Si è svolto nei giorni scorsi a Edimburgo il funerale del grande artista scozzese John Bellany, venuto a mancare il 29 di agosto scorso nella sua casa in Scozia.
Tanti i partecipanti alla cerimonia che si è tenuta presso la cattedrale di St. Giles , la più importante di Edimburgo. Durante la funzione non è mancato anche un elogio dell’Arcivescovo Mario Conti, a capo della Diocesi cattolica di Glasgow, , amico ed estimatore dell’artista.
Tanta la gente, tantissime le autorità ed i personaggi più importanti di Scozia a cominciare dal Primo Ministro, Alex Salmond, il presidente della Royal Academy, Arthur Watson, personaggi del cinema e della televisione, tra i quali la famosa giornalista Joan Bakewell.
Non sono mancati anche alcuni amici di Barga alla cerimonia. Tra quelli di cui ci giunge notizia Michael Biagi, che ci ha fornito questo resoconto oltre ad una immagine dei funerali, e che sicuramente è stato colui che ha introdotto Bellny alla Valle del Serchio, ed il sindaco di Molazzana, Rino Simonetti.
Toccanti le parole pronunciate in ricordo di Bellany dai figli e dall’amico di università e Preside della Glasgow School of Art, Sandy Moffat, che raccontato la storia della vita, spesso tormentata, ma ugualmente eccezionale, di Bellany.
In occasione della breve cronaca dedicata al funerale, pubblichiamo questo articolo di Nazareno Giusti che riporta il ricordo di Bellany tracciato dal prof. Umberto Sereni.
I rapporti con Barga e la Valle del Serchio e l’importanza dell’artista spiegati da Umberto Sereni
Bellany? Fu grande come il Pascoli
“Fu grande come Pascoli” è questo il vertiginoso paragone che il professore Umberto Sereni si è sentito di fare a pochi giorni dalla morte di John Bellany, suo amico e grande pittore, tra gli artisti contemporanei più apprezzati e quotati. Bellany, come tutti sanno, da anni aveva scelto la Valle del Serchio per (ri)vivere. “Cercavo la vita e l’ho trovata” diceva il pittore scozzese che si definiva “marinaio dell’anima”. Da quando viveva in Valle la sua pittura era rinata: un’esplosione di colori che tutti i più grandi studiosi e critici della sua opera hanno evidenziato: il periodo barghigiano fu per lui una svolta, fondamentale.
Parte del merito di questa sua metamorfosi era dovuta anche all’ex sindaco con il quale, come dicevamo, nel corso degli anni strinse una vera, intensa e fraterna amicizia. Ora, che il “marinaio” è partito per i mari ignoti e a noi ancora inconoscibili, per il Professore, che è rimasto sulla terra ferma, è il tempo del ricordo. Giusto e doveroso. Ma prima che la mente si lascia andare nel dolce tempo ci deve essere spazio, soprattutto, per chi rimane nel dolore di una perdita immensa. E allora, Sereni, rivolge un pensiero affettuoso alla moglie Helen: “sostegno della sua vita che lo ha riempito di tenerezza e dolcezza. Deve sapere che in questo duro tempo gli siamo vicini”.
Sereni e Bellany si erano conosciuti alla fine dello scorso secolo. Il pittore era reduce da un trapianto di fegato e, in preda a un “ansia di vita”, cercava un posto dove vivere e lavorare, in armonia. Ricorda Sereni: “Grazie al comune amico Michael Biagi venne a Barga e disse: questo è il posto che cerco! Mi raccontò in seguito che aveva sentito come una vibrazione, un segnale. Capii subito, sin da quando me lo presentò Michael, la sua importanza”.
Poi, nel Natale 2001, il sindaco Sereni, andò in Scozia, a Glasgow: “Incontrai il sindaco, Alex Mosson, volevo coinvolgerlo, farlo venire a Barga, il discorso finì su Bellany, suo grande amico. Io gli dissi: quest’estate noi facciamo una mostra di Bellany, potrebbe venire a inaugurarla? Non era vero ma mi venne spontaneo, colsi l’attimo. Lui non ci pensò su due volte e disse: sì, certo. Così tornato in Italia mi misi a organizzare la mostra che si inaugurò l’estate successiva con il titolo “John Bellany nella Valle del Serchio: a New Provence”. Mosson, venne a inaugurarla e così partì il rapporto di gemellaggio con la Scozia. Nel 2004, realizzammo una grande mostra a Glasgow: “The enchanted land – La terra incantata. Luci e colori dei paesaggi di Puccini”, che rimetteva insieme tutta la pittura della Valle del Serchio che partiva da Magri e arrivava a Bellany. Fu la mostra lucchese più importante che si tenne in quelle terre dove ancora oggi è ricordata ancora”.
Sereni ora, con naturalezza e coscienza lo accomuna a Pascoli, “senza forzature” come tiene a precisare.
Spiega: “L’affinità di questi due artisti sono straordinarie e così tante da far pensare a una sorta di coincidenza: due grandi alla ricerca di un luogo di pace dove ritrovare il senso della vita che vengono in valle del Serchio. Fu così per Pascoli alla fine dell’Ottocento. Fu così per Bellany alla fine del Novecento. Entrambi trovano in Valle un collegamento con la terra forte e intenso, vero. Una cosa che sentono solo i grandi artisti. Coglievano dal sole, dall’aria, dalle gente di questa terra un giovamento fisico e spirituale. Una cambiamento quindi, profondo, irrimediabile. Vale per Pascoli, vale per Bellany”.
Sulla svolta barghigiana nella pittura di Bellany, spiega: “La pittura rimane la stessa, sono uomini donne paesaggi. Certo non sono più raffigurati navi i porti i pescatori della Scozia ci sono le montagne i campi le colline i borghi della Vale del Serchio. Ma ciò che cambia veramente è il colore. Da toni cupi e disperati a una vera a propria esplosione. Una potenza di vita trasmessa dai suoi quadri”.
Ma se è vero che questo è il tempo dei ricordi deve essere anche un momento per cominciare a pensare come ricordarlo fattivamente nei prossimi anni e su questo Sereni non ha dubbi:
“Ora tocca a noi. Ora ci si deve muovere, ci vuole una grande rassegna dedicata alla memoria di Bellany, a Lucca, alla Fondazione Ragghianti. Gli enti locali si uniscano insieme per promuovere una grande mostra per Bellany. Sarebbe bene si ripetesse addirittura la mostra “La terra incantata” che alla fine ripercorre la storia e lo sviluppo del paesaggio lucchese.
La mostra, alla fine, c’è già basta allestirla e organizzarla”.
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