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Andrea Salvoni
8 Febbraio 2012 alle 14:05
Re: Monsignor Lino Lombardi commemora Morando Stefani
E’ un po’ pretenzioso sondare e giudicare la storia, soprattutto la storia della Resistenza, basandosi sul sentito dire o parlar male o bene degli attori e degli eventi che la popolano. Ma è appunto con questa boria approssimativa di certuni giornalisti e politici che il revisionismo più sudicio ed iniquo vuole infangare la memoria e l’eredità del movimento di opposizione al nazifascismo in Italia ed in Europa.
La retorica revisionista poi si mischia pure ad un accanito livore anticomunista, prova del fatto che il vero fine di queste noiose abitudini reazionarie altro non sia che il voler gettare discredito su chi ancora crede che le tradizioni del socialismo libertario e del cooperativismo abbiano ancora qualcosa da insegnare alle generazioni di oggi, soprattutto in un contesto odierno dove la spoliticizzazione dei rapporti e la deresponsabilizzazione dell’individuo la fanno da padrone.
Nessun vuole negare le atrocità inimmaginabili che i regimi stalinisti dell’est europeo e dell’Urss hanno perpetuato nei confronti di milioni persone. Tantomeno nessun vuole negare le enormi e gravi responsabilità del PCI in occasione dell’invasione dell’Ungheria (1956) e della cosiddetta “normalizzazione” della Cecoslovacchia (1968): tutti, dico tutti i dirigenti dell’allora Partito comunista italiano di allora plaudirono ai carri armati del Patto di Varsavia e condannarono i movimenti che premevano per un socialismo dal volto umano (solo il gruppo de “il manifesto” si schierò con i manifestanti).
Detto questo, non vedo perché si debba equiparare le atrocità dello stalinismo con il sacrificio di tutti gli uomini e le donne che hanno dato le loro vite per la liberazione dell’Italia dall’occupazione nazi-fascista. Più provo ad addentrarmi in questo paragone più in esso non posso che leggere quel rudimentale sfoggio di retorica anticomunista a cui oggi siamo oramai abituati (il “pericolo comunista” sempre tenuto in alto quando non si sa quello che dire per nascondere le malefatte del libero mercato: Berlusconi docet).
Se “eroe” è colui che arrischia la propria vita senza necessità personali ma solo per rispondere ai valori in cui crede e per cui combatte, allora sì, la storia dei partigiani d’Italia (cattolici, comunisti, azionisti, socialisti) è una storia di eroi, che hanno combattuto e che sono morti per la libertà di ognuno, compresa, ahimè, anche la libertà dei loro denigratori, la cui flatulente spocchia appesta ancora oggi la loro importante memoria.