Scoprire la malattia in fase iniziale è fondamentale per la sopravvivenza dei malati, ma serve esperienza per limitare inutili catene di controlli, costi e ansie
La diagnosi precoce con Tac spirale riduce del 20 per cento il numero di decessi per tumore del polmone nei forti fumatori e negli ex fumatori. Lo hanno mostrato chiaramente i risultati dello studio National Lung Screening, avviato nel 2002 dal National Cancer Institute statunitense e sospeso lo scorso novembre 2010 per gli evidenti benefici registrati sui 53.500 tabagisti o ex tabagisti partecipanti. Per ora l’esame in Italia non è coperto dal Sistema sanitario nazionale e costa circa 200 euro. Il dibattito nella comunità scientifica ferve: bisogna prevedere campagne di screening sulla popolazione sana per favorire l’eventuale neoplasia in fase iniziale? Bisogna coinvolgere solo chi ha fumato molto o tuttora fuma? Certo è che scoprire la malattia quando è ancora di pochi millimetri e non dà segno di sé per i pazienti con questa aggressiva forma di cancro vuol dire aver salva la vita. Le persone reclutate per la ricerca americana sono state divise in due gruppi e monitorate in complesso per sette anni: una metà è stata sottoposta annualmente alle “tradizionali” radiografie polmonari di controllo e l’altra metà è stata controllata con Tac spirale del torace a bassa dose di radiazioni con la stessa periodicità. Nel corso dello studio sono stati registrati 442 decessi per cancro polmonare nel primo gruppo e 354 (quindi il 20,3 per cento in meno) nel secondo, dimostrando così che la Tac spirale è più efficace nell’evidenziare neoplasie polmonari in stadio precoce. La notizia in Italia è stata amplificata dai risultati dello studio “Cosmos” intrapreso dall’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) di Milano nel 2005 (grazie ai finanziamenti della Fondazione Veronesi e di Airc) che ha coinvolto per 10 anni 6.200 forti fumatori over 50 (un pacchetto di sigarette al giorno da 20 anni) o ex forti fumatori che hanno smesso da meno di 10 anni. Con le 40mila Tac spirali eseguite nel tempo sono stati diagnosticati 297 carcinomi polmonari, nel 75 per cento dei casi a uno stadio iniziale. L’89 per cento dei tumori individuati è risultato asportabile chirurgicamente in modo radicale e nel 98 per cento dei casi l’intervento è stato conservativo, con una mortalità inferiore all’uno per cento e solo un paziente su tre (33 per cento) ha dovuto sottoporsi a chemioterapia. “Nonostante l’acceso dibattito negli anni passati e alcuni risultati controversi che scoraggiavano la diagnosi precoce con Tac spirale, noi abbiamo deciso di proseguire con lo studio Cosmos – dice Giulia Veronesi, direttore dell’Unità di diagnosi precoce del tumore del polmone dell’Istituto europeo di oncologia di Miliano e coordinatrice del Cosmos – ora che l’efficacia della diagnosi precoce con Tac spirale è confermata bisogna sviluppare programmi di screening su larga scala”. Si deve quindi pensare a campagne di prevenzione a tappeto per il carcinoma polmonare con questo test come avviene con la mammografia per il cancro al seno? I maggiori esperti internazionali riuniti nei giorni scorsi a Pisa hanno valutato vantaggi e svantaggi di questa ipotesi, tentando di tirare le somme. Christine Berg, responsabile dello studio americano, rinvia la risposta a quando si avranno gli esiti definitivi del “suo” trial e per ora si limita a ribadire l’indiscutibile utilità dell’esame per appurare la presenza della malattia in chi ha già disturbi sospetti. Rimangono però aperte questioni come la valutazione dei costi e benefici dell’esame, il numero di interventi diagnostici per patologia benigna e i falsi negativi. “Di certo – sottolinea Massimo Bellomi, direttore della Radiologia in Ieo – la Tac spirale permette d’individuare lesioni piccolissime che possono essere asportate con un intervento chirurgico poco invasivo per i pazienti, che hanno così maggiori probabilità di guarire. D’altro canto ci sono i costi: per acquistare le apparecchiature e formare i radiologi a saperle utilizzare, innanzi tutto. Poi per le ulteriori indagini dei noduli considerati sospetti o dei “falsi positivi, che espongono le persone a una catena di controlli (dalla Pet alla biopsia) e ad ansie ingiustificate. Costi inutili legati anche alla sovra-diagnosi, quando cioè si scoprono e curano tumori che il paziente non avrebbe mai scoperto d’avere se non si fosse sottoposto al test”. La ricerca, intanto, prosegue soprattutto tentando di individuare dei marcatori tumorali sierici che nel futuro potranno affiancare la Tac o addirittura sostituirla per identificare la popolazione a rischio sulla quale eseguire l’esame radiologico. “E per ridurre al minimo i costi e ottenere i maggiori benefici dal test – spiega Giulia Veronesi – bisogna seguire un protocollo molto preciso e standardizzato (come avviene in Ieo) per stabilire quando occorre ripetere la Tac spirale o approfondire il caso e quando invece si può aspettare tranquillamente la Tac dell’anno successivo. In ogni caso è fondamentale l’esperienza dei radiologi che leggono il referto, motivo per cui è bene fare riferimento a centri specializzati”.
Articolo di Vera Martinella pubblicato sul sito della Fondazione Veronesi (source)
Lascia un commento