Terremoto in Abruzzo: venerdì santo giorno di lutto nazionale

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In tutto il mondo la terra trema ogni giorno almeno 4000 volte secondo gli studiosi, di cui solo 500 sono le scosse avvertite dalle popolazioni; tra queste, solo un paio creano danni alle cose o alle persone.
Questa la media, che sembra discostarsi notevolmente da quello che sta accadendo da mesi in Abruzzo, dove uno sciame sismico ha investito la zona del Gran Sasso e della provincia dell’Aquila culminando in una scossa distruttiva della durata di 20 secondi nel cuore della notte. Alle 3.32 del 5 aprile un sisma di 5,8 gradi Richter ha raso al suolo paesi, sbriciolato centri storici, ucciso decine di persone, disperse altre, sfollato decine di migliaia di persone.
Tutto il resto è noto; la cronaca nazionale di questi giorni non si occupa d’altro che questa «situazione drammatica, la peggiore tragedia di questo inizio millennio», come è stata definita dal Capo della Protezione Civile Guido Bertolaso dopo poche ore dalla sciagura.
A pochi giorni dal sisma comunque, i bilanci sembrano essere abbastanza definitivi: 20 mila gli sfollati che dovranno ricominciare da capo; 278 morti.
Chi vive in Garfagnana spera che non accada mai, ma sa in cuor suo che la possibilità comunque esiste. Certo i criteri dell’edilizia antisismica (ci auguriamo sempre rispettati) aiutano molto in casi di residenza in zone classificate a rischio sismico, ne è un esempio quell’unica villetta rimasta salda nell’aquilano, di proprietà di un imprenditore edile che a detta sua è stata costruita secondo le leggi in materia. Ne sono un esempio, in negativo, gli altri edifici, anche di costruzione recente, collassati miseramente o comunque rimasti seriamente danneggiati.
In pochi, forse, ricorderanno il terremoto del 1920 che fece tremare la Garfagnana distruggendo anche in quel caso alcuni paesi e lesionando molte strutture in una vasta area, fino a Barga. In molti di più ricordiamo il sisma che nel gennaio del 1985 colpì la valle del Serchio squassando anche Barga. Non fu affatto grave, ma l’emergenza di una possibile scossa più forte creò la paura nelle popolazioni tanto da vivere per due giorni “sfollati” in roulotte, vagoni ferroviari, tende, tutto ciò che poteva non essere suscettibile di crollo.
Poi la nostra zona è rimasta tranquilla fino ad oggi (e speriamo ancora per un secolo e più), nonostante sia classificata come abbastanza a rischio, essendo incassata tra due catene montuose, che, naturalmente, si assestano, si muovono, si ritirano, si avvicinano e che ogni tanto un segnale lieve lo mandano.
Ecco perché non possiamo non sentirci vicini a tutte quelle popolazioni che subiscono un terremoto: ecco perché domani, Venerdì Santo, ci auguriamo che tutti i cittadini sentano e rispettino il Lutto Nazionale proclamato dal governo, in occasione dei funerali delle vittime di questo tremendo evento sismico.

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