Dopo la première al cinema Puccini di Fornaci e al Roma di Barga, grazie alla stampa locale e al tam tam sul web, il film Natalino, prodotto tutto “nostro” (nostrano è il regista, nostrano è l’autore del fumetto da cui è nata la sceneggiatura, nostrani sono gli attori e le ambientazioni) ha varcato i confini della valle fino ad arrivare alla redazione fiorentina di Repubblica. Dalle pagine del quotidiano,
la storia del film e soprattutto dei personaggi, realmente esistiti, è poi giunta fino alla figlia di Natalino, quello vero, quello che finì realmente nel campo minato rimanendone realmente mutilato.
David Melani, in seguito a quell’articolo è stato contattato dalla signora, che vive a Prato, anche lei davvero felice di ritrovare, a distanza di 60 anni, qualcuno che non ha dimenticato la storia del padre.
“La storia vera incontra la fiction” profetizza il regista, entusiasta di aggiungere che la figlia di Natalino vorrà vedere la pellicola di Natalino e che l’occasione per l’incontro potrebbe essere il prossimo 27 marzo, quando la pellicola sarà proiettata a Coreglia.
Ma la figlia di Natalino non è l’unica custode rimasta di questa storia: qualche giorno dopo l’articolo di Repubblica, su La Nazione di Lucca, un altro personaggio vicino alla vicenda racconta la sua esperienza. È Fabrizio Paoletti, figlio di Beppe, compagno di prigionia di Natalino Colligiani e di Sergio Mariani.
Paoletti il film l’ha visto e dice “… con stupore era proprio quello che speravo. Faccio i complimenti a chi ha lavorato in questo lungometraggio. Sono Fabrizio, il figlio di Giuseppe Paoletti, amico di prigionia di Sergio Mariani…” E racconta la storia che tutti noi abbiamo visto sullo schermo, raccontando anche dell’incontro con Natalino, dalle gambe di legno scricchiolanti, avvenuto nel 1964, quando tornò a cercare Beppe.
Questa vicenda, insomma, sta uscendo dagli schermi, supera i dvd, salta fuori dai giornali e torna ad essere raccontata dalla voce e dai ricordi dei diretti interessati. Una faccenda che continua ad alimentare un evento, forse insperato, che va oltre il raccontare ma che recupera un’identità perduta, grazie alla sfida raccolta (e vinta) da David Melani e Nazareno Giusti.
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