse economico e ci sorprende che si parli di un solo modello produttivo, in un quadro complessivo di governo del territorio. L’attività estrattiva è molto ma non è il tutto in Alta Toscana, non rappresenta la sua identità e non è una via obbligata. E se comunque fosse nota la disponibità delle risorsa, non è dà una maggiore produzione che si dà valore al marmo e al suo settore, semmai è il contrario. E a rimetterci non è solo il suo paesaggio.
Comprendiamo le ragioni delle piccole realtà delle valli più interne, che dovendo sopravvivere guardano al marmo come occupazione, d’altra parte se non è dato altro, per chi vive di montagna non c’è scelta: o si va via o ci si adatta.
La cava è si paesaggio, ma è al beneficio quindi: relax, cultura, salubrità, ispirazioni psico-fisiche, che guarda l’utente di rifugi, agriturismi ed alberghi. Benessere e salute sono anch’essi “capitale”, la natura del loro valore è radicata nell’ambiente o nelle aree protette (come il Parco Regionale Alpi Apuane), per questo ci pare si promuovano.
Una visione economica accettata vuole le aree verdi come un possibile elemento di sviluppo e come orizzonte economico-sociale sostenibile per le aree marginali. Il turismo verde promuove “una filiera corta” locale e unica, connessa al paesaggio, alla sua identità e alla sua cultura non delocalizzabile. L’attivazione di risorse dei luoghi, secondo quella visione, attiva un circolo virtuoso che investe il benessere delle comunità locali.
Anche la Regione ha creduto a quel disegno e ne parlava convinta non molto tempo fa. Sulle montagne, green economy e il bene comune diventavano, in divenire, opportunità per le comunità dei montanari, gli svantaggiati o gli invisibili se vuole.
Ma il tempo sta passando e non sta avvenendo niente, di quella visione olistica, dei suoi principi solidali, per ora è rimasta l’intenzione. Sul mercato del turismo, la Regione Toscana ha privilegiato i numeri promuovendo flussi, destinazioni ed i prodotti redditizi.
Ci sarebbe piaciuto presentare le Apuane e gli Appennini, raccontando i paesaggi montani dal punto di vista del gestore di rifugio, ma per chi ha senso oggi una storia di bosco, di alpeggio o ipogea?
E’ vero, l’ecoturismo è un settore turistico di nicchia. L’ecologia è una scelta etica o di estetica, per il turista o per l’impresa, laddove il valore è il rapporto costruttivo con l’ambiente. Eppure per molte realtà come le nostre, per addetti, famiglie, piccole imprese ed indotto locale, l’ambiente è oggi la risorsa economica.
Fra Alpi Apuane e Appennini un economia verde è in essere, senza clamori e un po’ in sordina si è avviato un sistema che integra accoglienza, attività (a cavallo, a piedi, in bicicletta), produzioni agroalimentari tipiche e silvo-pastorali.
Anche il rifugio è integrato in questi contesti, ed evolve acquisendo il ruolo di Presidio Culturale, cioè una vetrina del territorio e delle identità dei luoghi. Con poco appoggio, con risorse individuali e di enti o associazioni, avanza così, sul terreno e da anni, il turismo-natura, eppure incontra il favore crescente di toscani e non.
Ecco perché in tempo di Expo, dedicato al cibo e alla sostenibilità, in questi momenti in cui la domanda che ci riguarda tutti è cosa e per chi si pianifica, allora Le chiediamo: quanto resterà di sostenibile per la Toscana e la montagna del futuro?
Sarebbe riduttivo se gli orizzonti temporali o della rappresentanza, per la politica ruotino intorno a faccende percentuali o a contingenze ed emergenze ripiegate sul presente, sarebbe poca cosa per la politica e per le persone. Immaginiamo che lo sguardo della politica toscana miri in alto, per sua storia e per cultura, il cielo della Regione è al di sopra dei 1200 metri.
Vogliamo sperare ancora che l’indirizzo territoriale che il Legislatore immaginerà per le terre di Toscana, abbia come fine il destino dei paesaggi, della collettività e di chi sarà dopo di noi. Ci auguriamo e Le auguriamo che il P.I.T. sia l’occasione per una svolta storica e lungimirante, una sfida e un obiettivo che per la politica potrebbe essere anche suggestivo.
Antonello Chiodo
per i rifugisti e le rifugiste dell’Associazione Rifugi Alpi Apuane e Appennini
Tag: piano paesaggistico toscano, rifugisti, antonello chiodo, enrico rossi, alpi apuane, apuane
Luti Giuseppe
14 Marzo 2015 alle 20:13
R: Lettera aperta di un “rifugista” al Governatore della Regione Toscana
speriamo che ti diano retta.Giuseppe Luti