La lunga storia del Carnevale

-

In principio furono i riti dionisiaci greci ed i Saturnalia romani: momenti della durata di alcuni giorni, tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, dedicati a una positiva follia collettiva durante i quali le parti sociali si capovolgevano: gli schiavi diventavano padroni ed i padroni schiavi e tutto, o quasi era lecito. Si scioglievano così, almeno temporaneamente gli stretti obblighi gerarchici abbandonandosi al gioco, allo scherzo, alla dissolutezza. Già al tempo era normale il travestimento o l’uso di maschere, per non essere riconoscibili mentre ci si lasciava andare e per avvicinarsi alla divinità.
Nel medioevo queste manifestazioni persero il carattere mistico delle feste pagane ma continuarono ad essere ben tollerate dall’austera cultura cristiana, considerando il Carnevale uno sfogo prima del periodo della quaresima. In questa epoca le follie del carnevale si diffusero nelle città e nelle corti coinvolgendo tutti gli strati sociali, anche se rimaneva appannaggio dei nobili festeggiare a lungo e con sontuosi banchetti. A questo punto mascherarsi permetteva lo scambio di ruoli, il burlarsi di figure gerarchiche, creare caricature di vizi o malcostumi.
La festa carnevalesca raggiunse il massimo splendore nel XVI secolo, nelle strade della Firenze di Lorenzo dei Medici o nella Venezia dei Dogi con danze, lunghe sfilate di carri allegorici e costumi sfarzosi che segnarono una svolta in questa festa, amatissima durante il periodo rinascimentale. E’ in questo periodo, infatti, che il carnevale si “raffina” e coinvolge anche il teatro e le altre arti: i vizi e le virtù vengono caratterizzati e nascono le Maschere ancora oggi conosciute: Pulcinella, di origini napoletane, servo goffo e grossolano, furbo e pigro; Arlecchino, veneziano, anch’esso servo stupido e sfaccendato; Balanzone dotto bolognese, pignolo e cavilloso; Pantalone, maschera veneziana che rappresenta il vecchio mercante avaro e lussurioso; Brighella, attaccabrighe, insolente e dispettoso, compare di Arlecchino; Colombina, scaltra e maliziosa servetta fidanzata di Arlecchino; Rugantino, di origine romana, arrogante e strafottente ma in fondo buono e amabile.

E in toscana? Dopo gli sfarzi dei carnevali medicei, un paio di secoli dopo, la capitale del carnevale è divenuta Viareggio, con una tradizione iniziata per gioco dall’idea di alcuni giovani di buona famiglia nel 1873 e proseguita con alterne vicende e variazioni fino ai giorni nostri, con i noti corsi mascherati ed i carri allegorici che ogni anno, come un tempo, propongono in chiave satirica personaggi e fatti della vita. Dal 1931 poi, anche il carnevale versiliese ha la sua maschera, che, nata solo per pubblicità diventa immediatamente il simbolo di questo carnevale: è Burlamacco che concentra le caratteristiche delle maschere più antiche. Indossa il cappello di Rugantino, il mantello del dottor Balanzone, il costume a scacchi come Arlecchino e la gorgiera bianca alla capitan Fracassa con una faccia sorridente truccata da clown.
Nel nostro comune la tradizione è più “timida”, niente parate grandiose o carri, ma sono comunque innumerevoli le manifestazioni e le feste durante questo periodo, organizzate nelle diverse frazioni da parrocchie, associazioni, comune e gente di buona volontà, perché, diciamocelo, è un’ occasione troppo ghiotta e godereccia per lasciarla sfuggire e mascherarsi, cambiare ruolo e giocare un poco –ogni tanto- fa anche bene alla salute.

Tag: , ,

Lascia per primo un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.