LA BELLEZZA DEL SOMAROdi Sergio CastellittoItalia 2010 ———-Marcello (Sergio Castellitto), architetto, e Marina (Laura Morante), psicanalista, formano una coppia di mezza età della buona borghesia romana. Circondati da amici ugualmente frustrati, sono in crisi con sé stessi e con la figlia diciassettenne Rosina (Nina Torresi), incapaci di governarne le intemperanze e la disaffezione per un ambito familiare troppo amichevole. Di fronte al timore manifestato dalla figlia a presentar loro il nuovo fidanzatino, organizzano un week end con amici e pazienti (di Marina) nella loro villa nella campagna senese, convinti che il ragazzo di Rosina sia un suo compagno di scuola di colore, cosa che loro, “all’avanguardia”, accetterebbero senza
difficoltà. A presentarsi al fianco di Rosina è invece Armando (Enzo Jannacci) un canuto e gentile signore di settant’anni che ha una vita pienissima alle spalle e una buona parola per tutti. In un week end teso e stralunato il malvisto Armando sarà l’unico a distinguersi per normalità nel circo di follie e recriminazioni che serpeggiano tra i conviventi, di cui cercherà di sistemare silenziosamente le disordinate esistenze.
Il terzo film di Castellitto come regista è basato su una buffa sceneggiatura di Margaret Mazzantini dal delicato titolo: i somarelli pullulano nello splendido scenario delle crete toscane, la cui dolce staticità appare agli antipodi rispetto al manipolo di personaggi che, di fronte a tale bellezza, sembrano insensibili e persi nella ricerca di qualcos’altro. La sceneggiatura della Mazzantini (a tratti surreale ed efficace, qualche volta eccessivamente forzosa) ci offre uno spietato ritratto di due generazioni: quella dei cinquantenni, figli del ’68 e del ’77 che sembrano averne dimenticato o travisato l’esistenza, incapaci di essere forti con sé stessi (la patetica storia di Marina e del suo rapporto irrisolto col padre; la doppiezza di Marcello che si tiene l’amante sul lavoro e la lascia senza tanti complimenti) o coi propri figli (o addirittura con la colf); e quella degli adolescenti, apparentemente perenni ricercatori ma inerti, maleducati, desiderosi di un rapporto più severo con la famiglia. Bisogna sottolineare il contesto sociale in cui ciò avviene, cioè una alta borghesia ripiegata su sé stessa, sorda agli stimoli sia esterni che interni: il week end nel casolare di campagna è completamente isolato dal territorio circostante e vede un succedersi raccapricciante di episodi di isterismi e baruffe tra i cinquantenni tanto da far sembrare i due ospiti pazienti psicologicamente instabili di Marina un simpatico siparietto. Di fronte a questo panorama desolante il personaggio di Armando, considerato dagli altri (quelli aperti, disinvolti, democratici) atipico, anormale, eccentrico, è con la sua misura e il suo buonsenso il solo a vedere le cose con lucidità e a provare a guidare delicatamente le generazioni più spaesate verso una serena ragionevolezza.
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