Yes Scotland / No Thanks – tra poche ore la Scozia deciderà per l’indipendenza

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“Dovrebbe la Scozia essere un paese indipendente?” Con questo quesito 4,2milioni di elettori, almeno 100mila di origine italiana, giovedì 18 settembre avranno la possibilità di scegliere il futuro della loro nazione, dal 1707 annessa al Regno Unito. Ed il dibattito è aperto ormai da settimane con incredibile equilibrio nelle previsioni.

La Scozia ha davanti a sé un’opportunità storica e non se la farà sfuggire” Sostiene Alex Salmond, primo ministro del governo autonomo scozzese e uomo forte del fronte indipendentista.

Vi prego, non fate a pezzi questa famiglia” Ha risposto il premier inglese, David Cameron, durante il suo ultimo comizio ad Aberdeen tenuto nel tentativo di salvare la Gran Bretagna da una storica rivoluzione: quella che potrebbe vedere l’affrancarsi della Scozia dalla gestione di sua maestà, una questione di secoli che tra un paio di giorni potrebbe trovare una soluzione.

Per il momento i “poll”, i sondaggi pre-elettorali, non riescono a prevedere quale sarà il risultato, tanto sono proporzionati i due fronti opposti, entrambi animati da fortissime motivazioni.

“Nessuno può governare la Scozia meglio degli scozzesi” sostiene il fronte dello “Yes Scotland” con il primo ministro Salmond, che sottolinea come il PIL pro capite della nazione sia più alto non solo di quello di Inghilterra ma anche di Francia e Giappone, sottendendo una ricchezza non più da spalmare.

“La Scozia si troverebbe fuori dall’Europa e dalla Nato squilibrando la sua tenuta e i pilastri dell’intera Europa” – sostengono quelli del “No thanks”, senza contare l’importante precedente che creerebbe e che potrebbe legittimare le richieste di indipendenza di Catalogna, Paesi Baschi, aree fiamminghe, magari anche del Nord-est di Italia.

Immense le conseguenze in caso di sì, altrettanto importanti le ripercussioni in caso di no. Venerdì, all’indomani della chiamata alle urne, sapremo.

Intanto possiamo dirvi qual è, con relativa certezza, la posizione dei nostri concittadini in Scozia, molti riunitisi nel comitato “Italians for Yes” al fine di avere “Scotland’s future in Scotand’s hands”.

Fanno parte del fronte del sì, quello “indy”, tra gli altri, i bargoscozzesi Sergio Casci e Alessandro Nardini che, in accordo con l’idea del gruppo, non hanno dubbi: gli Italiani hanno fatto molto per far crescere questa nazione ed è tempo, ora, di darla in mano al suo popolo per poterla amministrare liberamente e far fiorire il suo potenziale.

Scrive Sergio Casci, giornalista e filmaker di Glasgow:
“Gli italiani compongono una delle più antiche e meglio radicate comunità, con oltre 100mila scozzesi di origine italiana. I primi emigranti lasciarono le loro povere case a partire dall’Ottocento attraversando l’Europa a piedi per inseguire il sogno di una vita migliore. Per molti di loro questo si avverò in Scozia. Lavorarono duro, misero su famiglia ed in pochi anni non ci fu più una città o un villaggio che non avesse una gelateria o un “chippy” gestito dai nuovi arrivati. Oggi i discendenti di questi italiani sono di ogni estrazione sociale e primeggiano nel business, nei media, nello sport e nelle arti.

E molti di loro voteranno “Sì” al referendum per l’indipendenza scozzese del 18 settembre. Lo vediamo come un attestato di fiducia nella nostra nazione e nella sua gente. Crediamo che sia profondamente meglio per tutti noi se le scelte per il futuro della Scozia saranno prese da chi le vuole più bene, ossia da chi che vive e lavora lì.
La comunità italiana qui è fiorita ed è divenuta parte integrante del tessuto socio-economico della scozia moderna. Gli “Italians for yes” credono che il sì sia la migliore strada per permettere a tutte le comunità di fiorire ed assicurare ai nostri figli e ai nostri nipoti la possibilità di poter esprimere tutto il loro potenziale.”

