Baarìa

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BAARIAItalia 2009di Giuseppe TornatoreCon questa pellicola Tornatore ha voluto ripetere ciò che fece Fellini con il suo Amarcord e Bertolucci con il suo Novecento; un omaggio di amore ed ammirazione alla propria terra e in particolare alla città natale: Bagheria, la Baaria dell’antico dialetto, dall’arabo Bab-al-Gerib “la porta del vento”.La storia della città si dipana sull’arco di un cinquantennio, dagli anni ’30 agli anni ’80 del secolo scorso, sotto gli occhi della realistica e fiabesca popolazione locale; le vicende e i cambiamenti si riflettono in particolare attraverso la storia di Peppino Torrenuova (interpretato da Alfio Sorbello durante l’infanzia, Gaetano Aronica nella giovinezza, e infine il bravo e solido Francesco Scianna nell’età adulta), di famiglia povera che, impossibilitato ad andare a scuola perché le capre gli mangiano ripetutamente i libri, trascorre la prima parte della sua vita a cercare di farsi assumere come raccoglitore di olive e a portare le pecore al pascolo sulle Madonie con lo zio Minicu (Enrico Lo Verso) finché, garantito un momentaneo benessere ai suoi con i soldi rubati alla casa del fascio la notte del 25 luglio del ’43, ormai insofferente ai soprusi degli agrari e dei loro sgherri, a guerra finita si tessera con il PCI. Ma interviene un colpo di fulmine a farlo innamorare di Mannina (Margareth Madé, modella qui al suo esordio), bellezza bruciata e decisa; non sono però d’accordo i genitori di lei (Nicole Grimaudo – Angela Molina da anziana – e Valentino
Picone) avversi, come gran parte dell’opinione cittadina, agli orientamenti politici del ragazzo. Al cuor non si comanda: così, dopo un’inusuale fuitina, i due intraprendono la vita insieme: perenne disoccupato e politicante lui, moglie e madre che tiene in piedi la casa lei.
Quelli citati sinora sono solo alcuni degli attori del ricchissimo cast, apparendo spesso in camei di pochi secondi: Lina Sastri, Salvatore Ficarra, Luigi Lo Cascio, Nino Frassica, Michele Placido, Vincenzo Salemme, Giorgio Faletti, Corrado Fortuna, Paolo Briguglia, Leo Gullotta, Beppe Fiorello, Luigi Maria Burruano, Aldo Baglio, Monica Bellucci, Donatella Finocchiaro, Raoul Bova, Gabriele Lavia, Tony Sperandeo, Enrico Salimbeni. Ha giovato indubbiamente scegliere come protagonisti due volti nuovi, freschi, capaci di restituire non solo una coppia bella ed omogenea, ma anche estremamente concreta e realistica.
Qualcuno ha scritto che questo film è un kolossal: si tratta di una titolazione fuorviante. È piuttosto un’epopea molto viva e molto italiana di ciò che ha vissuto la terra di Sicilia e il nostro paese: così come sono stati rappresentati in Bagheria, i cambiamenti e le rivoluzioni portati dal XX secolo avrebbero potuto aver luogo in qualsiasi altra cittadina nazionale; in tal modo il film, al di là del pathos e dell’emozione del momento, lo si sente ancora più vicino. Tornatore non dà giudizi definitivi sul passaggio sconvolgente al mondo contemporaneo (per girare il film la città è stata interamente ricostruita in Tunisia dato che sarebbe stato impensabile lavorare in quella di oggi, cambiata dalla modernità e deturpata dall’edilizia); si vede però che propende, soprattutto da un punto di vista estetico, verso il passato innocente e povero degli avi: ciò nonostante l’indigenza (la famiglia Torrenuova vive in una stalla e baratta il lavoro del figlio per qualche forma di formaggio), la violenza (bambini, uomini e donne maltrattati sul posto di lavoro), il bigottismo (il giovane Renato Guttuso, nativo anch’egli di Bagheria e interpretato da Corrado Fortuna, desta scandalo e pettegolezzo per aver utilizzato contadini e pescatori come modelli per dipingere l’Ultima cena nella chiesa locale). La città di oggi è invece come tante altre, senza identità, dove si rischia di perdersi tra i grandi edifici, nel traffico e nei volti sconosciuti.
Parallelamente a crescere durante la pellicola sono anche le persone: una società fieramente indipendente, già matura al tempo del fascio quando si sprecano gli arresti e i giudizi negativi, che ha il suo culmine la notte del 25 luglio con l’assalto e il saccheggio al municipio, quando Picone, non trovando più niente, si porta a casa una porta, che “almeno ci ricordiamo di quando sono arrivati gli americani”. Questa società affronta i graduali cambiamenti del tempo (l’avvento della radio e della tv, la presa di coscienza sociale con l’appropriamento delle terra da parte dei contadini) fino al ’68 che è un vero e proprio punto di demarcazione, uno snaturamento estraneo e sconosciuto per quella terra che porta a ribaltare nettamente i giudizi (Peppino, da tempo consigliere comunale e ancora infaticabile lottatore, è considerato con disprezzo un riformista che si accorda con altri politici di vecchia scuola mentre lui, da buon pater familias, fa misurare la minigonna della figlia per valutare la lunghezza).
La sceneggiatura è apprezzabile in quanto completamente scevra da retorica e molto reale, anche se alcuni elementi più onirici non giungono alla piena comprensione dello spettatore (i mostri di villa Palagonia, i riferimenti alle uova rotte, gli incubi di lunghi serpi nere).
La pellicola dura due ore e tre quarti (e per cogliere la variegatissima serie di episodi, personaggi e sensazioni è possibile solo vederla) e scorre molto bene perché la narrazione fluida coinvolge lo spettatore; la seconda parte però si perde soprattutto nel mondo politico e, più lenta e ripetitiva, avrebbe giovato forse di qualche taglio rispetto al riuscitissimo lato privato . La colonna sonora è, come abitudine per Tornatore, a firma del grande Ennio Morricone. Il film è stato doppiato sia in dialetto baariota (sarebbe la versione ufficiale) e in siciliano (quella distribuita per il grande pubblico).

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