Di Nicola Boggi
Mentre scrivo queste mie considerazioni – 20 febbraio – si sta spegnendo il giorno più lungo per la Grecia, conclusione di una settimana, o meglio, di settimane, fatte di estenuanti trattative conclusesi questa sera con la garanzia per l’estensione dei prestiti alla Grecia di ancora 4 mesi (sui sei chiesti) concessa dai ministri delle finanze dell’eurozona riuniti a Bruxelles. Accordo di prestiti che appare come un pannicello caldo concesso dalla politica, tanto che le delegazioni tecniche al seguito dell’eurogruppo avranno il compito di riempire di contenuti, nei prossimi giorni, l’intesa raggiunta.
Boccata d’ossigeno per il ministro delle finanze ellenico Yanis Varoufakis se si pensa che nelle ultime 48 ore i greci, spinti dal timore di un fallimento della trattativa di Bruxelles, avevano proceduto al prelievo di circa un miliardo dalle loro banche; certamente insoddisfatti i “falchi” del NO perentorio alla trattativa.
È proprio il caso di dire che il finale del film non è stato all’altezza della trama, una trama politica interessante che ha visto impegnati il premier greco Alexis Tsipras, lo stesso Varoufakis da una parte e l’eurogruppo con a capo la Germania dall’altra.
Nel pomeriggio il premier Alexis Tsipras aveva twittato che «questo è il momento per una decisione politica storica, per il futuro dell’Europa»: quella decisione non c’è stata, ma neanche una rottura che avrebbe portato, secondo un deputato di Syriza, al «suicidio» dell’Europa. In ogni caso, stasera Atene tira un bel sospiro di sollievo.
Si è assistito, dalla vittoria della sinistra radicale registrata alle elezioni politiche greche del 25 gennaio scorso, ad una intensissima “partita di poker” dove si sono moltiplicati bluff e rilanci politici da parte di tutti gli attori protagonisti.
Era impensabile, e forse anche non corretto, che venisse accordato per la Grecia un azzeramento delle restituzioni dei prestiti accordatigli in questi anni; non tanto per l’intuizione, sulla quale a mio giudizio merita approfondire, bensì sul fatto che una decisione politica di tale portata non potesse non avere un’efficacia generale a dispetto dell’unidirezionalità che invece chiedeva Tsipras in favore della sola Grecia. Il valore generale della proposta politica comunque c’è tutto e desidero quindi spiegarmi meglio:
1) La crisi mondiale, prima finanziaria e poi economica, la si può aggredire esclusivamente con una politica keynesiana di investimenti in grado di rilanciare l’occupazione.
2) Il mantenimento di condizioni favorevoli all’investimento da parte della BCE non appare come un volano sufficientemente performante per innescare il sistema economico.
3) Molti stati nazionali, l’Italia fra questi, si portano un fardello di debito pubblico pesantissimo che impedisce un rilancio significativo – come invece ve ne sarebbe bisogno – in investimenti pubblici.
4) In questo quadro generale rimettere al centro dell’azione europea, come è stato recentemente fatto su spinta principalmente di paesi come l’Italia e la Francia, le politiche di crescita economica e del lavoro è quindi fondamentale.
5) Perché allora non pensare a disegnare politicamente un nuovo orizzonte – quello che provo a declinare dalle parole di Tsipras – lungo il quale, non dico di procedere alla cancellazione, come fu fatto a cavallo della fine dello scorso millennio per i paesi in via di sviluppo, ma ad un alleggerimento generalizzato del debito pubblico dei paesi europei in grado di liberare energie fresche tali da consentire l’avvio di una sorta di nuovo piano Marschall capace, in questo caso, di ricostruire l’Europa dalle “macerie economico-finanziarie” in cui la crisi mondiale l’ha fatta crollare.
6) La portata di questa operazione non potrebbe essere pertanto accettabile, se accordata in favore di un singolo stato membro, ma avrebbe assoluta dignità politica nel caso in cui venisse deciso per una sorta di mutualità europea in grado di liberare risorse capaci di rilanciare la crescita e l’occupazione.
Più la ripartenza si mostra lenta e non strutturale purtroppo e più penso che vi sia bisogno di un salto di qualità nelle politiche economiche europee. In questo senso condivido l’idea di Tsipras e di chi sostiene la necessità di rimettere al centro dell’agenda politica continentale la crescita: l’Europa riprenda in mano il suo futuro, il momento deve essere questo.
Bene poter ristrutturare i debiti, ma dovrebbe accadere anche per i cittadini. E se la legge è uguale per tutti…
Di Oriano Bartolomei
La questione del colossale debito pubblico della Grecia appare oggi come uno dei problemi più urgenti che l’Europa deve affrontare.
Il cuore della questione rimane la sostenibilità dello stesso. Paurosamente vicino alla soglia del 175% sul PIL, anche dopo il primo haircut (taglio selettivo), ammonta complessivamente a 315 miliardi di euro. Di questi, circa 60 miliardi di euro sono stati erogati da Banca Centrale Europea (BCE) e dal Fondo Monetario Internazionale (FMI). 190 miliardi circa invece provengono dal piano di aiuti degli Stati europei e dai fondi Salva-Stati, Il resto sono bond emessi sul mercato e comprati da privati.