Dello stesso avviso Alessandro Nardini:
“Per generazioni questo paese ha accolto gli immigrati provenienti da tutto il mondo offrendo loro la possibilità di una vita migliore. La prima ondata di italiani è arrivata qui nel 1860 e continua oggi giorno. Sì, ci sono stati alcuni momenti difficili, ma alla fine ci siamo riusciti.
Eravamo alla ricerca di più o meno delle stesse cose: quanto di meglio per la nostra famiglia, giustizia sociale, servizi pubblici.
Ma poi le cose sono cambiate. Il Palazzo di Westminster ha imposto leggi che non volevamo, promulgate da un governo per cui non abbiamo votato.
La Scozia è una nazione giovane, abbastanza ricca e con un grande potenziale. Possiamo scegliere l’indipendenza con fiducia e con uno sguardo al futuro.
Il “sì”, è solo l’inizio e naturalmente ci sarà un periodo di transizione e di difficoltà. La strada sarà lunga, ma ci arriveremo. L’alternativa è il sonnambulismo impostato da Londra. Oggi il Regno Unito ha una delle più grandi disparità di ricchezza in Europa, e per me questo non è giusto.
Sono convinto che le persone che vivono qui, nel nostro piccolo paese, sono le persone ideali per prendere le migliori decisioni per la Scozia.
Una cosa è certa, sia che sia “sì” o “no” , c’è stata una grande fioritura della democrazia nel nostro paese. Persone provenienti da tutti i ceti sociali sono state coinvolte e sarà valida la loro decisione e non quella dei politici. È il popolo di Scozia, non il petrolio, la più grande ricchezza.
Eleanor Roosevelt ha detto che il futuro appartiene a coloro che credono alla bellezza dei propri sogni. Giovedì sarà il momento di rendere questo sogno in realtà. È davvero l’ora di una nuova Scozia, di una nuova Alba.”

Dunque italiani compatti verso l’indipendenza? Non esattamente, dato che c’è anche chi è fermo sul “no”, e con ottime motivazioni.

Uno di loro è il bargo-scozzese Michael Maloco che, assieme a centinaia di altri italiani, esprimerà un “enorme” no. Il motivo è presto detto: “Credo che ci siano più cose che ci uniscono piuttosto che ci dividono – ci scrive Maloco, che continua – Questo referendum è una follia in un momento come questo, in cui minacce globali ci si pongono davanti. L’aspetto dell’economia nel contesto dell’indipendenza è stato accantonato dai maggiori media nazionali mentre gli esperti di economia, finanza, commercio e industria supportano in massa l’unità e avvertono del l’immenso pericolo che potrebbe correre la Scozia indipendente, non ultimo per il rapporto con l’Europa. I piani monetari per l’indipendenza sarebbero un disastro. Come può una nazione essere davvero indipendente avendo i tassi di interesse decisi da un altro stato con una politica economica diversa? Ha funzionato in Italia con l’euro?
La Scozia non è pronta per l’indipendenza. Gli scozzesi sono un grande popolo e tra loro, grandi sono i traguardi raggiunti dagli italiani e dai barghigiani. È chiaro che insieme siamo più forti.”

Ma i “No thanks” amano comunque la loro nazione al pari degli altri. E non vogliono certo lasciarla a languire con leggi dettate da Londra: “Quello che noi del fronte del No vogliamo affermare, non è però l’immobilismo – specifica ancora Maloco – in Scozia abbiamo un governo separato che ha quasi un regime federale e questo ci darà poteri maggiori. Dobbiamo quindi cogliere il cambiamento e seguire un programma di centro-sinistra evitando l’indipendenza ma mantenendo la sicurezza del Regno Unito, che è ancora un grande protagonista nel panorama mondiale, cosa che non sarebbe per la sola Scozia. Credo che non avendo una nostra marina militare e con un esercito di soli 8mila uomini (dei quali attualmente solo 2600 sono attivi in combattimento), non potremmo proteggere adeguatamente una nazione di quasi 5milioni di persone da questo mondo pericoloso.”

Argomentazioni quanto mai condivisibili da entrambe le parti, fortemente sentite anche dai “nostri” bargo-scozzesi che, per il fronte del sì sostengono: “noi immigrati abbiamo contribuito allo sviluppo di questa nazione, possiamo ora affrancarci e farla diventare ancora più grande” mentre per i “no thanks” ribattono: “abbiamo fatto una grande nazione lavorando tutti uniti, non vanifichiamo lo sforzo dei nostri padri”.
È evidente che, una posizione netta, è difficile da prendere.

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