È facile dire “uno, due, tre; click!” ma meno facile è rendere quello scatto opera d’arte sublime.
Oggi siamo subissati e quasi bombardati dal mondo effimero e fugace della fotografia da parte del mondo della moda, della pubblicità e dello spettacolo: è attraverso questi macrocosmi che ci vengono propinati i modelli e i canoni della bellezza da seguire. Se nell’antica Grecia il kouros e la kore erano la massima espressione della bellezza e dell’aspirazione nell’essere aristocratici, oggi, i modelli proposti sono quelli di ragazzi e ragazze emaciati, lontani dall’essere il “ritratto della salute”, ma resi “perfetti” attraverso tecniche di fotomontaggio che li fanno apparire irreali e terribilmente attraenti. Quali esempi ci vogliono propinare?
L’Apoxiòmenos di Policleto, il David di Michelangelo, la Venere di Botticelli, l’Afrodite di Prassitele, trasmettevano un modello di rettitudine; ma oggi cosa vogliono indurci a seguire i mass media? Tempo fa, Oliviero Toscani, scioccando tutto il mondo, uscì con una pubblicità su un maxi-cartellone il cui slogan era “No-anorexia”. L’immagine raffigurava una modella anoressica in una posa quasi sensuale, come contemporanea Olimpia o Odalisca, inducendoci a riflettere su come il business della moda e i media influenzino la società. Vogliamo farci abbindolare dalle pubblicità sul dimagrimento come ha analizzato di recente il quotidiano “Repubblica” in un recente servizio? Ognuno di noi può decidere se uniformarsi o rimanere semplicemente sé stesso e quella che sto facendo ora è l’analisi di una fetta oggi importante del mondo delle immagini. Ovviamente ogni cosa, come ogni arte, ha i suoi pro e i suoi contro e sta a noi scegliere gli aspetti da condividere o da seguire.
La fotografia è in un certo qual senso quell’attitudine nel riuscire a cogliere l’attimo, e mi piace sempre pensare all’uso di quella parte più irrazionale in un’arte dove il mezzo per scattare è una macchina razionale, fredda, metallica, nel quale molte volte subentra la fortuna, anche se sei uno tra i migliori. Tutto è impostato sul tempo e sulla sua fugacità, un po’ come Monet che si cimentò nella rappresentazione pittorica della cattedrale di Rouen in quattro fasi della giornata; difatti pittura impressionista e fotografia furono due rivali.
Tornando a quanto detto in apertura voglio citare un aforisma di Ansel Adams: “L’assoluta facilità con cui possiamo produrre un’immagine banale porta spesso ad una totale mancanza di creatività”; è forse questa la caratteristica che in maniera assurda divide pittura e fotografia e poter affermare che uno il talento ce l’ha o non ce l’ha senza addentrarci in discorsi sentimentalistici, ma puntando l’accento sulla facilità nello scattare e nella riproducibilità di massa della seconda.
Il fotografo, quello bravo, è grandissimo artista e riesce a far assurgere a status di arte quanto scattato nella frazione di un secondo. Esistono degli ottimi fotografi che hanno scattato in studio oppure altri che si sono prestati come fotoreporter prestando il loro lavoro alle migliori agenzie fotografiche di tutto il mondo e infine chi ha sempre ricercato l’essenza dell’arte nei suoi scatti.
Poche settimane fa stavo passeggiando in centro a Lucca e mi sono ritrovato in via della Fratta davanti al Lu.C.C.A. dove fino al 3 novembre sarà presente la mostra dal titolo “Henri Cartier-Bresson. Photographer”.
La particolarità è che non vi è un allestimento vero e proprio impostato da museografi perché l’intento è quello di presentare al visitatore l’interezza della produzione di uno dei più grandi fotografi di tutti i tempi che con la sua Leica riuscì ad imprimere sulla pellicola la vera essenza del “carpe diem”. La particolarità degli scatti di Cartier Bresson è di fermare il tempo nel momento esatto dell’azione come due amanti che si baciano oppure un salto davanti la Tour Eiffel portando così lo spettatore quasi a essere partecipe e voyeur. Questa attitudine da “spia” dell’attimo, deriva anche dal fatto che nel 1947 fu tra i cofondatori dell’agenzia Magnum, la quale fu tra le prime a scattare foto e a inviarle ai giornali mantenendo comunque il copyright su quanto immortalato, diffondendo attimi della storia recente in tutto il mondo. Si nota perciò questa attitudine da fotoreporter nei suoi scatti (già maturata negli anni precedenti) e perciò anche quella curiosità antropologica che caratterizza ogni viaggiatore. Cartier Bresson voleva far intuire l’essenza dell’attimo e di quello che stava scattando solo attraverso pochi frammenti, sia stesse raffigurando un momento in Romania come in India o stesse fotografando un personaggio famoso o un paesaggio; qui risiede la scelta nell’utilizzare una macchina compatta e non ingombrante come la reflex per lo scopo di riportare l’evento così com’è senza artifici. Premere l’otturatore per cogliere la luce e l’essenza di un momento: è questa la vera grandezza del grande fotografo francese. Concludo con una sua frase: “Fotografare è trattenere il respiro quando le nostre facoltà convergono per captare la realtà fugace; a questo punto l’immagine catturata diviene una grande gioia fisica e intellettuale”.
La mostra chiuderà i battenti il 3 Novembre 2013.
Per informazioni: Lu.C.C.A – Via della Fratta 36. Lucca / www.luccamuseum.com
Tag: lu.c.c.a, fotografia, francesco cosimini, henry cartier bresson
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