Il 5 dicembre 1953 moriva Maria Pascoli, la “dolce sorella” del noto Giovanni. A Castelvecchio tutti la chiamavano familiarmente Mariù. Sono passati cinquant’anni dalla sua morte. Era sopravvissuta al fratello di oltre quarant’anni durante i quali conservò la sua memoria. Sempre nel suo eremo di Caprona. Era come una antica vestale, una specie di protettrice per la gente del posto. Forse è anche per questo che dopo oltre mezzo secolo qui, a Barga, e nella Valle la ricordiamo con tanto affetto come dimostra la significativa mostra-ricordo inaugurata in occasione dell’anniversario della morte a Casa Pascoli e sabato mattina al Museo Stanze della Memoria.
Vogliamo bene a Mariù e Giovannino, tanto da difenderla strenuamente quando Cesare Garboli con alcune tesi abbastanza banali andava in giro a raccontare di un nido ricostruito in cui fratello e sorella potevano darsi a libidinose attività incestuose. In quegli anni, erano i primi duemila, l’allora sindaco di Barga Umberto Sereni si impegnò in una strenua battaglia per non macchiare l’immagine del poeta, della sorella e della nostra Valle.
Ha detto Sereni: “Organizzammo un importante evento e, ora, a qualche anno di distanza, possiamo dire di aver vinto questa battaglia giusta che dovevamo oltre che a noi stessi a Giovanni Pascoli e sua sorella. Una donna straordinaria: uno spirito d’acciaio in un corpo di passerotto. Silenziosa, dolce, stupenda. Un dovere e un piacere ringraziarla e ricordarla. Piccola e minuta ma con quella forza che solo le donne riescono ad avere. Se Pascoli ora riposa nella nostra Valle lo dobbiamo a lei”.
Già, perché ora sembra tutto semplice ma all’epoca non fu così: Barga poteva perdere il suo Poeta.
Poche ore dopo la morte di Giovanni, infatti, in molti, come ha ricordato Sereni, “non ebbero rispetto della sua morte cominciando a tirare la bara”. Ma Mariù fu decisa, irremovibile. Suo fratello sarebbe stato sepolto sul colle in cui avrebbe potuto mirare lo scorrere tranquillo del Serchio e il profilo della Pania.
“Mariù- ricorda Sereni- chiuse il conto quando qualche mese dopo, in occasione dei funerali di Pascoli, curò l’uscita di una pubblicazione con un discorso e un articolo scritti dal Poeta in cui si spiegava le ragioni per cui voleva essere sepolto in Valle. Il discorso era quello che aveva tenuto in occasione della concessione della sua cittadinanza onoraria, l’articolo, invece, un testo molto importante per capire la poetica Pascoliana scritto per il giornale argentino La Presa: Un paese d’onde si emigra. Meditazioni d’un solitario. Un articolo che certi studiosi dovrebbero leggere e approfondire invece di guardare dal buco della serratura!”.
Alla presentazione di sabato mattina non poteva mancare Gian Luigi Ruggio grande conoscitore e conservatore di Casa Pascoli che ha approfondito, a nostra richiesta, in maniera efficace la figura della sorella. Ci ha detto: “Mariù aveva capito bene che non avrebbe potuto stare lontano dal fratello un vero e proprio genio della poesia. Uno dei nomi più importanti della letteratura di tutti i tempi. Un colosso, però, con i piedi d’argilla. Pascoli, era infatti una persona priva di qualsiasi senso pratico della vita”.
Per esempio, secondo Ruggio anche la storia dei matrimoni naufragati non sarebbero andati certo in porto per oscure trame della sorella che anzi sarebbe stata contenta di vederlo accasato ma per la mancanza di garanzie che Giovannino dava tutto preso dai suoi studi.
“Quindi- sottolinea Ruggio- l’apporto morale e affettivo della sorella fu fondamentale per l’ispirazione e la creatività del fratello che solo se era tranquillo riusciva a scrivere. Per tutta la vita Mariù cercò di impedire problemi o notizie che avrebbero potuto turbare la serenità del fratello anche andando a frugare nella sua posta e stracciando, nel caso, l’eventuale lettera. Mariù, fondamentalmente, sostituiva quella madre che avevano perso in giovanissima età pochi mesi dopo la tragica morte del padre Ruggero”.Ruggio fa notare, inoltre, un’altra cosa di fondamentale importanza: “senza di lei non conosceremmo Pascoli come persona: è solo grazie a lei se ne conosciamo la vita attraverso documenti e una fitta corrispondenza con personaggi noti e non.”
Ma, in fondo, lo aveva annunciato in vita Giovannino ad Angelo Ottolini nel 1902: “sarà Mariù a scrivere la storia della mia vita”. Così andò, non poteva essere altrimenti.
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