Sul concludere dell’anno Sacerdotale, promosso dal Santo Padre per ricordare le figure sacerdotali più significative, Barga ha tributato un sentito omaggio al Canonico Marcucci, che nella cittadina nacque e – dopo il seminario e il servizio in altre parrocchie – tornò come Canonico e si distinse per la solerzia e la bontà d’animo, tanto che dai barghigiani fu considerato “santo”.Dopo aver ricordato le figure di tanti parroci che a Barga vissero e spesero la loro opera di guide morali e civili – Don Francesco Pokaj, Don Piero Giannini, Padre Severino, Don Ranieri Andreotti, -nel cinquantesimo della morte, avvenuta appunto il 14 settembre 1960, è stata allestita, presso il conservatorio di Santa Elisabetta una mostra fotografica e di oggetti che gli appartennero, grazie all’impegno dell’Unità Pastorale e dei fedeli che hanno in vario modo contribuito.
In tanti sono quindi accorsi nella Cappella di Santa Elisabetta per ascoltare le frasi spese da Don Stefano Serafini in ricordo del Canonico Enrico Marcucci, seguite dal contributo di Alberto Giovannetti, vicesindaco e presidente della Fondazione del Conservatorio di Santa Elisabetta, Nicola Boggi, presidente della Comunità Montana, Don Ruggero Bencivenni, che gli fu vicino nel momento del trapasso e Don Silvio Baldisserri, membro della commissione cultura del consiglio pastorale e curatore del libro che il 26 settembre prossimo sarà presentato per un ulteriore tributo a Don Enrico Marcucci.
Nella mostra, che si sviluppa nei bei corridoi del Conservatorio, tante immagini del parroco e di momenti significativi della comunità barghigiana, cedute dall’archivio Rigali custodito dall’associazione “La Befana” e da privati cittadini. Tra le immagini sono esposti anche i cimeli che appartennero al Canonico o che furono da lui utilizzati, e un quadro del Magri che lo raffigura in un momento di vita quotidiana.
Enrico Marcucci nasce a Barga, al Giardino, il 6 gennaio 1871 da Antonio e Albina Groppi, sorella del noto tipografo barghigiano Pietro Groppi e cugina dell’illustre Canonico Pietro Magri.
E’ il quarto di undici fratelli; due di questi, i maggiori, Pietro e Giuseppe, emigrano in America e lasciano a Enrico il peso della famiglia, che dal Giardino si trasferisce in una casa colonica in località Giovicchia.
Enrico lavora i campi e studia, aiutato dal Canonico Marcucci di Castelvecchio e dal maestro Cauro.
Due sorelle scelgono di consacrarsi a Dio. Una, Suor Maria Cristina (al secolo Rosina), nel monastero di clausura della Visitazione a Pisa (oggi S. Pancrazio – Lucca). L’altra, Suor Agnese (al secolo Gioconda), nel Convento delle Domenicane nella stessa città. Una terza sorella Marianna, che tutti chiamano Suor Marianna, è un’ oblata di S. Elisabetta. Da giovanissima fa voto di castità e vive con le suore poi insegna presso il Conservatorio e nella Scuola Elementare di Barga.
Enrico presta servizio militare presso l’Ospedale del Celio a Roma dal 1891 al 1894. Ha il forte desiderio di vestire l’abito sacerdotale. Frequenta il seminario a Pisa e Mons. Ercole Attuoni testimonia che il giovane è un esempio di carità e di pietà. Celebra la Prima Messa nel Duomo di Barga il 24 luglio 1898, festa di S. Cristoforo.
E’ cappellano in Santa Marta a Pisa e parroco a Uliveto Terme poi rientra a Barga, chiamato dal Proposto Alfredo Della Pace (anche se in un documento di archivio appare già presente con il Proposto Luigi Mazzei). E’ coadiutore della Propositura e Canonico della Collegiata. Don Enrico Marcucci vuole e crea, agli inizi del 1900, con la fatica delle sue mani portando sassi dal torrente Corsonna e con l’aiuto di solerti collaboratori, la chiesa del Sacro Cuore e il Ricreatorio per i figli del popolo. Abita prima con la sorella Carola e poi, alla morte di questa, con la sorella Suor Marianna in una casa in via del Duomo 9. Celebra le messe e le funzioni religiose in Duomo, nella chiesa del SS. Crocifisso, in quella di S. Maria, alla Fornacetta, al Conservatorio di S. Elisabetta e, talvolta, nella Cappella di Casa Pascoli.