Se da una parte il nuovo governo greco si rifiuta di applicare la ricetta di risanamento dei conti pubblici, richiesta dai partner internazionali, dall’altra cerca di ottenere nuovi sconti sul debito pregresso.
Questo atto di rivolta verso la politica di austerità portata avanti dalla Unione Europea è stato salutato con soddisfazione da molti esponenti del Governo e della sinistra italiana (Renzi, Padoan e particolarmente Fassina) consapevoli che anche noi stessi potremmo trovarci tra non molto nella stessa identica situazione.
Perchè, parliamoci chiaro, l’ Italia è già da circa 3 anni tecnicamente fallita.
Il debito statale aumenta al ritmo di circa 350 milioni di euro al giorno (700 miliardi circa del vecchio conio) che fanno 14,58 milioni all’ ora, 234.300 euro al minuto, 3.905 euro al secondo. Avete capito bene! Questo solo di aumento. Pensate se si dovesse poi ridurre l’ammontare complessivo di 2.160 miliardi di euro circa, calcolato a fine novembre dalla Banca d’Italia! A inizio 2013 era 1907 miliardi di euro.
Martedì 3 febbraio, durante la conferenza stampa a seguito dell’incontro tra il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e il premier greco Alexis Tsipras, il capo di governo italiano ha scherzosamente regalato una cravatta al suo omologo ellenico. Non sappiamo se donandogliela gli abbia detto “stai sereno”.
Certamente due giorni dopo, una volta appreso del siluro inviato dalla BCE (da Draghi, per intenderci), alle banche greche sulla revoca della possibilità di accedere a finanziamenti di denaro a breve dando a garanzia titoli di Stato Ellenici il nostro “rottamatore” si è così espresso: la decisione della Bce sulla Grecia? “E’ legittima e opportuna“.
Il povero Tsipras credo possa aver pensato “Forse mi avrà regalato la cravatta per impiccarmi? Non per niente qualcuno mi aveva detto che ‘stai sereno’ non porta bene!”.
Nel frattempo il popolo greco muore letteralmente di fame, portato a questa condizione da decenni di un tenore di vita al di sopra delle proprie possibilità, finanziato, a debito naturalmente, da una classe politica corrotta, incompetente, irresponsabile.
Una storia che ricorda molto la nostra. Signori! Non c’è destra nè sinistra. Tutti hanno contribuito al risultato.
Intanto è stato dato un po’ di ossigeno alla Grecia con vaghe promesse di un allungamento dei termini del rimborso del debito legate a tutta una serie di impegni già assunti e da assumere. Tsipras, dopo aver fatto la voce grossa, si è dovuto letteralmente “calare le braghe” e accettare condizioni che mai avrebbe pensato di dover alla fine subire. Il ragionamento è molto semplice. Chi ha contratto dei debiti, li deve pagare e li deve pagare tutti.
Personalmente mi auguravo che il debito greco fosse ristrutturato. Sarebbe stato salutato come una grande vittoria anche dai nostri politici vista la nostra situazione. Peccato però che i medesimi, al pari della BCE e della troika europea con la Grecia, usino lo stesso metro con i loro cittadini. Che vuol dire?
Concittadini, quando siete in difficoltà a pagare IMU, TARI, TASI, IVA, IRPEF, pensate che lo Stato, la Regione, il Comune capiscano le vostre ragioni,soprattutto se siete, come tanti, in difficoltà economiche? Al massimo Equitalia vi aumenterà il numero delle rate. Naturalmente le sanzioni per il mancato o ritardato pagamento non vi saranno risparmiate. Nel giro di pochi anni vi sarà tutto pignorato e quindi non avrete più nulla da pagare
E una volta di più verrà disattesa la Costituzione e in questo caso l’art. 53 che recita:
“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
Cribbio direte! Ora questo torna fuori con la Costituzione! Ma la verità è che la Costituzione si applica quando fa comodo a loro, mica a noi! Che dire ad esempio del mantenimento delle pensioni d’oro e dei vitalizi? Che dire della rotazione dei Presidente della Corte Costituzionale, organo che, notate bene, dovrebbe salvaguardare l’applicazione della stessa?
[I giudici della Corte Costituzionale si danno una mano tra loro per dare una spinta in più alla remunerazione pensionistica a fine carriera. Gli ermellini in pratica a rotazione, anche breve, cambiano il presidente della Corte per regalargli il titolo più prestigioso prima che giunga il tramonto professionale. Nulla di strano se non fosse che il quinto comma dell’articolo 135 della Costituzione recita: “La Corte elegge tra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla legge, il Presidente, che rimane in carica per un triennio, ed è rieleggibile, fermi in ogni caso i termini di scadenza dall’ufficio di giudice”. Dunque secondo Costituzione il presidente dovrebbe cambiare ogni 3 anni, o quanto meno rieletto anche per un secondo mandato dopo 36 mesi. Le cose invece vanno in maniera completamente diversa. La poltrona da presidente con relativa pensione fa gola a tanti e allora bisogna accontentare tutti. Così dagli Anni Ottanta la norma è stata aggirata per un tornaconto personale. Libero, 21 giugno 2013]
Alla prossima…
Tag: Nicola Boggi, grecia, politica, Oriano Bartolomei, pari e dispari, debito pubblico, ue
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