Gualtiero Pia, scrittore barghigiano se n’è andato, in punta di piedi, il 15 gennaio, elegantemente, come aveva vissuto. L’ultima sua uscita pubblica nel maggio dello scorso anno in occasione dell’inaugurazione del bassorilievo dedicato al Valentino. A oltre due mesi di distanza abbiamo ritenuto giusto ricordarlo e permettere ai nostri lettori di approfondire la sua conoscenza facendo una conversazione con Pier Giuliano Cecchi, suo amico (che ha vissuto a stretto contatto con lo scrittore nei suoi ultimi anni), nostro storico collaboratore, esperto della storia di Barga e autore del volume “Le antiche misure di Barga- Anno 1582”.
Giuliano, ci puoi parlare del tuo rapporto con Gualtiero Pia?
“Con Gualtiero entrai in contatto a metà degli anni ’70 quando fece ritorno tra noi da Riparbella, dove aveva insegnato in qualità di maestro Elementare, entrando a insegnare, se ben ricordo, alle scuole di San Pietro in Campo; un rientro di dolore per la perdita della cara Palmira, sua moglie.
I primi incontri furono di circostanza e casuali, poi, pian piano, sempre più frequenti. La cosa che ci univa era Barga: la sua storia, le sue figure più belle, specialmente quelle toccate in qualche modo dall’arte, dalla cultura, anche se non esercitata, imparando molto di loro dai mille ricordi che Gualtiero faceva a me e agli altri amici.
Uomo sempre garbato, buon maestro nella scuola, per me lo fu anche di vita, per i tanti insegnamenti che coglievo nelle sue parole, pronunciate con il suo caratteristico piglio ironico che si cangiava sempre in un sorriso; ma anche maestro di dignitosa tolleranza, di speranza e d’amore per la famiglia più ampia.
Ricordo con grande affetto gli incontri nel salotto buono di Barga: i prati del Duomo, sotto la Loggia dei Podestà, sul piazzale e scale degli Avelli, dove intratteneva chiunque, specialmente il sottoscritto e l’Angelo Pellegrini. Per noi rispolverò l’antico e fascinoso: sacerdoti del tempio.
Siamo stati per tanti anni vicini di casa e risento ancora la sua voce chiamarmi quando mi vedeva uscire: Sor Cecchi, dove vai? Mi fermavo per una chiacchierata, e non mancava di domandarmi cosa stessi facendo di bello, poi mi aggiornava su cosa stava scrivendo di nuovo o sulle idee nategli per rendere omaggio a personaggi di Barga che ingiustamente sentiva scivolare nel dimenticatoio.
Posso dire che possiedo quasi tutti i libri che ha pubblicato, donati con tanto di dedica. A volte glieli commentavo con lettere o pubblicavo qualcosa su L’Ora di Barga. Ultimamente volle la mia collaborazione a due suoi libri: Suor Carmelina nei ricordi dei Barghigiani del 2008 e Frammenti di vita barghigiana del 2010.
La scrittura fu la sua grande passione: prosa e poesia, ma anche la pittura lo aveva sfiorato in gioventù con buoni risultati. Era e viveva la vita come un’artista, specialmente toccato dalla memoria di Giovanni Pascoli, che amava sinceramente e senza limiti”.
Ecco, ci parli un po’ del rapporto di Pia con Barga?
“Gualtiero apparteneva a quella schiera di persone barghigiane che avevano avuto due nascite, due madri: l’amata mamma e Barga.
Non so dire in altro modo il suo amore per questo nostro Paese. Un sentimento vissuto sempre pienamente, come un vestito che non si vuole mai smettere, nel caso eterno perché non si consuma: ogni ora è sempre nuovo.
Dentro di Lui covava questa fiamma ed esplodeva nei racconti, nelle sue iniziative letterarie e altro; e tutte quelle belle figure, piccole o grandi, che avevano alimentato quel fuoco, perché conosceva e gli riconosceva quel valore intrinsecamente scambievole, avrebbe voluto per loro l’eterno ricordo dei suoi compaesani.
Scrittore, nel caso soprattutto poeta, a loro dedicava la sua musa da scriversi dal foglio in lapidi di pietra.
Non sempre fu capito in questa sua idea, e diversi epitaffi sono rimasti solo su quell’amoroso foglio.
Sapeva, era cosciente, che stimolare troppo le sensibilità, fosse una cosa da evitare. A volte basta un sorriso di troppo, un’alzata di spalle, per ritrovarsi in pieno nell’improvviso del poeta Andrea Chènier, quando canta nell’omonima opera di Girodano: Colpito qui m’avete… ov’io geloso celo il più puro palpitar dell’anima… T’amo tu che mi baci, divinamente bella, o patria mia!… d’un poeta non disprezzate il detto: Udite! Non conoscete amor, amor, divino dono, non lo schernir, del mondo anima e vita è l’Amor!
Con questo pensiero ridotto a molto più semplici cose, nonostante le autorevoli e calde incitazioni, evitava le presentazioni dei suoi libri. Solo la certezza di una piena condivisione lo smuoveva da casa ma questo è successo poche volte”.
Qual’è l’attualità della sua opera?
“Amare il prossimo, il paese, la memoria delle sue figure grandi e piccole che si sono elevate sino ad amare l’arte in tutti i sensi e lo stupendo che in essa si racchiude. Unito a ciò il messaggio che traspare dalla sua opera: amare, seppur si soffra, il bello della nostra anima”.
Cosa c’è e si può fare per ricordarlo?
“Ora ho tra le mani il tuo ultimo libro del 2011: Non Omnis Morear, l’ultimo omaggio allo spirituale compagno di viaggio: Giovanni Pascoli; ed è verissimo che non tutto muore con noi: non omnia decedit cum nobis, specialmente quando si è lasciato un buon ricordo in chi ci ha conosciuto e una traccia per chi verrà. Non Omnis Morear, ed io tornerò in Duomo con la consapevolezza che ti rincontrerò, magari quando dalla Pania pioveranno su Barga gocce d’oro.
Se sono convinto che le anime migliori le possiamo ritrovare nell’attimo emotivo di un tramonto, è pur vero che occorra qualcosa di più e allora mi riallaccio a quanto segue.
Recentemente ho partecipato alla presentazione a Barga del libro scritto da Vincenzo Pardini: Il Postale, e desidero ridire la sua idea espressa in quell’occasione, che per onorare la memoria dell’amico Gualtiero Pia, sarebbe interessante raccogliere un libro tutte le lapidi da lui scritte. Si onorerebbe Gualtiero e sarebbe una bella occasione per ripercorrere tante memorie di Barga, questo per far conoscere ai giovani di oggi e di domani da quale storia proverranno. Chiosando sull’argomento posso dire con certezza che in definitiva questa era l’aspirazione di Gualtiero”.
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