Pochi giorni fa abbiamo pubblicato la lettera di Leonardo Guidi di Coreglia che ci raccontava la triste ed incredibile vicenda della morte della madre, avvenuto all’Ospedale di Lucca; una lettera nella quale lanciava una serie di interrogativi sulle responsabilità di medici ed infermieri che hanno avuto per ultimi in cura sua madre.
Sulla vicenda, è bene ricordarlo, è in corso una indagine interna che ha avviato l’azienda USL 2 e sicuramente ne sentiremo ancora parlare.
A Leonardo intanto è giunta la lettera del medico che era presente in quei momenti nel reparto e citato nella sua lettera di denuncia. Per completezza di cronaca pubblichiamo anche questo documento, ovviamente senza la firma o riferimenti personali che sono stati omessi da chi ci ha fornito il materiale, insieme alla risposta, ancora una volta davvero esaustiva di quanto avvenuto in quella terribile nottata, poi inviata al medico da Guidi.
Carissimo Sig. Leonardo,
ho letto la sua mail e la sua lettera di denuncia…mi dispiace dover sentire rivolte a me quelle parole…ho sempre cercato di mettere al primo posto nel mio agire proprio l’umanità e il contatto umano con i pazienti e con i parenti… ne prendo atto perché probabilmente qualche cosa ha urtato la sensibilità di qualcuno in un momento di sofferenza e di dolore… ne sono davvero profondamente dispiaciuto e rattristato e ciò ha provocato in me un profondo esame di coscienza ed una riflessione critica sul mio operato…
Le posso comunque assicurare, se questo può servire a qualcosa, che nel caso di sua madre, non ho sottovalutato nessuna diagnosi; in una paziente del genere, affetta da insufficienza respiratoria cronica in O2 terapia domiciliare 24/24h e scoagulata, per decidere di effettuare un intervento chirurgico, l’indicazione chirurgica DEVE essere DI CERTEZZA (paziente perforata oppure emoperitoneo con anemizzazione/shock-oppure evidenza di peritonite diffusa),non può essere una indicazione dubbia e nel caso specifico,in quel momento e in rapporto all’anamnesi, ai segni-sintomi-reperti strumentali e di laboratorio NON ESISTEVA una indicazione chirurgica CERTA; non ho mai escluso a priori che potesse trattarsi di ischemia/infarto intestinale perché nel mio modo di pensare e di agire e specie di fronte a pazienti difficili e complicati mi pongo sempre con spirito critico e non mi irrigidisco mai su una ipotesi diagnostica fissa ma credo che sulla base del quadro anamnestico/laboratoristico/strumentale e CLINICO locale e generale: addome ben trattabile e senza segni di peritonismo -spiccata IPERAMILASEMIA (1800) -azione cardiaca RITMICA -vasi mesenterici venosi e arteriosi BEN PERFUSI alla TAC -ispessimento colon sx in paziente affetta da colite ulcerosa/diverticolosi -assenza di liquido libero peritoneale e assenza di aria libera -insufficienza respiratoria cronica in O2 terapia domiciliare 24/24h -insufficienza renale;
e tenendo anche conto dell’assetto coagulativo (paziente scoagulata in terapia anticoagulante orale) (INR 3,5) la diagnosi di “infarto intestinale” potesse ritenersi RAGIONEVOLMENTE DUBBIA e comunque assolutamente NON CERTA; ecco perché ho deciso in quel momento di NON PROCEDERE all’intervento chirurgico ESPLORATIVO; per l’ASSENZA DI UNA INDICAZIONE CHIRURGICA CERTA in una paziente ad ALTISSIMO RISCHIO anestesiologico (insufficienza respiratoria cronica) e chirurgico (paziente scoagulata).
Le posso assicurare che se avessi portato sua madre in sala operatoria e l’evento infausto fosse accaduto in sala operatoria o poco dopo nel post-operatorio e magari non avessi trovato all’intervento chirurgico esplorativo motivi CERTI di indicazione chirurgica probabilmente tutti quanti ci saremmo sentiti, pur nella buona coscienza di intenti, un po’ più colpevoli e dispiaciuti/amareggiati.
L’evoluzione infausta del quadro clinico, col segno di poi, ci porta a concludere che niente avrebbe potuto evitare purtroppo quel decorso soprattutto non lo avrebbe evitato una procedura chirurgica per definizione traumatica e invasiva.