Muore, nella sua povera abitazione, il 14 settembre 1960 alle ore 10.45 “confortato dai Santi Sacramenti (è assistito negli ultimi momenti dal Parroco Don Ruggero Bencivenni), dalla benedizione del S. Padre e dalla benedizione di Mons. Arcivescovo”. Così fa scrivere Mons. Lombardi sul manifesto funebre. La salma è esposta in Duomo dal mattino del giorno 15. Il venerdì 16 si celebrano diverse messe piane e alle ore 9.30 una messa cantata. Nel pomeriggio, alle 17, le solenni esequie e il funerale. Mons. Lombardi pronuncia l’elogio funebre alla presenza di una folla immensa, della Civica Amministrazione, di Pie Associazioni di Barga, del Clero Vicariale e dell’Arcidiocesi di Pisa.
Il trasporto al cimitero urbano si svolge sotto una pioggia battente. Don Enrico riposa in Sigliari, come i genitori, la sorella Marianna e altri familiari, in un loculo messo a disposizione dall’Arciconfraternita di Misericordia.
Don Enrico Marcucci, Canonico.
Il “Santo di Barga”
I Barghigiani si accingono a onorare, nel cinquantesimo anniversario della morte, il Canonico Don Enrico Marcucci, un sacerdote con uno stile di vita esemplare, il “Santo di Barga”.
Su altre figure di preti, che hanno esercitato il ministero in questo territorio, testimoni autentici di amore a Cristo e ai fratelli, ci siamo soffermati e si è scritto durante l’Anno Sacerdotale 2009-2010 proclamato dal Santo Padre Benedetto XVI.
Il Canonico Marcucci, morto il 14 settembre 1960 all’età di ottantanove anni, è “un’anima francescana, un apostolo della chiesa dei poveri, un servo delle beatitudini, un samaritano amato e amabile – con la sorella Marianna – verso ogni sofferenza materiale e spirituale, l’amico degli umili, il ministro di Dio….Altare e Confessionale erano per il Can. Marcucci i poli di gravitazione della sua vita sacerdotale. L’Altare, dove si edifica e coedifica la chiesa di Dio nella Eucarestia perché poi tutto divenga in noi e per noi estensione di amore, pietà e misericordia crocifissa verso i tabernacoli di fango: i malati, i sofferenti, gli oppressi (cioè eucarestia sociale). Il Confessionale, dove le miserie del mondo confluiscono per riceverne consolazione e liberazione spirituale, in una quotidiana opera di costruzione e ricostruzione delle coscienze cristiane”.
Così lo delinea l’Arcivescovo Benvenuto Matteucci in un brano del suo erudito e interessante discorso commemorativo, tenuto il 23 maggio 1973, in occasione dell’apposizione di una lapide in suo ricordo alla chiesa del Sacro Cuore.
Chiesa e Oratorio che Don Enrico, agli inizi del Novecento, fortemente vuole e crea, anche con l’opera delle sue mani, portando sassi dalla Corsonna con tanti giovani, donne, ragazzi e anziani mentre, nello stesso periodo, l’emigrante Pietro Funai (il Pitone) dà il via ai lavori per la costruzione della strada del Piangrande. Mons. Lino Lombardi, Proposto dal 1929 al 1965, nell’estratto dal Numero Unico “L’Oratorio del Sacro Cuore”, stampato nell’ottobre 1951, riferisce: “Per dare un cenno della storia non dell’Oratorio del S.Cuore ma della “preparazione” dell’Oratorio del S. Cuore occorre andare assai indietro negli anni, una cinquantina almeno… Adunque fino dai primi del secolo un’idea andò maturando nella mente di un nostro carissimo sacerdote, il Can. Marcucci, il quale intravedeva già i bisogni religiosi di un’età che si faceva presagire movimentata e di una Barga che non sarebbe stata limitata alla cerchia delle mura castellane: la costruzione di un Oratorio, con Ricreatorio, per i figli del popolo come sulla traccia delle Opere Salesiane si stava facendo in molte parrocchie. L’idea fu raccolta dall’Apostolato della Preghiera, costituitosi il 25 settembre 1901, e da volenterose persone che all’ombra di San Rocco, al Giardino, sotto la guida dell’indimenticabile Don Nanni, si affermavano nello spirito dell’Azione