Ci si è lasciati con la presenza di soldati o similari al Teatro di Barga durante la stagione estiva 1796 e questo era dovuto al fatto che c’era stato un certo sommovimento nel Granducato, causa dei temporanei divieti di tenere aperti i teatri. Infatti, si era fatta sempre più presente la pressione francese e Napoleone, dopo aver sottratto all’influenza britannica il porto di Livorno, ecco che agli ultimi di giugno di quell’anno si dirige a Firenze per incontrare Ferdinando III e con lui decidere, per ora, la neutralità del Granducato.
Quei soldati, guardie, che erano al Teatro, si precisa “quando occorrevano”, facevano parte del Corpo delle Bande costituito nel Granducato nel 1794, truppe urbane che arruolavano uomini dai diciotto ai quarant’anni e quelli di Barga facevano parte del Battaglione di Pisa, con ruoli e gradi ben precisi. Avevano soprattutto il compito di perlustrare giorno e notte tutti i confini del Vicariato. Si è capito che rispetto al resto della valle, Barga, proprio perché era nel Granducato di Toscana, ebbe e avrà un ruolo diverso e seguirà l’iter che toccherà alla Toscana, mentre il resto, con il tempo a venire, subirà un’evoluzione ben diversa, specialmente in Garfagnana che seguirà gli eventi di Modena. Infatti, ci fu molta insofferenza e questo stato delle cose, la tenace avversione al regime francese, arrivata a plateali proteste, porterà a delle esecuzioni capitali tramite il generale Rusca, qua inviato per sedare con forza le ribellioni. Siamo sul finire del 1796 e in Castelnuovo Garfagnana si hanno due fucilazioni, altre tre furono eseguite il 2 gennaio 1797. (22)
L’aria si fa sempre più scura e allora vediamo che per il prossimo Carnevale 1797 l’Accademia non ha messo niente al fuoco, cioè, in cantiere. Si tace circa il Teatro sino all’incontro tra gli Accademici di domenica 17 aprile 1797, quando tra di loro: “fissorno di non aprire il Teatro nel corrente anno”.
L’anno 1798, sempre d’aprile ma senza data, si limitarono a deliberare che loro: “Comprorno il palco del Gianotti e restorno in 19 accademici”. Questo è un dato indicativo circa la reale consistenza dell’Accademia che noi sappiamo si sia mantenuta sino alla rinuncia, per motivi a noi ignoti, del palco di cui si è detto, nel numero di venti persone appartenenti alle famiglie più facoltose di Barga, il solito di quando la stessa era nata nell’anno 1688.
Ovvio osservare che in questi anni, se anche fosse stato possibile allestire una stagione teatrale, il gravoso momento vissuto in valle rendesse impossibile la presenza di stranieri a Barga, specialmente dalla lucchese Bagni di Lucca, quindi inutile il solo pensarla. Circa l’importante flusso di persone provenienti da Bagni di Lucca per assistere agli spettacoli al Differenti, il lettore può farsene un’idea ricorrendo all’articolo scritto da Sara Moscardini per il Giornale di Barga del febbraio 2023. (23)
Non lo sappiamo di preciso ma è ovvio pensare che sino alla costituzione del Regno d’Etruria, 1801, che sarà affidato alle cure da Ludovico I (Parma 1773 – Firenze 1803), non fosse stato possibile pensare ad altro se non ai momenti duri e cupi del Granducato. Infatti, accadono in Toscana dei rivolgimenti politici molto importanti, alterne vicende sempre decise e politicamente dominate dai francesi, come la cessazione della Repubblica di Lucca l’anno 1799 e l’inizio del Principato e poi il Ducato Borbonico. Una Lucca che aveva sotto di sé i comuni confinanti con Barga posti a sud rispetto alla Garfagnana modenese. Si capisce che in valle la pentola è ben bollente e ogni espansione culturale ridotta al solo pensiero che fa alzare gli occhi al cielo e ripetere ogni sera l’invocazione a Dio, affinché il futuro fosse benigno.
