Il ritorno dei “gambelunghe”

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Airone guardabuoi… di Serena Scalici

Ancora una volta siamo in ritardo su quel maledetto ponte. Non si capisce mai quale sia la dinamica del traffico in uscita dall’Oltreserchio in direzione Lucca. Parti presto e arrivi tardi, parti tardi e arrivi presto, ma non sempre. Mentre picchietto le dita sul volante, mia figlia Luna indica qualcosa sulle ghiaie del fiume e mi chiede di cosa si tratta. “E’ un Airone, un airone cenerino”, le rispondo. “Quando ero un bambino non se ne vedevano, poi negli anni sono diventati tantissimi”, aggiungo. “E non solo loro: anche le garzette e gli aironi guardabuoi sono ormai una presenza familiare”, continuo a dirle quando lei mi fredda con una domanda: “Allora quando sarò grande io saremo invasi dalle cicogne?”. Ops… non so davvero cosa rispondere.

Fortuna vuole che tra i miei amici e colleghi ci sia chi ne sa più di me. Ho così deciso di parlare con una naturalista, la dottoressa Serena Scalici, e con una biologa esperta di avifauna, la dottoressa Arianna Chines. Mi perdoneranno se nel seguito le chiamerò Serena ed Arianna, omettendo i titoli accademici.

La prima domanda che ho rivolto alle due esperte riguarda l’affermazione che ho fatto parlando con mia figlia in merito al fatto che varie specie di aironi e affini (si tratta di ardeidi, precisano entrambe) sono “diventati tantissimi”. E’ davvero così? E perché?

Entrambe mi hanno confermato che non si tratta di una mia percezione ma di un fatto concreto. “Popolazioni di aironi nidificanti si sono mantenute in Toscana con continuità, almeno negli ultimi due secoli”, mi dice Serena. “Ciò che è accaduto in alcuni momenti storici” – prosegue la naturalista – “è che la nidificazione ha avuto il carattere di semplice sopravvivenza di popolazioni perlopiù puntiformi, quindi non sempre visibili ai più”. Scopro che negli ultimi decenni si è assistito, però, ad un loro forte incremento. “Secondo dati della Regione Toscana” – aggiunge con precisione matematica Serena – “dal 1981 al 2010 siamo passati da 159 coppie nidificanti sul suolo toscano a 3704: un bel salto che giustifica la tua sensazione di un forte aumento”. Mi spiega poi che un simile balzo numerico significa anche una maggiore diffusione sul territorio, inclusa quella Valle del Serchio che percorro in lungo e in largo più volte a settimana. Ecco perché mi sembra che ce ne siano di più!

“C’è ancora molta discussione sul perché le specie animali, soprattutto volatili, abbiano queste variazioni di popolazione”, interviene Arianna. “Fattori come la caccia, anche solo per il disturbo che arreca, l’inquinamento, la distruzione degli habitat dove gli uccelli nidificano o svernano, l’utilizzo di sostanze chimiche in agricoltura e addirittura l’abbandono del pascolo montano, hanno provocato, e continuano a provocare, l’impoverimento delle comunità”, prosegue la biologa. “Se interveniamo su questi fattori si può favorire la crescita delle popolazioni” – continua Arianna – “ma non è né automatico né sempre prevedibile quello che accade”. Con la passione di sempre, mi spiega che nel caso in questione è stata fondamentale la tutela scaturita dalla Direttiva Comunitaria “Uccelli” in abbinamento ad alcune caratteristiche degli aironi. “Generalismo, ossia la capacità di spaziare nella scelta degli habitat e delle fonti di cibo, e opportunismo, ossia la capacità di sfruttare le risorse disponibili, sono le doti che fanno una specie vincente e i nostri aironi sono sicuramente dei vincenti”.

E le cicogne di cui mia figlia Luna auspica l’invasione? Mentre ascolto le mie due esperte comprendo che la situazione è ben diversa e più complessa. Le cicogne non sono generaliste ed opportuniste, non si affiancheranno agli ardeidi nella predazione del gambero killer, un adattamento che, oltre a favorire gli aironi, aiuta a mantenere un equilibrio biologico in aree turbate proprio dalla colonizzazione di questo crostaceo esotico.

“La sopravvivenza della cicogna non è legata all’espansione delle aree umide avvenuta negli ultimi decenni, fattore che favorisce gli aironi” – mi dice Serena – “e la rotta di migrazione sulla nostra penisola non è la preferenziale, né quella più sicura. Prima della legge sulla caccia le cicogne venivano abbattute e recenti fatti di cronaca non invitano certo la cicogna a percorrere l’autostrada italiana durante le migrazioni”. Mi vengono in mente giusto i casi di abbattimento di un’aquila e di alcuni ibis avvenuti proprio in Toscana.

“In questi casi sono fondamentali i progetti di reintroduzione”, incalza Arianna. “Questi progetti hanno permesso negli ultimi anni anche in Toscana la nidificazione di alcune coppie, come accade a Fucecchio, a Cascina e a Porcari. Le cicogne allevate sono tornate intorno al luogo dove sono nate e hanno costruito il loro nido, talvolta accoppiandosi con successo con individui selvatici e i loro figli probabilmente torneranno negli anni a venire a nidificare nello stesso luogo”, conclude.

Ormai ho capito abbastanza: vedere i nidi di cicogna su comignoli e campanili non sarà facile. Non lo sarà perché dipende da questi importanti progetti che in anni di (cieca) spending review potranno non essere una priorità. Non lo sarà perché non basta un generalizzato miglioramento delle condizioni ambientali ma ci vuole un qualcosa in più che non è nemmeno facile definire. Stasera lo spiegherò a Luna ma sono sicuro che noi fantasticheremo di una Toscana invasa da maestose cicogne. Lo faremo convinti che qualche adulto da grande cercherà di realizzare i sogni di quando era bambino… e io ho una gran fiducia nei bambini che sognano le cicogne!

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