È stata inaugurata nel tardo pomeriggio di mercoledì 11 agosto la mostra “Fuori Luogo”, allestita presso le sale in Piazza Angelio con un progetto espositivo curato da Stefania Trolli.Due gli artisti in mostra, Marilù Cattaneo, originaria di Monza, e Stefano Soddu, di radici sarde ma milanese di adozione, con opere “oniriche”, grandi di dimensioni ma lievi di sensazioni per quanto riguarda la Cattaneo; con pittosculture luminose e ricche di materia Soddu, entrambi però accomunati dalla speculazione sull’anima, sull’interiorità.
Stefano Soddu sa emblematizzare in vari e differenti modi tali consapevolezze. Il suo atteggiamento espressivo è fermo, vigoroso, possente. E una meditazione esistenziale, nobile e virile, priva di compiacimenti, di scorciatoie consolatorie, di facili approdi: siamo finalmente al cuore di quella riflessione sulla condizione umana che sostanzia, a ben vedere, l’intera produzione artistica di Soddu. Che è ricerca autentica e since¬ra, costante e inesausta, sul piano della forma, della materia, del significato. Al di là della sembianza introversa e coriacea, i suoi lavori non si esimono mai dall’ interrogarsi sulla propria valenza comunicativa e sulla finalità stessa del creare, dell’as¬semblare, del comporre. E soprattutto di un parlare all’uomo dell’uomo, sempre saggiamente immune da vaghi filosofemi e inutili sofismi mentali. In lui sono la solidità, la concretezza coraggiosa di un pensiero alieno da tentazioni tanto idealistiche quanto positivistiche, votato alla comprensione del qui e ora, alla manifestazione dell’individuo nella sua contingenza e accidentalità, ma nella proiezione verso il mistero di ciò che trascende la pura materialità. Un contenuto che ritroviamo nella serie di opere recenti di Soddu, pitto-sculture in cui assistiamo all’affiorare di una luce giallo-verdastra – arcana e quasi fantasmatica a dispetto del suo carattere post-industriale – che, dal fondo del supporto ligneo, si protende in direzione dell’osservatore, ma filtrata da uno “schermo” plastico che c’impedisce di comprendete subito, di accedere direttamente, di “toccare con mano” la vera natura di quest’apparizione. Il tutto sovrastato da una lastra di lamiera arrugginita che ci ricorda con esplicita du¬rezza la caducità terrestre e l’incompiutezza del nostro essere, con cui occorre comunque fare i conti nella nostra ricerca del metafisico.
Marilù Cattaneo ha iniziato a dipingere, per così dire, “da grande”, per cui, grazie alla sua maturità e alla sua esperienza di vita, ha potuto “bruciare” i tempi dell’apprendistato alla pienezza artistica in breve tempo. Oggi i suoi lavori rappresentano una tappa ulteriore del suo percorso. La sua poetica va sempre più concentrandosi su un discorso onirico-autobiografico ma, si badi, senza alcun cedimento alle visioni surrealistiche né a quelle di una memoria realistico-fotografica. Il suo discorso accumula lievemente sensazioni umane, liriche e ingenue. Il suo, ma anche il nostro, sentire è quello dell’incanto di fronte al mondo che si scopre pieno di magie e silenzi, non appena si varchi la soglia che ci permette dì lasciare il rumore e il dolore della vita reale quotidiana. Così Cattaneo raffigura i “suoi” rifugi sulla superficie, che appare discreta, anch’essa silenziosa, quasi timida, ma sicura del suo esserci: con un tratto sottile disegna delle figure, semplici, “infantili” alla Pericoli che dividono il quadro che è colorato, sempre con cromie delicate e mai gridate, sia con acrilici che con materiali che potremo definire d’affezione, quali cenere, tisane ottenute con bacche selvatiche, ed a altro ancora. Non a caso poi Cattaneo usa come base per i suoi disegni e analisi stoffe morbide, dolci al tatto, talvolta con inserimento di tappezzeria, quindi sono materiali d’affezione e di memoria, la coperta tiepida e i parati.
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