Comunque sia stato di questo periodo che va dal 1801 del Regno d’Etruria sino al ritorno effettivo del granduca Ferdinando III, che avverrà l’anno 1814, le notizie che abbiamo circa il teatro sono scarse, salvo rinvenire documenti per ora non conosciuti allo scrivente. Tra le poche cose si ricorda che alla morte di Ludovico I Re d’Etruria, che avvenne il 25 maggio 1803, al Teatro di Barga s’interrompono la recita delle Marionette di Rebechi. (24)
Tra le poche cose che ci restano di questo periodo napoleonico, sono i Capitoli dei Doveri e delle Facoltà dei Deputati Serali del Teatro, dove, tra l’altro, si apprende della presenza allo stesso Teatro della Compagnia Gatteschi, osservando qualcosa circa gli impegni presi. Questa particolarità di una compagnia ci fa propendere a credere che la stesura del testo sia stata spinta dalla necessità di dare e avere per il futuro dei precisi riscontri comportamentali validi per tutti. I Capitoli sono delle regole che probabilmente vengono da precedenti e più vecchie consuetudini, come atto definitivamente scritto, da collocarsi temporalmente a quando il vicario regio Odoardo Ferrati le richiese all’Accademia, con una sua diretta comunicazione del luglio 1804 (Regno d’Etruria). Perché le volle, ossia, quale potrebbe essere la ragione ben più profonda che porta a questa richiesta? Noi si pensa che risieda nella volontà di avere e di mantenere il più possibile sotto controllo l’ordine pubblico. Comunque, questo intervento del Vicario Regio ha per noi anche un altro valore che maggiormente ci interessa, cioè, è un preciso segno che l’Accademia, tramite il suo Teatro produce in maniera continua cultura.
Comunque, lo ripetiamo per una maggiore comprensione, questi Capitoli, di cui si è fatto già cenno nell’undicesima parte del presente lavoro, si aprono con un’introduzione da cui si capisce che gli Accademici, appunto, furono invitati dal Vicario Regio a mettere nero su bianco l’importante impegno di controllo che svolge l’Accademia durante le aperture del Teatro. Senz’altro si tratta di una raccolta in un solo corpo di certi impegni consuetudinari, in parte contenuti in scritti tenuti sino allora in forma sparsa. Certo, lo intuiamo dalla lettura dei Capitoli, ci potrebbe essere anche il caso che questi occorsero perché durante qualche recita erano sorte delle antipatiche discussioni tra il deputato serale e qualche accademico, magari che si fosse anche accipigliato per essere stato ripreso, invitato a non andare nei luoghi predisposti per le compagnie, addirittura sul palco, a fare, come si dice in gergo, il padrone. Questo lo diciamo perché c’è un articolo che parla di evitare questo comportamento e si fa proprio riferimento agli Accademici.
Il contenuto parte con le istruzioni per i Deputati Serali che hanno compito, come già si disse, anche di polizia in accordo con il Vicario Regio di Barga. Cioè, a nessuno era lecito di insultarli e in tal caso potevano far intervenire gli sbirri per arrestare il disgraziato, però solo con il consenso del Vicario Regio che in genere era presente in teatro. I deputati erano personaggi scelti ad hoc, avevano anche il compito di vigilare e impedire ogni “chiasso e tumulto”, questa particolare attenzione all’ordine pubblico si aggiunse l’anno 1806. Anche questo è un “modus operandi”, così come possiamo intuire da ciò che abbiamo già mostrato e dalla nostra comune esperienza di vita, che deriva da un qualcosa che era già accaduto e ora, codificandolo, per il futuro da evitarsi e severamente. Poi si passa alle Convenzioni redatte con i Capi Comici delle varie compagnie che recitavano al Teatro, il cui rispetto dei capitolati era compito demandato dall’Accademia sempre al deputato serale.
Questi aveva anche l’impegno di far rispettare ogni accordo preso tra l’Accademia e la compagnia, specialmente nel principiare puntualmente le rappresentazioni un’ora dopo il tramonto, sempre e in ogni caso, prima usando la prudenza propria delle buone maniere. Questo come nel caso che qualcuno degli attori, a capriccio, non volesse intervenire, dopodiché si usassero anche le maniere forti per indurlo al suo dovere e si pensa al concorso degli sbirri ma solo dopo aver sentito il Vicario Regio. Parendo forse all’Accademia di essere stata un po’ troppo rigida nel dettare gli articoli di cui sopra si è detto ecco che pone per scritto l’uso della moderazione, iniziando con il dire che confida molto nella prudenza da usarsi da parte del deputato serale affinché nei suoi modi, prima di giungere alle vie di fatto, domini la dolcezza.
