Il 19 maggio 2009, sulle pagine di cronaca di questo sito, fu pubblicato un mio articolo che poneva l’accento sul silenzio del campanile del Duomo di Barga in relazione al mancato funzionamento dell’orologio pubblico: “Tace l’orologio pubblico del Duomo”.A distanza di pochi giorni il titolo si cambia in: “E suona ancora l’ora” e di questa importante e rapida restaurazione dell’orologio pubblico dobbiano esserne grati all’intelligente opera del Gruppo Campanari di Barga, il quale, tramite il suo alfiere Enrico, senza indugi e contando sulle forze del Gruppo stesso, per l’evenienza nella competenza di Franco, nell’onnipresente “campanaro della ritirata”, il “Popi”, e sulla sensibilità di un altrettanto bravo artigiano, il barghigiano Renzo di Merizzacchio, il tutto a costo zero, si è preso l’impegno di restaurarlo.Per la cronaca diciamo che l’orologio si era fermato per la rottura di un pezzo fondamentale al suo funzionamento, il quale andava ripristinato con le dovute attenzioni, così come è stato fatto, anche se da tutti loro ci giunge l’accorata attenzione al futuro del vecchio meccanismo, il quale necessiterà di ulteriori interventi, tanto da prendere in seria considerazione l’idea di una revisione totale, che si prospetta lavoro ben più impegnativo per tecnica e costi.
La storia dell’orologio ci dice che fu costruito da una ditta di Torino e donato all’Opera del Duomo nel 1931 dal Cav. Arch.to Ferruccio Togneri, un facoltoso emigrante barghigiano che ebbe fortuna in Argentina, tra l’altro costruttore della bella “Villa Buenos Aires” alla Fornacetta di Barga.
Prima di questo era in funzione, sempre sul campanile del Duomo, un orologio costruito da un valente artigiano di Castelnuovo Garfagnana, un tal Bertoncini, il quale lo installò nel 1803. Questo orologio, che ispirò a Giovanni Pascoli la celebre poesia “L’Ora di Barga”, oggi giace, nonostante tanta nobiltà e con gran disappunto di tutti, nel “magazzino” del Museo Civico Antonio Mordini di Barga senza essere valorizzato come merita:
“E suona ancora l’ora, e mi squilla
due volte un grido quasi di cruccio,
e poi, tornata blanda e tranquilla,
mi persuade nel mio cantuccio:
è tardi! È l’ora! Sì, ritorniamo
dove son quelli ch’amano ed amo.
Qualcuno potrebbe dire: allora non è questo l’orologio della poesia! Un attimo, non è il solito meccanismo, ma si faccia attenzione ad una cosa importante e fondamentale, consistente nel fatto che il suono delle ore dell’orologio del Bertoncini era del tutto simile a quest’ultimo restaurato, colla costante che battendo sulle solite campane, invariate dal tempo del Pascoli, il risultato sonoro di allora era quello di oggi, anche se, comunque, resta tutta la nobiltà al vecchio e dismesso sistema meccanico.
Chiudiamo questo nostro racconto con un grazie a tutti coloro che si sono prestati a rendere nuovamente presente tra noi – per l’utilità di tutti – il suono dell’ora pubblica, così da poter affermare che dai primi di giugno è tornata a risuonare, in sospiri di “voci di tenebra azzurra” e in lontani mormorii di medioevo, “L’Ora di Barga”.
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