In questa estate ho avuto più volte l’occasione di recarmi in Duomo, particolarmente per fare la consueta “capatina” al Museo e sentire dalle belle e brave custodi qual’è la situazione delle visite, ecc.
Ormai per noi che tanto abbiamo trepidato affinché si potesse realizzare quell’importante luogo della memoria storica di Barga, quella visita è un piacevole dovere. Poi non può mancare uno sguardo al complesso dell’antica fortezza di Barga, per verificarne il suo stato di salute e nel contempo godersi il superbo panorama che dalle rocciose Apuane spazia ai verdi Appennini.
Girovaghiamo da un parapetto all’altro dello storico complesso e l’occhio parla al cuore con grande sentimento. Per qualche attimo ci sentiamo anche uno di quei Podestà che Firenze inviava a reggere il suo governo nell’amata Barga e pensiamo a qual fremito provasse, quando uscendo sulla loggia del palazzo Pretorio, nelle mattine soleggiate veniva inondato da tanta maestà della natura.
Ma quell’emozione, se in noi può essere scontata, la possiamo verificare negli sguardi dei tanti turisti che si arrampicano sin lassù, i quali, mettendo mano alle macchinette fotografiche “cliccano” da ogni dove per portarsi a casa un ricordo di quanto stanno vivendo, di quanto non pensavano si potesse vedere dall’Acropoli di Barga. Cliccano il bello, ma anche lo strano che li incuriosisce, come quel ramo del cedro che ormai appoggia sulla murella che guarda Latriani.
Per fortuna c’è il muro a fargli d’appoggio, altrimenti si piegherebbe ancora sino allo spezzamento del ramo stesso. Ridire che il cedro andrebbe curato nel suo aspetto pensiamo sia utile e auspichiamo vivamente si provveda, ma ancor più utile dovrebbe essere una rivisitazione di tutto il complesso della fortezza, cominciando dal cedro per venire al prato dell’Aringo, ormai ridotto ad una bruttissima copia del maestoso prato di tempi lontani.
Lascia per primo un commento
Lascia un commento