Il governo fiorentino, almeno ogni tre anni, ai governi delle terre poste ai limiti dello stato ordinava nel periodo estivo il controllo dei Termini di Confine con gli stati confinanti.
La decisione fiorentina giungeva alle varie terre tramite una lettera ufficiale, così come accadde nel 1587 per l’enclave di Barga, nel caso arrivata il 2 luglio di quell’anno a firma del senatore messer Filippo Dell’Antella. Però non si trattava di ambedue i confini, cioè Lucca e Ferrara, ma solo del secondo e precisamente quello dell’Alpe di Barga che stava al di là del crinale appenninico, un confine che, specialmente in quegl’anni, rendeva oltremodo critici i rapporti tra Firenze e Ferrara, leggi Barga e Pieve Pelago, per il celebre Lodo di Pierino Belli del 1568 che aveva sancito spettante a Barga il Lago Santo, Verrucola, Selva Romanesca sino a Tagliole, un territorio che Pieve Pelago pensava suo.
La decisione del Consiglio di Barga in relazione alla lettera non si fece attendere, infatti, per il 14 di quel mese di luglio fu deliberata la spedizione barghigiana sui confini.
Alla testa del drappello c’era il podestà di Barga Niccolò di Pierfilippo Pepi, con il suo notaro Ser Stefano Gaburri e gli altri rappresentanti della Comunità, tra cui i Consoli Ms. Piero Balduini, Domenico Simoni, Alessandro Coletti, Lazzerino di Mazzolino, Giuseppe Ciarpa e Giovanni Barzi. Con loro il custode del legname dell’Alpe Jacopo Mazzanga in compagnia del fratello Lorenzo, professore di Botanica a Pisa e Semplicista a Firenze, il quale era molto interessato allo studio delle piante e delle erbe dell’Alpe, utili per le raccolte scientifiche da lui curate.
La visita ebbe la sua relazione fatta e trascritta dal cancelliere del comune nel libro delle delibere consiliari. Una copia della quale fu inviata a Firenze a Ms. Filippo Dell’Antella. Da questa il sunto che segue, nel cui finale troviamo la citazione della particolare croce oggetto dell’articolo.
Giunti al Lago Santo presero in esame il Termine posto all’uscita dell’acqua dal lago, cioè di fronte all’attuale Rifugio Landi: alla sinistra di tutto il corso del torrente sino a fronte del monte Gorgho era di Barga a destra di Pieve Pelago. Poi scesero alle Tagliole, dove, oltre al masso di confine con tre croci in fila, trovarono dei sudditi di Ferrara che lavoravano della terra del Granduca di Toscana, cioè di Barga. Da qui mossero per il Termine della Verrucola, dove il confine era segnato su di una grotta con tre croci, una verso Tagliole e l’altra verso Montalto o Puntone di Malaquercia, la terza era guasta. Infine arrivarono alla Segaccia “abbruciata” delle Fontanacce e qui trovarono il Termine a pilastro quadrato spezzato in due, di cui un pezzo, segnato sopra con una rosa intagliata, era nelle acque delle stesse Fontanacce.
Qui avrebbe potuto aver fine la relazione, sennonché si accorsero che alla distanza di braccia sette dalla fondazione del pilastro quadrato, cioè a mt. 4,20, c’era un masso con sopra intagliata la croce oggetto dell’articolo e che ritennero degna di essere copiata sui loro fogli per poi essere ancora copiata sul libro delle delibere con queste parole: “In un Masso grande immobile, vicino a braccia sette alle fondationi di detto Termine rotto, è intagliato in mezzo di detto masso detto sopra una Croce fatta proprio in questa forma (segue il disegno in immagine) la quale Croce è molto cavata in detta pietra, et furno finiti i termini de ferraresi et lombardi”.
La particolare attenzione alla croce, che mi pare sia ancora visibile, può dire niente o molto, nel primo caso che la videro come un segnale di confine non conforme, quindi da rilevare con disegno, mentre nel secondo caso, dato che era simile alle croci templari, anche per loro di antica memoria, forse degna di rilievo perché ulteriore prova da sottoporre a Firenze circa gli antichi confini di Barga che, nonostante il recente Lodo di Pierino Belli, restavano e resteranno discussi tra i popoli confinanti di Barga e Pieve Pelago, con effetti anche molto tragici.
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