Vogliono che sia fatta chiarezza. Vogliono sapere il perché la fede nuziale del loro congiunto, deceduto nel reparto di anestesia e rianimazione dell’ospedale di Lucca il 29 gennaio scorso, non è stata mai ritrovata.
Così il figlio Alessandro e la madre Rosalia Bacelli residenti a Fornaci di Barga, hanno scritto una lettera al direttore generale dell’ASL 2 Antonio D’Urso ed al responsabile del reparto, Ferdinando Cellai dopo la morte del loro caro, Carlo Guelfi.
Nella lettera madre e figlio denunciano la scomparsa della fede nuziale, avvenuta nel reparto di rianimazione. “Carlo Guelfi – scrivono – era ricoverato nel reparto dal giorno 21 gennaio e nel giorno del decesso abbiamo richiesto al personale la consegna della fede nuziale che egli non aveva più al dito al momento in cui è stato trasferito in obitorio. La fede non aveva un gran valore economico ma ne aveva uno molto più importante: era il simbolo di un matrimonio durato 54 anni e mia madre avrebbe voluto poterla indossare in ricordo di mio padre”.
“Ci è stato risposto – continuano – che la fede era stata tolta dal personale del turno precedente, che era stata riposta in un sacchettino e appoggiata sul porta oggetti alle spalle del letto di rianimazione in cui si trovava il nostro caro, ma lì la fede non c’era. Successivamente la fede è stata cercata senza successo anche nella cassaforte del reparto. A quel punto ci è stato consigliato di richiamare il giorno successivo e così abbiamo fatto. In quell’occasione ci hanno informato che non era stata trovata e di provare a telefonare dopo qualche giorno. A distanza di una settimana abbiamo telefonato di nuovo e stavolta ci è stato risposto in malo modo; che la fede non c’era e che se volevamo potevamo richiedere un’ispezione”.
Così Alessandro Guelfi e la madre Rosalia hanno richiesto al direttore generale di fare quanto prima chiarezza sull’accaduto e nel caso di avviare appunto una ispezione:“ dato che è fatto obbligo al personale ospedaliero – scrivono – conservare in sicurezza tutti gli effetti e oggetti personali dei pazienti e di consegnarli al diretto interessato o ai loro familiari”.
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