In questi ultimi anni la storia di Barga sta vivendo una stagione molto interessante, con pubblicazioni che ne stanno analizzando diversi aspetti. Un percorso che, traendo linfa dal passato, cioè inserito nel solco tracciato in diversi tempi da attenti studiosi, oggi si presenta con la novità di un più incisivo approfondimento.
Un nuovo approccio che ha portato alla luce un passato di Barga poco noto o del tutto sconosciuto. Per esempio il Duomo di Barga, indagato nel libro della Polisportiva Valdilago di Barga “Duomo di Barga, Storia, Arte e Spiritualità nei primi tre secoli dopo il Mille” del 2010, poi tradotto anche in Inglese nel 2011, in cui sono pubblicati gli atti del convegno che la stessa Polisportiva Valdilago organizzò a Villa Moorings nel 2010.
Così nel libro di Mauro Zedda del 2012 “Monte Forato e il Duomo di Barga”, in cui l’autore, prima rivisitando architettonicamente il monumento religioso, poi tracciandone il suo sviluppo evolutivo, di seguito ci invita a riflettere sulla sua stretta connessione con il Monte Forato. Elemento naturale tenuto mirato come uno gnomone cui riferirsi per i tramonti solari e lunari, utili per il calcolo del tempo, questo sin da quando quel sito ospitava i Liguri-Apuani, che a loro volta potevano vedervi tramontare anche la stella Sirio, astro che ha relazioni con il culto di S. Cristoforo.
In precedenza altri due libri avevano aperto questo tipo di studi. Nel 2007 Pier Carlo Marroni con “Il Duomo di Barga”, in cui sono evidenziate le sculture esterne e altre cose. Nel 2009 Stefano Borsi, docente di storia dell’architettura alla Seconda Università di Napoli, con la pubblicazione del suo libro “Le origini di Barga e il culto di S. Cristoforo”; oppure “Le antiche Misure di Barga” di Pier Giuliano Cecchi, edito da Garfagnana Editrice nel 2012. Altro lavoro interessante: “Maestri del legno a Barga” di Maria Pia Baroncelli del 2013, come “Le antiche Porte di Barga” di Pier Giuliano Cecchi e Pier Carlo Marroni del 2012, che con la successiva mostra, è l’argomento della presente intervista.
Altri sarebbero gli esempi di questa nuova vita per la storia di Barga e ci scusiamo per l’incompletezza dell’elenco, come le varie pubblicazioni di Don Silvio Baldisseri e altri lavori ma l’argomento, come dal titolo, ci obbliga a essere succinti.
Oggi del libro “Le Antiche Porte di Barga” edito dalla Polisportiva Valdilago di Barga – che vede la preziosa presentazione del prof. Stefano Borsi – si ha la possibilità di gustarne i risultati grafici tramite la mostra allestita a Villa Gherardi nel dicembre 2013 e visibile sino a tutto gennaio 2014, qui riproposta dopo il bel successo avuto nell’allestimento realizzato nella passata estate al Giardino nell’ambito delle feste “Aspettando S. Rocco”.
Ovviamente alla mostra di Villa Gherardi non è mancata la visita del prof. Stefano Borsi che alla nostra richiesta di un’intervista si è subito mostrato molto disponibile a rispondere ad alcune domande per meglio capire quale sia la valenza del libro e della stessa mostra, come in genere di questi studi e le prospettive che si possono avanzare per Barga.
Qual è per Lei l’importanza del libro “Le Antiche Porte di Barga” e oggi della mostra allestita dalla Polisportiva Valdilago di Barga a Villa Gherardi?
Si tratta di un contributo intelligente, che valorizza un aspetto poco noto della storia della città. In realtà le difese urbane sono un libro aperto di continui interventi, di adeguamenti a tecniche di guerra in rapida evoluzione. Le porte, inoltre, sono il diaframma tra dentro e fuori e assolvono anche altri compiti: comunicano l’immagine di Barga, tutelano la pubblica sicurezza, regolano i flussi daziari e la vita sociale ed economica della comunità. La mostra riassume il tutto con la forza delle immagini, ricostruendo l’assetto tre-quattrocentesco delle tre antiche porte, di cui una –quella di Borgo- scomparsa a inizio Ottocento. Il volume ne ripercorre l’intera vicenda con ricca documentazione.