Cattolica come comportavano i tempi”. Si forma un Comitato, per l’erigendo Oratorio; ne sono a capo Giuseppe Giannotti, presidente, il Proposto Alfredo Della Pace, assistente ecclesiastico, e il Can. Marcucci, vice assistente ecclesiastico. La popolazione corrisponde e si contano zelatori e zelatrici in Barga e all’Estero. Il 10 ottobre 1905 è posta la prima pietra della Chiesa del Sacro Cuore e il 4 luglio 1908 il Cardinale Pietro Maffi, Arcivescovo di Pisa, ne consacra l’Altare Maggiore. La vita di Don Enrico è un luminoso esempio di vera carità cristiana. Amore e servizio. “Il Can. Marcucci non contestava, amava; non denunziava, serviva… Non aveva nessun desiderio di far le cose pericolose reputandole aggiornamenti ma s’era fatto prete appunto per far le cose pericolose che sono vera riforma. E allora offriva al Signore la sua sofferenza, le sue sconfitte, le sue iniziative di bene perché le santificasse e le inserisse al posto giusto. Sorrideva alla gente perché la terra, a loro e a lui, sembrasse un luogo dove non si era tanto soli; ma se i loro occhi si mantenevano duri e senza risposta allora s’abbandonava alla preghiera, alla meditazione della fede e la bellezza delle antiche parole gli illuminava il volto e il cuore” sono ancora espressioni commosse dell’Arcivescovo Matteucci.
Alla preghiera Don Enrico alterna il lavoro per le opere di misericordia. Ciò che possiede lo dona ai poveri, spesso anche il suo frugalissimo pasto. Ha una sola fede, l’amore a Dio e al prossimo; una sola bandiera, la croce; un solo libro, il Vangelo; un unico desiderio: essere povero in mezzo ai poveri, preoccupato sempre di non avere mai fatto abbastanza per alleviare una sofferenza. Cammina per le carraie della vecchia Barga rasentando i muri o, per i sentieri di campagna, a testa bassa pregando a fior di labbra con le mani incrociate sul petto, timoroso che qualcuno possa scorgere dal suo volitivo e intenso sguardo il cruccio costante, che lo accompagna ovunque, di non riuscire a far di più per essere degno della ricompensa divina. Patisce il freddo per amore del Signore. Scrive Don Silvio Baldisseri: – Quello che timidamente diceva a noi preti giovanissimi era che “non temeva il freddo dell’inverno ma l’inverno del cuore dell’uomo peccatore”… Voleva trovarsi al cospetto del suo Signore spoglio di tutto e rivestito delle vesti della Grazia facendo suo quanto dice l’Apostolo Paolo di sé “Non sono più io che vivo ma Cristo vive in me” (Gal 2,20) -.
Dagli abitanti del territorio barghigiano è percepito come uomo e prete santo; è il simbolo di ogni virtù, della bontà, dell’integrità morale. Quando Don Enrico muore, il giorno di Santa Croce alle 10.45, il campanone del Duomo suona a distesa e a quel suono non c’è persona, a qualunque ceto sociale o credo politico appartenga, che non sia colta da un senso di profonda tristezza. – E’ morto il “Santo di Barga”- titolano i giornali dell’epoca…
Oggi, a cinquant’anni dalla sua dipartita, Barga ne fa memoria con alcune significative cerimonie. A cura della Commissione Cultura del Consiglio dell’Unità Pastorale si è allestita, il 15 agosto, nella chiesa della Fornacetta una mostra di vesti liturgiche e oggetti a lui appartenuti. Il 14 settembre sarà ricordato in una celebrazione eucaristica nella Chiesa del SS. Crocifisso e verrà inaugurata al Conservatorio S. Elisabetta una mostra di foto e cimeli gentilmente concessi da privati. Il 26 settembre, infine, alla chiesa del Sacro Cuore presentazione di un volume su Don Enrico. ” Memoria fatta di documenti rivivendo l’avventura della vita del Canonico”. Seguirà la celebrazione eucaristica e la benedizione di una statua in bronzo “Cristo Orante”, collocata presso la chiesa a ricordo del 50° della morte. Dono di una famiglia di Barga.
Myrna Magrini
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