“Il sogno realizzato”: il nuovo libro di Umberto Sereni sui cento anni della “strada ferrata”

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Sabato sarà un giorno di festa per i cento anni dell’arrivo della ferrovia in Valle del Serchio. Nel ricco programma della giornata è previsto un intervento del professor Umberto Sereni che, dopo anni di lavoro e ricerche, ha deciso di dedicare alla vicenda della costruzione della linea un nuovo libro che va ad aggiornare il precedente La strada ferrata per la Garfagnana. Il nuovo volume, edito da Maria Pacini Fazzi nella collana Banca dell’Identità e della Memoria (grazie al sostegno e all’intelligenza degli amministratori della Comunità Montana della Garfagnana e della Media Valle), si intitola: Il sogno realizzato. Storia sociale e politica della ferrovia per la Garfagnana.

Professore, quello della “strada ferrata per la Garfagnana” è stato veramente un “sogno”, molto difficile da realizzare… Sì, la storia della costruzione della linea è complessa e lunga: tanto da durare quasi un secolo. È la storia di un popolo che lotta per il progresso che veniva identificato con il treno. Scriveva, infatti, il Corriere di Bagni di Lucca, in quegli anni: “La civiltà arriva fin dove giunge il vapore”. 

Il 26 febbraio 1873 ai Bagni di Lucca si tenne una manifestazione che fu la prima di una lunga serie…
Fu  promossa da un mazziniano, Giacomo Simoni, un uomo illuminato che riteneva che la lotta per il treno e il progresso avrebbe portato a una maturazione civile della popolazione producendo cittadini attivi e non passivi. Quella per il treno quindi era anche una battaglia per la democrazia. Il corteo del 26 febbraio si concluse con la consegna – da parte dei manifestanti –  nelle mani del sindaco, di una petizione indirizzata al Presidente del Consiglio. Il tono del documento era molto riverente. Forse fin troppo, ma i tempi e il luogo non consentivano maggiore audacia. Quella di Bagni di Lucca inaugurò una serie di manifestazioni popolari destinate a protrarsi per quasi mezzo secolo e che saranno fondamentali, come vedremo, per convincere il Governo a stanziare fondi.

Una battaglia che, come viene messo in evidenza nel suo volume, venne fatta, anche attraverso i giornali…
Sì. Sembra un miracolo questo fiorire – in una Valle ad altissimo tasso di analfabetismo – di tipografie e di “fogli”, che si proponevano di diffondere i valori della civiltà progrediente e incoraggiavano i valligiani ad assumerli come orizzonte del loro agire. Ogni paese ebbe la sua voce, i più grandi, come Barga e Borgo a Mozzano, ne ebbero contemporaneamente due; Castelnuovo arrivò a contarne anche tre. Dai nomi che adottarono, riprendendoli da monti e corsi d’acqua (L’Eco del Serchio, Il Rondinaio, La Garfagnana, La Corsonna, La Lima, Il Serchio, Il Bargiglio) si comprende come i loro promotori intendessero rimarcare l’appartenenza al loro territorio e considerassero il giornale come una testimonianza della sua vitalità fecondata dai tempi moderni. Il giornale era palestra e bandiera, e la ferrovia, in quegli anni, sarà un argomento cardine.

Per anni le proteste andarono avanti senza risultati. Quali furono i fatti e le motivazioni che spinsero al definitivo stanziamento dei fondi per la costruzione?
Non arrivavano finanziamenti perché c’era – da parte del Governo – una carenza di interessi. Quando, però, le proteste e i malumori iniziarono ad essere generali (arrivando persino alla dimissione in massa di tutti gli amministratori!), il Palazzo ebbe il timore di una carenza di consensi e allora si mosse. Furono le proteste che resero possibile la costruzione della ferrovia, non certo gli interessi statali.

Durante la giornata di sabato si terrà un evento nell’evento: l’intitolazione di una targa ad un personaggio molto particolare…
Si tratta di Regolo Gaddi, garibaldino di mentalità e di azione fuggito giovanissimo da casa per andare a combattere a Bezzecca. Nell’estate del 1905 faceva parte della Giunta Municipale ed assieme al sindaco Coli ed agli assessori Rossi, Pergoli, Cerri e Pedreschi aveva sottoscritto la dichiarazione di dimissioni dagli incarichi municipali per protesta contro i ritardi della costruzione della linea. Il 29 giugno si mise alla testa di un corteo che, sulle note de l’Inno di Garibaldi, mosse alla volta della sede della Sottoprefettura, occupandone l’atrio sul quale si affacciavano le finestre degli uffici. Per l’ambiente locale, noto e apprezzato dalle autorità per l’indole tranquilla e devota alle istituzioni, quella occupazione rappresentò il massimo dell’audacia combattiva e chi vi partecipò la visse, e soprattutto poi la ricordò e la raccontò per il resto dei suoi giorni, come un’edizione garfagnina dell’assalto alla Bastiglia.

Grazie a gesti come quello di Gaddi, finalmente, il 25 luglio 1911 si poté festeggiare l’arrivo del “mostro metallico”…
Fu un giorno straordinario, di vita e di speranza. Una pasqua di resurrezione civile. Ad ogni stazione era uno sventolio di tricolori con tantissima gente che credeva di sentire nel fischio lanciato dalla vaporiera una gioiosa e benefica sveglia, capace di far terminare il lungo e accidioso sonno di quelle terre. La festa vera e propria incominciò alla stazione di Fornoli da dove il treno partì pieno zeppo di autorità e quando arrivò a Castelnuovo fu, letteralmente, abbracciato dalle operaie della fabbrica di tessuti “Sala”: un gesto che spiega più di mille parole, cosa significasse quel giorno.

Ci vorranno, però, ancora diversi decenni per vedere completata la linea sino ad Aulla…
Bisognerà aspettare il marzo del 1959: 80 anni dopo il primo inserimento nelle leggi dello Stato.Va considerato, però, che nei decenni seguenti all’11 ci furono ben due guerre mondiali e un terremoto devastante che interruppero sul nascere nuovi lavori e finanziamenti. Il fascismo, inoltre, trascurò, la nostra Valle, dal flusso delle provvidenze statali che si indirizzavano verso altre aree di più forte interesse socio-politico, a cominciare dalla vicina provincia apuana che beneficiava della protezione di Renato Ricci. Nel secondo dopoguerra, il neo parlamentare Loris Biagioni, sindaco di Castelnuovo, in nome dei 2000 disoccupati della Garfagnana sollecitò il governo a inserire nel programma dei lavori pubblici per l’anno 1947 i fondi per il completamento e la definitiva messa in sicurezza della “Lucca-Aulla”. La sua iniziativa trovò accoglienza positiva e pochi anni dopo iniziarono i lavori per il traforo della galleria del Lupaccino. Per portarlo a termine furono necessarie 600.000 giornate lavorative che per centinaia di famiglie, alle prese con la fame e la miseria, rappresentarono la sopravvivenza e l’alternativa alla ripresa dei flussi migratori. Ma per alcune centinaia di lavoratori significò anche l’invalidità permanente rappresentata dalla silicosi, malattia contratta negli scavi della galleria.

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