La chiusura degli uffici postali nei piccoli centri non può essere decisa senza tenere nel debito conto le distanze e la fruibilità del servizio e se la chiusura non è ben motivata in rapporto ai disagi arrecati alla popolazione. È quanto scrivono i giudici della sezione del Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 1262 depositata l’11 marzo, riconoscono le buone ragioni dei piccoli Comuni che si stanno contrapponendo al piano industriale di Poste Italiane, che dal 13 aprile dovrebbe condurre alla chiusura di 455 uffici e alla riduzione di orario di apertura in altri 608.
La sentenza afferma che “Poste non può fare spending review sulle spalle dei piccoli centri, determinando disservizi e disagi soprattutto alla popolazione anziana e a quella priva di strumenti tecnologici”. Per questo motivo, concludono i giudici amministrativi, “le chiusure devono tenere conto della dislocazione degli uffici, con particolare riguardo alle aree rurali e montane, e anche delle conseguenze che la presenza ha sull’utilità sociale”.
“Stesse ragioni per cui ci stiamo battendo in Toscana per evitare le chiusure previste” – commenta il Presidente di Uncem Toscana Oreste Giurlani. “Intanto stamani – aggiunge – da un incontro che si è tenuto tra Regione Toscana, Uncem, Anci, e il responsabile di Area territoriale di Poste Italiane per le regioni di Toscana e Umbria, Michele Deiana, è emersa la volontà di Poste di concedere una pausa per permettere ai Comuni Toscani, assistiti da Anci ed Uncem, di presentare in tempi brevissimi alla Direzione regionale di Poste italiane una proposta alternativa sul piano di razionalizzazione degli uffici postali, che ad oggi prevede in Toscana la chiusura di 64 sedi e il ridimensionamento di 37”.
“Bene la pausa – conclude Giurlani – ma continuo a credere che sia necessario, mai come in questo momento, l’intervento del Governo per porre fine a questa situazione che rischia di rotolare in avanti senza alla fine dare esiti soddisfacenti”.
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