8 Giro di Cipro – A Nicosia non piace la bici (parte 2)
Sullo sfondo da una parte le montagne e dall’altra il mare della costa turca, e neanche una casa a cui chiedere dell’acqua. Vediamo un’insegna della Coca-Cola, ci fiondiamo. Sarà un ristorante chiuso almeno da un anno. Merda, ancora. Ci prendiamo un integratore gelatinoso, l’unica cosa che abbiamo e possiamo buttar giù, idea pessima, fa venir ancora più sete. Intanto il mio contachilometri acquistato da Decathlon, e fatto passare per un invenzione avveniristica ed irrinunciabile, è fermo da ormai 30 km. Nel clima di nervosismo generale che piano piano sta prendendo il sopravvento, prendo il coltellino e taglio tutto e lo tiro in un bidone lì vicino. Bisogna eliminare il peso inutile. Non stiamo ormai più tanto bene. Ripartiamo ma i chilometri non passano. Ogni tanto qualche salita, la velocità che si riduce e i chilometri che continuano a non passare. Più avanti c’è quello che ha tutti i crismi per sembrare un miraggio, un negozio di ceramiche. Cosa ci faccia un negozio di ceramiche in mezzo al deserto del Kalahari non lo so, però il signore è gentile e ci offre un bicchiere d’acqua, dicendoci che più avanti troveremo una stazione di servizio. Leggermente ripresi, ripartiamo. Inutile dire che della stazione di servizio neanche l’ombra. L’unica cosa che troviamo è un chiosco di una signora che vende cetrioli e altre verdure inutili. Ci offre dell’acqua e stiamo meglio. Ma dove cazzo siamo? Ripartiamo e dopo poco svolta a sinistra della strada e intravediamo quella che sembra una stazione di servizio. Stavolta non è la stanchezza, è veramente lei. Una specie di oasi in mezzo al deserto per noi. Sono le due del pomeriggio, fa caldissimo e siamo sconvolti. In un’ora ci riprendiamo.
Troodos dista circa 30 km. Ci poniamo come obiettivo Kakopetria che si trova a 11 km, lì decideremo cosa fare. Inutile dire che Kakopetria non arriva mai. La strada sale e dopo svariati stati di pura e semplice angoscia che vanno ripetendosi di pari passo con alcune bestemmie arriviamo a questo paesino, conosciuto anche come il paese più lontano del mondo.
Disfatti restiamo 20 minuti sdraiati sugli scalini di un abitazione chiusa. Beviamo acqua e mangiamo wafer. A Troodos ora mancano solo, si fa per dire, 17 km, ma alla nostra velocità di crociera rischiamo di metterci anche 2 ore e mezzo, e da qui in avanti la strada è solo in salita. Non sappiamo cosa fare. Se dormire qui o tentare di continuare. Soluzione: spaghetto scottato al pomodoro in un ristorantino vicino. Mai spaghetto più schifoso siamo stati contenti di mangiare. Dopo 2 ore di sosta ripartiamo. Salita dolce, strada buona, incontriamo dei campeggi lungo la strada, superiamo i 1000m di quota e giungiamo ad un passo con l’indicazione per Troodos che dice 9 km. La strada sale, sempre buona, si apre anche un bel panorama. Boschi di pini che piano piano si fanno sempre più fitti, con un buon odore di resina. Superiamo i 1300m, 1400m, 1500m e la temperatura va giù in picchiata. Per la prima volta dopo 10 giorni scendiamo sotto i 30 gradi. 29, 28, 27 e poi 24, 22. E la domanda che sorge spontanea: ma Troodos dove cazzo è? Inizia a far buio, accendiamo i fanali. La strada sale sempre inesorabile. Ora siamo a 1600m e temperatura 18 gradi, 30 gradi di sbalzo col deserto di stamani. Ora la strada scende, ma del paese niente. Sconforto. Base militare greca, di fronte ad un campeggio chiuso. Merda, ancora una volta. Facciamo altri 2 km ed arriviamo ad un bivio in mezzo al nulla, circondato da pini avvolti dal buio. Questa è Troodos. Me la immaginavo diversa.
Troviamo un albergo, che sa molto di ex colonia inglese, caminetto e pavimento di legno. Chiediamo se c’è una camera a due ragazze russe bellissime alla reception con tacchi altissimi e vestiti succinti. Noi, nelle nostre magliette da bici completamente sudate, siamo orrendi.
Siamo a 1700 e la temperatura fuori è di 15 gradi, sembra di congelare. Andiamo a letto sotto delle coperte invernali. Ma dove siamo capitati? Dove sono finiti i 50 gradi di questa mattina?
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