Tra i Capitoli ecco il dettato ai deputati serali circa il controllo degli impegni presi da parte della Compagnia Gatteschi e che devono controllare e far rispettare. Gatteschi, nella sua qualità di capocomico non poteva cedere ad altri il Teatro senza il permesso dell’Accademia. No si facciano beneficiate senza il previo consenso della stessa Accademia, altrimenti il Teatro resterà chiuso. La compagnia è tenuta a osservare ogni patto economico con i suoi attori, altrimenti, anche in questo caso il Teatro resterà chiuso. Per le recite, se qualcuna di quelle annunciate sul pubblico programma saltasse, si renda in proporzione ciò che spetta a chi si fosse già abbonato. Inoltre si fa l’obbligo al capocomico di servirsi solo degli attori che sono sul manifesto, se diversamente, abbia il consenso dai deputati serali, che, tra l’altro, hanno già avuto parte anche sul programma circa le rappresentazioni. Il capocomico deve ancora dare la lista dei suonatori che si pagano e quelli che avranno il solo biglietto d’ingresso gratis, cosicché, occorrendo, entrambi, caso mai, potranno essere obbligati dai deputati a suonare.
La compagnia che prenderà il Teatro per muoversi nella gestire le cose dovrà servirsi del personale sino allora in forza e questo di consenso dei deputati serali, come le tre maschere e il servizio di polizia. Si nota ancora che i lumi spettano alla compagnia: palcoscenico, orchestra, ingresso al Teatro, scale, corridoi e per i luoghi comodi. Infine si devono concordare anche i prezzi del biglietto che, per chi è di Barga, costa la metà rispetto al forestiero. Questo è il capitolato degli accordi presi con Gatteschi ma che certamente ci dà la misura di ciò che ogni compagnia, in questi anni, doveva rispettare nel prendere il Teatro dei Differenti. Si nota ancora che c’era una particolare severità, che si ritrova nel punto in cui si codifica che chi presta i servizi non possa entrare in platea se non ha il biglietto, quindi, si pensa che in mancanza di quello si dovesse stare nei corridoi.
Per i palchetti si può dire che diversi erano quelli che l’Accademia dava in affitto durante le stagioni, ovvio si trattasse di quelli non padronali, cioè, direttamente spettanti a una famiglia ma di padronanza condominiale. Per il palchetto reale, quello di mezzo al secondo ordine, era predisposto a un uso ben preciso, ossia, vi potevano accedere il Vicario Regio del Tribunale di Barga e gli Accademici, questo sin da quando fu rifatto il Teatro l’anno 1795. Solo al deputato serale era concessa la facoltà di potervi fare accedere quei forestieri che lui reputasse meritevoli di un certo riguardo.
Avendo citato i palchetti o palchi del Teatro ci sovvengono alcune memorie dell’anno 1810, epoca dell’Impero Francese con la Comune di Barga nel Circondario di Pisa – Dipartimento del Mediterraneo che aveva per capoluogo Livorno. Infatti, accadde in quell’anno una diatriba per la vendita di un palchetto, avvenuta tra un accademico possessore e una persona di Barga, affare contrastato dal consesso della stessa Accademia.
Quest’ultima questione insorta, ma anche ciò che si è raccontato prima, nel complesso ci offre uno spaccato circa la vita accademica dei Differenti, rivelando quanto tenessero a non aprire a tutti l’accesso nella loro società condominiale di compadroni del Teatro. La querelle insorta è interessante anche perché ci fa conoscere, seppur non tutti, chi fossero in quell’epoca i compadroni, questo perché si firmano nel numero di quattordici, uno per uno, nel finale di comparsa; una lettera inviata al Maire della Comune e Cantone di Barga; la faremo conoscere al momento che arriveremo alla composizione del libro.
Altra nota da farsi e che vedremo meglio in seguito la fornisce un fatto specifico proprio dell’Accademia dei Differenti, cioè, lo straordinario merito che ebbe nel far nascere tra i barghigiani l’attenzione pratica alla musica. Infatti, si è già detto dell’Accademia dilettanti amanti della musica, con maestro il violinista Rafanelli di Pistoia, sorta in concomitanza con l’ultimazione del nuovo Teatro che si ebbe l’anno 1795, e questo, come dal titolo d’apertura: Continua la grande cultura di Barga, va detto che, in effetti, fu così. Perché facciamo questo inciso? Presto detto, perché si nota che in Barga ci fossero dei buoni suonatori che concorrevano anche ad ampliare le orchestre al Teatro. Qui siamo ai primordi della futura Banda che nascerà per volontà dei barghigiani più facoltosi l’anno 1823.
Oltre a loro, ai suonatori, continua pur sempre la dedizione dei più intraprendenti e dotati barghigiani, a farsi attori e così concorrere anch’essi a colmare quelle lacune che una compagnia proveniente da fuori potesse avere. Questi attori locali poi recitavano anche in Teatro delle commedie preparate da loro, come già detto, alcune anche d’invenzione di qualche scrittore del luogo, specialmente, ma ben circospetti, appartenenti anche al clero. (continua)
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