Il concerto

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IL CONCERTOdi Radu MihaileanuFrancia, Italia, Romania, Belgio 2010 ————–1980. Andrej Filipov (Aleksei Guskov) direttore dell’orchestra del Bolshoi, è impegnato coi suoi strumentisti nell’esecuzione del difficilissimo e splendido Concerto per violino e orchestra di Ciaikovskij. Lo spettacolo viene interrotto da Ivan Gavrilov (Valeri Barinov) funzionario del KGB che monta sul palco, spezza la bacchetta del direttore, chiamandolo “nemico del popolo” ed esponendolo al pubblico ludibrio; Filipov si era infatti opposto alla politica di Breznev rifiutando di cacciare dalla sua orchestra i musicisti ebrei e gitani.Trent’anni dopo Filipov è addetto alle pulizie presso quello stesso teatro, angariato dagli ottusi superiori e costretto ad arrotondare andando a fare la comparsa con la moglie alle nostalgiche manifestazioni del partito comunista o alle feste di matrimonio di miliardari e mafiosi. Un giorno riesce casualmente ad intercettare un fax: il Théâtre du Châtelet di Parigi invita l’orchestra del Bolshoi ad esibirsi di lì a due settimane, visto un improvviso buco apertosi nel programma della stagione. È qui che Filipov progetta il suo riscatto: riunire i vecchi strumentisti (che nel frattempo, completamente fuori allenamento, si sono riciclati nelle maniere più svariate: guidando ambulanze e taxi, vendendo frutta e verdura, incidendo per il cinema porno) e condurli a Parigi, spacciandosi per la vera orchestra del Bolshoi e rieseguendo quel concerto che tanti anni prima era stato ignominiosamente interrotto. Accompagnati da una new entry: la celebre violinista Anne Marie Jacquet (Melanie Laurent), a sua insaputa misteriosamente legata e in credito con il vecchio direttore.Mihaileanu conferma quella riuscita miscela di ironia, sentimenti e impegno civile che avevano contraddistinto la sua più famosa pellicola “Train de vie”. Stavolta dagli shtetl ebraici della seconda guerra mondiale ci spostiamo nella Russia post comunista, ancora in bilico tra vecchi orgogli sovietici e manie di grandezza odierne, dominata da grigi burocrati e da oligarchi mafiosi e prepotenti, più propensi a comprarsi una squadra di calcio che ad investire in “roba” di cultura, impegnati a dare sfarzose e kitschissime cerimonie la cui riuscita è decretata dal numero dei partecipanti. A questa élite (tanto conosciuta anche alle nostre cronache) si contrappone una realtà consistente fatta di miseria e ristrettezze, retaggio della vecchia URSS (emblematico: alle richieste “mirabolanti” avanzate dalla finta orchestra al teatro ospitante, il direttore francese: “Ma questi sono rimasti a prima della Perestrojka”). Non c’è però ombra di nostalgia per il passato: si ravvisi
in ciascuno di noi l’autenticità di questi personaggi, in possesso della più naturale e quotidiana capacità di adattamento alle condizioni storiche; e infatti chi non si adatta e continua a coltivare i propri fantasmi è destinato a diventare un reietto (il direttore destituito ed alcolizzato); va qui sottolineato lo splendido contributo di questo cast di interpreti russi, da noi sconosciuti.
Nelle vicende storiche si tesse invece una condanna assoluta del totalitarismo, condanna distinta sensibilmente tra regime oppressivo e mietitore di vittime, e pura ideologia: mentre il primo momento ci illustra la seppure non conosciuta persecuzione di tutti quegli intellettuali ed artisti che, macchiatisi dell’onta del dissenso, furono privati del loro posto, dei loro diritti e della loro nazionalità, ben si narra il secondo aspetto attraverso la storia buffa ed affettuosa del burocrate-impresario che sogna di recarsi a Parigi solo per ritrovare i vecchi compagni del PC francese e riprogettare la scalata al potere e la breccia nel cuore delle masse. Ma proprio qui vive la più importante lezione del film: non è l’ideologia ad unire gli uomini, ma è la musica il linguaggio universale che rende possibile l’unione in anima e corpo di un’orchestra e del suo uditorio. E sono le musiche di matrice classica e tzigana ad animare e pervadere l’intera pellicola, fino ad arrivare agli ultimi dieci minuti, quando l’indimenticabile finale del film si concreta nel Concerto Ciaikovskjiano , in una fusione sublime di memoria, speranze, dolore, in bilico tra passato e presente, sogno e realtà.

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