Questo è il testo, riveduto e riadattato per giornaledibarga.it, del nostro collaboratore Nazareno Giusti. E’ l’introduzione della mostra “The Barga Duomo paintings” inaugurata oggi a Barga ed è pubblicato, insieme a quella del giornalista statunitense Frank Viviano sulla brochure che correda questa esposizione.
In fondo a questo post trovate invece un video di presentazione realizzato da Alessandro Stefani di “Inspired by Barga” (che ringraziamo): il trailer di un’intervista che sarà presentata prossimamente. In tutti i casi vi invitiamo a scoprire, prima con questo articolo e poi di persona, la bella mostra che oggi, alla presenza del sindaco di Barga Marco Bonini, di artisti, amici e studiosi, Keane ha inaugurato nel palazzo Pretorio, sede del Museo civico di Barga. L’artista ci mostra quello che pur vivendo in questo luogo splendido non si ved, che spesso per noi è invisibile, ma che sta scritto nelle pietre scolpite del Duomo di Barga, che ancora una volta ci racconta una storia incredibile. La mostra che oggi è stata inaugurata a Barga “The Barga Duomo Paintings”, svela indubbiamente ed inaspettatamente tutto l’esoterico che si cela dietro questo monumento sacro per i Barghigiani e sorto in un luogo ritenuto già sacro per i liguri-apuani. L’artista Keane ha realizzato una esposizione bellissima andando a studiare quelle immagini che si trovano in ogni dove all’interno ed all’esterno del Duomo, ma che ti aspetteresti di trovare in terre molto più… celtiche. Keane, nel presentare le sue opere, ha ringraziato gli studiosi Maria Pia Baroncelli (a cui si deve un approfondito studio di qualche anno fa proprio sulle formelle che circondano il Duomo) e Pier Carlo Marroni, autore invece di un libro sui misteri del Duomo di Barga; che sono stati un po’ i suoi ispiratori e da cui ha tratto importanti spunti per i suoi studi.
L’esposizione chiuderà i battenti il prossimo 31 agosto.
Si racconta che un vecchio capo Sioux, arrivato nella stazione di Washington, guardandosi intorno, si accorse e disse che gli uomini in giacca e cravatta, correvano come formiche, senza guardare il cielo. Un’osservazione all’apparenza banale, ma, in realtà, profonda, acuta, intelligente come solo chi viene da un altro mondo può fare, come solo chi ha occhi “nuovi” può vedere.
Un osservazione ancora attuale: oggi, più che mai, infatti, non abbiamo più tempo per buttare un occhio al cielo. Anzi, diciamo di non avere più tempo. È una scusa, un alibi che ci troviamo, presi da cose che riteniamo importanti. Sono veramente poche le persone, quindi, che alzano la testa, guardano in altri posti, dietro l’angolo. Sono poche le persone che riescono a vedere quello che c’è ma non vediamo. Poche, pochissime. Keane è uno di questi.
Il barghigiano d’adozione proprio guardando in alto ha avuto l’idea per la sua mostra “The Duomo Barga paintings” inaugurata presso il Museo Civico “Antonio Mordini” dove rimarrà sino al 31 agosto.
Salendo, in un giorno limpido e pieno di luce, al Duomo di Barga – costruzione mitica e solida che al visitatore che risale a ritroso il Serchio appare come una visione – e guardando le decorazioni sparse sulle tre delle quattro facciate e anche sul campanile: bassorilievi con raffigurazioni proto-cristiane, alcune vere e proprie scene, quasi nessuna a ben riflettere, che tratta, in maniera esplicita e pedagogica tematiche religiose, cosa abbastanza strana.
Era da anni che Keane voleva realizzare questo lavoro, per un motivo o l’altro rimandato. Poi si è deciso, basta: i tempi erano maturi. E così, questo autunno, come ogni pittore, vero, che si rispetti, ha preparato le sue tele con il fondo arancio (lo stesso che usavano i pittori della macchia che certi quadri del periodo garfagnino del nostro, tanto sembrano ricordare) e intanto ogni giorno, tempo permettendo, saliva al Duomo e, con il suo iPad, fotografava i bassorilievi.
Con la prima neve ha cominciato a dipingere. Ore e ore, notti intere. Mentre c’era solo “il suono che fa il silenzio” , lui creava.
Sul cavalletto, accanto alla tela, durante la fase del disegno e della stesura dei primi colori, l’iPad per vedere l’immagine fotografata. Un’occhiata, niente di più. Già, perché Keane non è un copista, non segue un iper- realismo inutile e vanesio. No, Keane non ha bisogno di questo: troppo acuto, troppo moderno, sa che, non ha senso, nell’era del digitale, riprodurre in maniera maniacale un soggetto: un pittore non è un fotografo. Pur ricordando, in maniera chiara e precisa l’immagine, i soggetti raffigurati (in special modo le figure) così, sono diventati altro.
Tela dopo tela. Notte dopo notte, Keane ha attraversato e vissuto così il suo inverno. La barba, che ha deciso di non tagliare sino alle campane di Pasqua, sempre più lunga.
Dopo le Nuns (le suore che stanno scomparendo), le mutande di Barga (la realtà che non si vuole vedere), la morte dei televisori (la morte del digitale e allo stesso tempo la non fine delle cose) e la (recentissima eppure “vecchia”) “morte della carta” (che in realtà è immortalità di quel supporto) Keane è arrivato al lavoro che si portava dentro il cuore e nel cervello da anni.
Alcuni quadri, specie quelli che raffigurano scene di caccia, di battaglia o di vita bucolica, messi assieme, sono quasi dei racconti: ecco allora in un quadro il cacciatore in un altro un’aquila, grande quanto e più del cacciatore con una valenza simbolica mitica e arcaica, quasi fiabesca, una fiaba nera, di quelle che i fratelli Grimm raccolsero nelle campagne del nord Europa.
Da semplice raffigurazioni, messi assieme, quindi, divengono racconto, leggenda. Insomma, le opere possono vivere anche da sole ma è insieme che raggiungono la completezza, un po’ come le persone: una (bella) lezione, involontaria.
Altri, quadri, e parliamo delle raffigurazioni di persone e dei volti, con la rivisitazione fatta da Keane sono divenute immagini espressioniste che ricordano Bacon, Munch a anche il nostro grande (e sottovalutato, da storici e critici internazionali) Viani.
Anche qui, come nella mostra sulla morte dei televisori, anche se in maniera meno esplicita, torna il concetto che niente muore, “todo cambia”, per dirla con le parole di una bellissima poesia cantata da Mercedes Sosa. Già, tutto cambia. “Antico sempre nuovo”, diceva Giovanni Pascoli, il poeta che, come Keane, si innamorò e scelse di venire a vivere in questa strana Valle.
Kean 2013: The Duomo of Barga paintings from Alessandro Stefani on Vimeo.
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