La storia di Barga quanto può influire sullo sviluppo turistico del territorio?
Senza la conoscenza del passato non vi è futuro. Questo è particolarmente evidente in molte cittadine, dove ai segni di un ricco passato si sovrappongono le incertezze di una dimensione economica recente. Il turismo è una carta preziosa, ma va inserito in una visione sistemica, supportato da adeguate risorse e strategie di comunicazione. Nel nostro caso, la valorizzazione delle antiche mura di Barga può rappresentare un valore aggiunto. Conservazione, tutela, valorizzazione turistica, tutto passa da un condiviso riconoscimento di valore.
Lavori di questo tipo contribuiscono all’identità della Comunità?
Assolutamente sì. La valorizzazione dei luoghi passa attraverso il senso di appartenenza, e questo si alimenta di conoscenza dell’identità delle proprie radici storiche. Le mura, inoltre, rappresentano l’icona di una città storica e, come già sapevano gli antichi, hanno un valore identitario molto forte.
Quali sono secondo Lei i temi della storia di Barga non ancora sviluppati o da continuare a indagare?
Molto resta da fare – per fortuna degli storici – e già nel mio volume del 2009 molti temi erano affrontati in modo prospettico, in attesa di futuri approfondimenti. Ci sono altri aspetti che meritano attenzione: il ruolo avuto dalla montagna bargea nello sviluppo della repubblica marinara di Pisa, la vita confraternitale prima e dopo la Controriforma, la viabilità transappenninica e l’economia di montagna, il reperimento dei materiali con cui Barga è stata costruita, l’epopea manierista del diaspro locale (estrazione, distribuzione, lavorazione), le provvidenze antisismiche attraverso i secoli (prima del tragico 1920), la vita economica a cavallo dell’unità d’Italia, i restauri alle chiese cittadine e al Duomo in particolare, la ricostruzione dell’assetto della città all’epoca degli statuti trecenteschi, solo per fare alcuni esempi.
Lei Professore che ha partecipato su invito della Polisportiva Valdilago di Barga al convegno sul Duomo di Barga nel 2010, poi alla pubblicazione degli atti, anche in lingua inglese, cosa può dirci ancora del monumento alla luce di una riconsiderazionedelle fasi evolutive (Zedda), come del culto di S. Cristoforo?
Qui il discorso si farebbe lungo. Il Duomo attende ancora uno studio approfondito, e speriamo di arrivarci presto mettendo insieme le competenze e l’impegno appassionato di molti. L’evoluzione del Duomo passa in ogni caso da una continua rimodellazione della viabilità d’accesso, e in definitiva da un costante ripensamento del tessuto urbano: non è un argomento a sé stante, ma uno dei nodi principali della storia borghigiana. Sul culto di san Cristoforo sto continuando a lavorare, e presto forse pubblicherò un saggio specifico sull’argomento. Il ruolo della diocesi di Lucca e di Barga, posso anticipare, appare in questo contesto un fatto di grande importanza, ben oltre l’ambito della storia locale.
Secondo Lei la mostra su “Le antiche Porte di Barga” allestita a Villa Gherardi, meriterebbe di essere presa in considerazione quale permanente appendice del Museo Civico?
Direi che il suo esito naturale sarebbe proprio quello, o collocata nella sede della Biblioteca o in quella del Museo. In ogni caso, è un contributo agile ma significativo alla ricostruzione storica di un aspetto importante della città. Non si tratta solo d’informazione turistica, peraltro benemerita, quanto di un messaggio educativo rivolto soprattutto ai giovani di Barga. Saranno loro a raccogliere il testimone, e farsi carico in futuro della conservazione e valorizzazione della loro città; ma perché ciò avvenga, occorre che il messaggio sia trasmesso dalle generazioni precedenti, e che sia trasmesso in modo accattivante e accessibile. Proprio come nel caso dei rendering delle ipotesi ricostruttive esposte nella mostra.
Tag: biblioteca, polisportiva, duomo di barga, antiche porte di barga, mostra
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