“Più giornalismo e meno ideologia” si è svolto sabato all’interno della sala conferenze della biblioteca Fratelli Rosselli di Barga. E’ stato un incontro dove la figura del grande giornalista di origini lucchese, Arrigo benedetti, è stata ricordata attraverso la presentazione di una pubblicazione con una delle maggiori massime con cui il grande cronista si raccomandava ai suoi colleghi di redazione: “Più giornalismo e meno ideologia”, per l’appunto. Giovanna Stefani, assessore alla cultura del Comune di Barga, dal banco dei relatori, dopo aver ribadito il legame tra il giornalista e la cittadina che rappresenta, ha così dato inizio alla giornata: “Da anni il Comune sta promuovendo una nuova sensibilizzazione alla lettura della carta stampata, e dei nuovi media, infatti, dal 2011 abbiamo istituito questo premio dedicato a un giornalista che durante l’anno e agli studenti che scrivono articoli”. Ma come poi ha accennato senza sbilanciarsi sulla prossima edizione del premio Arrigo Benedetti: “Stiamo pensando ad una grande novità che avvicini ulteriormente il giornalismo a Barga, ma non posso sbilanciarmi più di tanto”. A sottolineare ulteriormente la figura di Benedetti, giornalista, è stato Anrea Giannasi, ricordando che dalla sua scuola fatta soprattutto sul campo e nelle redazioni, sono passati tutti i più grandi giornalisti attuali. Una figura, quella di Benedetti, molto particolare e anche sopra le righe ricordato con un aneddoto raccontato da Daniele Protti, ultimo direttore de L’Europeo, settimanale ‘attualità fondato da Benedetti nel 1945: “Io non ho mai conosciuto personalmente Arrigo, ma molti suoi colleghi mi hanno raccontato che se un pezzo non gli piaceva lo accartocciava davanti al giornalista che l’aveva scritto”. Nel 1954, fu lo scopritore di Oriana Fallaci attrverso la pubblicazione di un suo articolo sull’Europeo. Questo per dire che ciò che Benedetti voleva passare sui giornali da lui diretti era prestigio e raffinatezza della notizia, caratteristiche che secondo Protti, oggi non esistono più nella professione di giornalista; e ciò lo ha detto nel momento in cui ha spiegato ai presenti il modo in cui Benedetti faceva lavorare il suo team in particolar modo all’Europeo, giornale prettamente d’inchiesta: prima che un pezzo venisse pubblicato, questo doveva nascere dopo un’attività di ricerca e studio delle fonti sul campo e poi, incoronato infine da una, o una serie, di immagini fatte da un grande fotografo. Molti di questi, poi, sono diventati mostri sacri dell’arte fotografica. Oltre al racconto di aneddoti legati al giornalista, vera protagonista è stata la pubblicazione antologica, edita Aragno, curata da Alberto Marchi di “Centro Europeo di Studi Arrigo Benedetti”. L’opera, che ripercorre la vita giornalistica di Benedetti, è stata impreziosita da saggi introduttivi di Eugenio Scalfari e Carlo Gregoretti. “Fare l’antologia -spiega Marchi- è stato come fare un duplice viaggio: nella storia di Benedetti ed in quella dell’Italia del periodo degli articoli selezionati, ovvero 1945-1976. Questa pubblicazione non si limita solo al suo apogeo, L’Espresso e L’Europeo, ma arriva anche a quel periodo, abbastanza politicamente criticato, in cui si mise a scrivere per Paese Sera”. Una carriera, una vita, quella di Arrigo Benedetti, partito da Lucca a 27 anni e andato a Roma per rincorrere il suo sogno: diventare un giornalista; un grande giornalista. E così fu. Tant’è che a un incontro, dalla parvenza dedicato a un pubblico specialistico, a partecipare è stato un nutrito e variegato pubblico che, a fine giornata, ha fatto accendere un vivace dibattito sulle attuali mosse che il giornalismo italiano sta prendendo.
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