Continua la raccolta firme da parte di Laura Poggiani, nipote di Manrico Ducceschi, il mitico Comandante partigiano “Pippo”, in favore del conferimento della Medaglia al Valor Militare alla memoria di suo zio, fortemente sostenuta, negli scorsi mesi, anche dall’ex sindaco di Barga Umberto Sereni.
“Il mancato riconoscimento – spiega la Poggiani, in una lettera aperta pubblicata sul suo blog-da parte dello Stato Italiano di quei meriti che, al contrario, gli Alleati, ed in particolar modo gli U.S.A., hanno prontamente riconosciuto in mio zio, attribuendogli la Bronze Star medal, e’ sempre stato vissuto, dai suoi familiari in primis e da chi lo ha conosciuto in vita o tramite i libri che di lui hanno parlato, come una grossa ingiustizia”.
Ecco allora che dopo tante promesse non mantenute ha dato il via alla raccolta firme che è stata sostenuta da molte persone. “Ringrazio di cuore i moltissimi, di qualsiasi fede politica essi fossero, che hanno sottoscritto l’iniziativa, facendo così emergere nei fatti l’apartitismo che mio zio propugnava tanto”. La sorpresa più grande, per la Poggiani, però, è stata l’interessamento del Presidente della Repubblica e del suo staff.
“Nel massimo vertice dello Stato- dice- ho incontrato la più grande attenzione nel prodigarsi per un felice esito della vicenda e questo mi ha così permesso di venire a conoscenza del reale motivo per cui la medaglia non è mai stata concessa finora e del grande paradosso che questo iter tiene in sé, lasciando anche loro sconcertati”.
Poco dopo la morte del partigiano, la Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva dato parere favorevole al riconoscimento per lui trasmettendo le proposte all’Ufficio competente del Ministero Difesa-Esercito che, però, dichiarava: “Malgrado le ricerche effettuate nella varia documentazione esistente presso quest’Ufficio, non è stato possibile trovare alcun riferimento ai fatti narrati nelle proposte.” L’Ufficio di Gabinetto della Presidenza del Consiglio dei Ministri dichiarava, tra l’altro: “Circa il brevetto della “Bronze Star”, che sarebbe stato rilasciato dagli Alleati al partigiano Ducceschi Manrico, nulla risulta agli atti di questa Presidenza”. Il 6 luglio 1961 la Commissione Militare Consultiva Unica, preso atto della documentazione emetteva un inevitabile, quanto scontato, parere contrario all’accoglimento.
“Negli atti si vede anche piano piano scomparire il titolo militare per arrivare ad un semplice “Ducceschi” peraltro morto di malattia!” Fa notare la Poggiani che però non si da per vinta: “Adesso ho provato a integrare la documentazione mancante di allora per riaprire il procedimento alla luce della documentazione specifica che all’epoca non era stata rintracciata ma purtroppo questo esito della commissione è inappellabile e nemmeno il Presidente della Repubblica può intervenire. Pertanto queste vie non sono più percorribili ma resterebbe aperto, per la concessione della Medaglia al V.M., solo un intervento diretto del Ministro della Difesa. In caso contrario, sarebbe ancora possibile soltanto la concessione di un ben minore riconoscimento italiano ‘al Valor Civile'”.
La nipote spiega allora che “mobilitando l’opinione pubblica” sarebbe possibile “smuovere l’immobilismo burocratico dei vertici della Difesa, scrivendo una lettera al Ministro della Difesa affinché si levi alta la voce di chi condivide questa iniziativa o, con profonda tristezza, resterà un grande vuoto e l’impossibilità oggettiva di poter colmare una situazione altamente ingiusta, dove uno dei migliori partigiani italiani e toscani si vede negare un giusto riconoscimento malgrado abbia dato la sua vita per servire la Patria”.
Sempre sul sito dedicato alla memoria del partigiano nella sezione blog è apparso un post che gette nuove luci (ma anche ombre) sulla morte di Manrico Ducceschi, avvenuta a Lucca il 24 agosto 1948. Lo trovò il padre impiccato anche se l’ipotesi di suicidio prospettata, poi, dagli inquirenti, e ufficialmente confermata, non convinse mai quelli che a Ducceschi erano più vicini.
L’unica relazione sull’autopsia di Pippo in circolazione è quella redatta da Andreini. “Resta questo, però- come è stato scritto nel blog- , pur sempre un resoconto, per quanto dettagliato, non ufficiale della cosa e pertanto, privo di qualsiasi valore legale. Per di più quella relazione è intrisa, in molti passaggi, da un evidente rancore di Andreini nei confronti di Pippo con il quale, pare, avesse discusso proprio pochi giorni prima della morte e non menziona affatto i punti salienti che possano incidere, in un senso o nell’altro, verso una morte non voluta”.
Infatti, la relazione legalmente valida, in quanto redatta dalle autorità a fine agosto del ’48, invece evidenzia diverse incongruenze rilevando che: “Stante la posizione del cadavere, che trovavasi a terra sotto l’architrave di una porta, con una cinghia stretta al collo, e data la presenza di abbondanti tracce di sangue sul pavimento, doveva non escludersi a priori la ipotesi delittuosa”.
Numerose sono le anomalie: la camicia, che si presenta fuori dai pantaloni, è intrisa di sangue nella parte ove è poggiata la bocca del cadavere. Altre macchie di sangue si trovano in corrispondenza del colletto all’altezza dell’orecchio sinistro. Sangue… ma Pippo non era morto per impiccagione? Come può la violenta stretta aver favorito tali emorragie da creare delle fuoriuscite di sangue dalla bocca e dall’orecchio così copiose?
Ma non è finita qui, si legge, infatti: “All’altezza della rotula, sui pantaloni, è presente una macchia biancastra verosimilmente dovuta a sfregamento sul muro o in terra e sulla parte destra si notano diverse macchie della stessa origine. Sulle scarpe da montagna, allacciate, vi sono tracce, sulla punta della scarpa sinistra, di strusciamento con tracce di imbiancatura da muro”. E poi: “Sull’architrave non si rilevano segni indicativi di strusciamento o di pressione di corda o di cinghia”.
Insomma, un quadro sicuramente molto più complesso di quanto si sia far voluto credere- “Appare invece chiaro- è scritto, in conclusione del post- che, nell’ipotesi di un omicidio, chi lo ha effettuato è stato qualcuno a Pippo molto vicino o che lui conosceva bene, tanto da accoglierlo in casa in un’ora decisamente insolita”.
Una curiosità, ma forse qualcosa di più: lo scrittore James McBride, nel suo libro “Miracolo a S. Anna”, parla anche del capo partigiano Enrico “Farfalla” Peppi (chiaramente ispirato alla figura di Ducceschi) che morirà in circostanze misteriose: tradito dal suo braccio destro che “…col suo complice, un mercenario gurkha, lo soffocava e lo appendeva al tubo di una doccia per fingere un suicidio, …”: che in questo racconto frutto, probabilmente di fantasia, si celi una triste verità?
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