Con l’arrivo della bella stagione nella nostra Valle si terranno una serie di eventi espositivi. La nostra Barga, che da anni si definisce “città dell’arte”, sarà satura di piccole mostre anche nei più nascosti luoghi. Eventi dignitosi, piacevoli ma (spesso) poco importanti.
A ben vedere negli ultimi anni sono state veramente poche le mostre di respiro nazionale o internazionale tenutasi nella nostra cittadina che si onora di una denominazione tanto ambiziosa: ricordiamo la riuscitissima “L’Armonia della Terra” e la mostra su John Bellany.
Ma peggiore è la situazione nel resto della Valle.
Eppure si potrebbero realizzare una mostra di altissimo livello e di grande richiamo anche da un punto di vista di visitatori e quindi turisti su un artista che si è legato al nostro territorio come Carlo Carrà.
La proposta viene dal professor Umberto Sereni. Qualche mese fa lo abbiamo incontrato proprio mentre si stava per chiudere ad Alba la mostra antologica su Carlo Carrà presso la Fondazione Ferrero che sanciva in maniera, definitiva, soprattutto da un punto di vista critica e di storia dell’arte, il forte legame, la svolta umana e professionale avvenuta in Valle del Serchio.
Nessuno però ne ha parlato in un disinteresse generale al limite dell’autolesionismo.
Ci ha raccontato invece il professore:
“Ho visitato nei primi di dicembre la mostra su Carlo Carrà che consentiva di vedere la storia di un protagonista della pittura italiana del Novecento ma in particolare perché era una rassegna di opere che avevano per noi (valligiani, ndr) un interesse particolare la mostra e il catalogo dimostrano, infatti, il forte legame con Coreglia Antelminelli. Finalmente, con chiara evidenza, risaltava l’importanza della sua permanenza nella Valle negli anni 20, al fine del mutamento della sua pittura anche da parte dei critici che hanno riconosciuto che il periodo valligiano segnò una svolta fondamentale nella sua pittura”.
Quando Carrà venne a Coreglia (probabilmente, sotto consiglio di Manara Valgimigli o Umberto Vittorini) infatti, nell’estate del 1923, era a un punto critico della sua attività pittorica come è dimostrato nei suoi scritti.
Aveva chiuso un ciclo ma aveva difficoltà a iniziare il nuovo corso. Però, spiega Sereni, “dopo la permanenza valligiana ci fu per lui una nuova stagione che segnò l’inizio di un forte legame che lui stesso sancì e stabilì nei suoi testi. Insomma, Carrà reiniziò a fare pittura dopo Coreglia e scusate se è poco”. Nella mostra astigiana figurava un quadro realizzato nel periodo coreglino di fondamentale importanza nella storia della sua pittura: Il Leccio.
Ecco, allora, la proposta di Sereni: organizzare, proprio a Coreglia una mostra che raccolga le opere di quel periodo di rinascita. Il materiale, in effetti, c’è: sono oltre venti i quadri con tema Coreglia, alcuni presenti nella Raccolta “Alberto della Ragione” a Firenze realizzati nelle due estati di permanenza nella Valle, dopo i quali si spostò a Forte dei Marmi che divenne la sua seconda casa. Come Pascoli, era giunto in Valle perché cercava un Eden in terra dove tutto fosse “Bello e Buono”.
Certo, lo ammettiamo: non è facile organizzare una mostra del genere, Coreglia è un piccolo comune che non ha certo, ovviamente, le disponibilità delle grandi fondazioni e dei grandi comuni, ma questa idea, secondo Sereni, va realizzata: è un’occasione da non perdere, sarebbe una grande mostra che diverrebbe un evento di portata nazionale, con un’attenzione mediatica fuori dal comune e che rimarrebbe sicuramente per anni e anni un evento fondamentale nel panorama culturale della Valle.
“Sarebbe l’evento più importante per almeno 10 anni” dice, sicuro, Sereni.
Allora, cosa fare? “Per prima cosa entrare in contatto con la Fondazione Ferrero, poi andrebbe messo su un comitato di promozione, abbiamo un deputato e un consigliere regionale che possono dedicarcisi. Promuovano una riunione, questa è la prima mossa da fare”. Aspettiamo di vedere cosa succederà.
Nazareno Giusti
Tag: Umberto Sereni, carlo carrà, fondazione ferrero, alba, Coreglia
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