Bastardi senza gloria

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BASTARDI SENZA GLORIAUSA, Germania 2009di Quentin TarantinoTarantino rilegge, secondo le sue particolari modalità, la storia della seconda guerra mondiale, ispirandosi indirettamente a un b-movie (genere tanto apprezzato dal regista) italiano degli anni ’70 di Castellari dal titolo “Quel maledetto treno blindato”.Il teatro dell’azione è la Francia occupata dai nazisti, in particolare un piccolo cinema d’essai parigino dove è in programmazione la prima del film di propaganda tedesca“Orgoglio della nazione”, cui parteciperanno non solo Goering, Bormann, Goebbels e altri 350 alti ufficiali, ma
addirittura il Führer in persona. In previsione della premiére due complotti si intersecano inconsapevolmente. Il primo vede Shosanna (Mélanie Laurent) giovane ebrea proprietaria del cinema in questione, progettare di dare il locale alle fiamme la sera del grande evento, vendicando così lo sterminio della sua famiglia ad opera del colonnello Hans Landa (Christopher Waltz, che per questo ruolo ha meritatamente vinto la Palma d’oro a Cannes per la migliore interpretazione maschile) intelligente e poco ortodosso cacciatore dei nemici del totalitarismo. Landa è sulle tracce di un altro piano, la misteriosa operazione Kino che prevede di far saltare in aria il cinema con Hitler e tutti i suoi adepti: a portarla a compimento dovrebbe essere un gruppo di ebrei americani capitanati dal tenente Aldo Raine (Brad Pitt, incredibilmente imbruttito dai baffetti e dall’aria boriosa) meglio conosciuti come i “bastardi”; questi, catapultati in incognito dietro le linee nemiche, terrorizzano le truppe del Reich con uccisioni violente e attacchi sanguinosi, sfregiando i rari sopravvissuti tramite l’incisione nella carne di una svastica perché l’uniforme si può bruciare, ma un tatuaggio del genere no.
Il film si rivela da subito per quello che è: cioè una forte e decisa affermazione del potere mistificatorio del cinema. In quale altro contesto, difatti, si potrebbe riscrivere la storia con una fantasia tanto sfrenata, restituendo l’immagine non di ciò che è accaduto ma di ciò che sarebbe dovuto accadere, con i buoni che trionfano e i cattivi che patiscono la giusta punizione? Questa elaborata ed affascinante storia è suddivisa in cinque capitoli (da notare il titolo del primo, “C’era una volta nella Francia occupata dai nazisti…”, vero e proprio incipit da fiaba malefica), veri e propri blocchi ammirabili non solo per coerenza e scorrevolezza, tra scene pulp e divagazioni filosofiche, ma anche per l’abilità con cui la sceneggiatura incrocia e tesse le due storie come fili invisibili di un’unica ragnatela narrativa. Le trovate grottesche, assurde e imprevedibili di Tarantino abbondano anche in quest’ultimo lavoro ma il regista dimostra di non essere uno sprovveduto attraverso una credibile conoscenza sia del periodo storico che va a trattare sia della cultura europea (tanto per citare una finezza, un nazista smaschera un ufficiale inglese che ordinando tre whiskey indica il numero utilizzando l’anulare anziché il pollice come si fa normalmente in Germania: durante la guerra i tedeschi utilizzarono spesso questo trucco per individuare i nemici infiltrati). Se nella prima storia (quella della ragazza ebrea) si può leggere un sottilissimo phil rouge psicologico con la ricerca sfrenata di vendetta che diventa obiettivo di vita (si veda l’ormai cult Kill Bill e si confrontino i due antefatti: se in quello la causa era lo sterminio della futura famiglia, in questo si presenta un lungo, sofisticato e mellifluo colloquio iniziale tra Lande e un contadino in cui il primo convincerà sadicamente il secondo alla delazione del nascondiglio dei parenti di Shosanna), nella seconda i fatti sono mirabilmente semplificati alla sola azione: la squadra di bastardi contro l’esercito tedesco; il solo scopo: uccidere più nemici possibile. A chi, come accade spesso, contesti le scene violente cui ormai Tarantino ci ha abituato, si dovrebbe rispondere che all’epoca, come oggi, accadevano nella realtà cose molto peggiori.
Infinite sono le citazioni cinefile ed estremamente ricercata è la colonna sonora che va ad unire i più usurati motivi classici al glam rock di David Bowie.

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