Sua madre è stata sottoposta presso l’ospedale di Castelnuovo G. a consulenza medica anestesiologica e internistica e in reparto a Lucca è stata sottoposta a regolare monitoraggio chirurgico (controllo dei parametri vitali; misurazione della pressione parziale di ossigeno; applicazione di catetere vescicale per il controllo della diuresi); il reparto chirurgico dove sua madre è stata trasferita non è un reparto di terapia intensiva; il monitoraggio chirurgico in un caso del genere è soprattutto un monitoraggio clinico, che avviene nel tempo, valutando l’evoluzione obiettiva del quadro addominale, col supporto strumentale e laboratoristico (avrebbe eseguito un controllo al mattino degli esami ematici ed una ecografia addome).
Se fosse stata mia madre avrei agito nello stesso identico modo… questo è il mio modo di pensare e di agire ogni qual volta mi trovo di fronte a decisioni delicate e difficili!
Posso avere sbagliato?… non sono io a voler per forza giudicare me stesso…
Quanto sopra è il succo del mio ragionamento cioè di ciò che mi ha portato ad una certa scelta decisionale piuttosto che ad un’altra… accetto qualsiasi tipo di critica…..prendo atto delle sue parole… ne faccio esperienza e chiedo scusa soprattutto per il messaggio umano che seppur non voluto è passato…
Per dovere di informazione le voglio dire e mi creda, che non sono entrato in ospedale tramite appoggi politici o raccomandazioni… è l’unica cosa di cui posso essere orgoglioso…
La ringrazio per aver prestato attenzione alle mie parole… di nuovo le chiedo scusa per il messaggio “umano” che seppur non voluto è passato in quel momento… lei faccia con serenità tutto quello che ritiene giusto e corretto fare per la tranquillità della sua coscienza …le ho scritto queste parole perché mi è sembrato giusto esprimerle il mio stato d’animo e la mia riflessione…
Lettera firmata
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Pregiatissimo dott…
con animo sereno leggo la sua lettera, sicuro della sua buona fede e sincerità e la ringrazio.
Se permette però vorrei aprirmi al dialogo con lei per capire bene quali debbano essere i punti imprescindibili a cui il personale medico ed infermieristico debbano ispirarsi per non calpestare la dignità di ogni malato.Io comprendo le ragioni del suo comportamento così come le ha descritte nella e-mail,
ma credo che la sua competenza medica, che pur è evidente nel suo curriculum, lo zelo e l’umanità che traboccano poi dal suo scritto “postumo”, dovessero essere spesi con più chiarezza e maggior partecipazione quella sera e quella notte infausta con mia madre, innanzitutto, e con tutta la sua famiglia. Soprattutto in un caso, come dice lei, di gravità che faceva presagire un epilogo non proprio fausto.
Io quella sera e quella notte, però, non ho percepito questa chiarezza diagnostica, questa carica umana, né tutto questo afflato. Me ne addoloro più di lei.
E a questo aggiungo poi il completo disinteressamento del personale infermieristico, che avrebbe potuto essere davvero di aiuto.
Il personale deve essere informato e deve ispirare il proprio comportamento a regole precise, sempre e soprattutto in casi di gravità così evidenti, per assistere al meglio i pazienti.
Questo non è accaduto. Andrò a spiegarle i fatti in maniera sintetica.1) totale mancanza di assistenza da parte del corpo infermieristico, sempre chiuso in una stanzina. Mi chiedo: erano a conoscenza delle condizioni della paziente?
2) bussando al vetro, mi risponde un’infermiera con fare scocciato, che mastica biscotti. Le dico che mia madre mi implora in preda a dolori laceranti, di poter avere almeno un Tavor per dormire e dell’acqua. L’infermiera mi risponde che non può avere niente, senza fare un passo dalla stanzina.
3) busso ancora al vetro, una seconda volta, per avvertire che la flebo è fuori vena e che una flebo piccola è finita. L’infermiera, scocciata, viene in stanza e a mia madre che chiedeva aiuto e rifiutava la mascherina dell’ossigeno, cambia la flebo e con voce aggressiva dice a mia madre, testuali parole “Lei è adulta, deve capire che deve tenere la mascherina”.
4) ultimo tentativo: busso ancora al vetro, perché vedo che qualcosa non va in mia madre, sono le 2.30 e l’infermiera finalmente viene a vedere, mi dice che tutto va bene senza rilevare nessun parametro, anzi mi accorgo che apre la flebo che l’altra infermiera aveva dimenticato di
aprire.L’epilogo lo conosce.
E’ proprio sicuro che tutto sia andato come doveva andare? Lei avrebbe voluto far morire così sua madre?
4 ore e 25 minuti di agonia?
Non credo.Questo significa monitorare un paziente?
Non credo.
Oggi si può morire in questa maniera per colpa di un sistema professionale superficiale?Cordialmente,
Leonardo Guidi
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