Tutti prima o poi torniamo alla preghiera del Padre Nostro, anche senza accorgercene, fa parte di noi. C’è una misteriosa attrazione verso questa preghiera, vuoi perché ci ricorda la nostra infanzia, vuoi perché c’è l’hanno insegnata le nostre nonne o non so per quale motivo, ma mi sembra di aver capito nella mia esperienza che anche il più lontano dalle pratiche religiose a un certo punto alza gli occhi al cielo li alza e prova a dire Padre nostro …
Tempo fa è rimbalzata sui telegiornali e sui vari social la notizia di una piccola modifica di questa preghiera: “cambia il Padre Nostro”. In realtà la notizia riportata dai mezzi di informazione è parziale, infatti il cambiamento fa parte di un contesto più ampio: è stata aggiornata la versione italiana del Messale Romano (il libro con tutte le preghiere e formule della messa) con una nuova traduzione tra cui l’aggiunta del anche (come anche noi li rimettiamo …) e il non ci indurre è stato reso con non ci abbandonare .
Il mondo cattolico e non si è diviso tra chi ha accolto positivamente questa nuova traduzione (finalmente! Dio non può indurci in tentazione) e chi invece l’ha guardata con sospetto (io me lo prego come me lo sono sempre pregato).
Cercherò brevemente di fare chiarezza toccando alcuni punti:
come prima cosa se cercate nelle Bibbie che avete nelle vostre case troverete (se sono state stampate dopo il 2007, anno della nuova traduzione della Bibbia della CEI) che in effetti sia nel Vangelo secondo Matteo che nel Vangelo secondo Luca, dove Gesù insegna il Padre Nostro, la traduzione era già stata resa con non abbandonarci (quindi sono ben 14 anni ad oggi!!!).
Secondo punto: se leggiamo in parallelo Matteo e Luca, rispettivamente ai capitoli 5 e 11 troviamo 2 diverse versioni del Padre nostro, quella di Matteo è la più lunga, quella che di fatto la Chiesa ha adottato nella messa e quella di Luca che è più breve. Quindi la preghiera cristiana non si attacca alla “parolina”, non è una formula magica che se non l’azzecchi non funziona.
Terzo punto: è cambiato Dio? Prima ci induceva e ora non più? Qui viene il bello! Non ci indurre è ovviamente una traduzione dal greco antico (lingua in cui sono scritti i vangeli) che a loro volta sono stati tradotti dalla tradizione orale che arriva direttamente da Cristo che parlava l’aramaico. Il primo traduttore della Bibbia è stato San Girolamo che si è trovato a dover tradurre l’intera Bibbia dall’ebraico e dal greco al latino. Arrivato al Padre Nostro Girolamo si è trovato di fronte a un verbo: EISPERO. Come tradurlo? In latino è stato reso con ne nos inducas, in greco la possibile traduzione sarebbe introdurre, far entrare, ma in aramaico la traduzione potrebbe suonare con farci entrare (quindi non farci entrare, non introdurci nella tentazione). Lo svantaggio di questa traduzione sembra quindi quella di farci pensare che sia Dio che ci faccia entrare nella tentazione; meglio quindi chiedergli di non abbandonarci ad essa, ma il vantaggio era, dato che non era di immediata comprensione, quello di farci fare un viaggio attraverso alcune pagine dell’Antico Testamento. Proviamo a compiere questo viaggio insieme. Nel Salmo 95 Dio stesso dice al popolo: “non indurite il vostro cuore” e fa riferimento ad un episodio che troviamo nel libro dell’Esodo (cap.17 versetti 1-17) dove il popolo mormora, si lamenta e dimentica che Dio li sta guidando nel deserto verso la terra promessa. Ancora, lo stesso Salmo 95 recita: “per quarant’anni mi disgustai di quella generazione ” facendo riferimento ai quarant’anni che il popolo di Israele ha impiegato per arrivare dall’Egitto alla Terra Promessa. Qui la domanda sorge spontanea: perché quarant’anni per compiere un tragitto percorribile in pochi mesi? La risposta la troviamo nei fatti narrati nei capitoli 13, 14 e 15 del libro dei Numeri. Non ho qui il tempo di spiegare la ricchezza di questi testi, basta solo dire che dopo pochi mesi dall’uscita dall’Egitto il Popolo arriva sulle soglie della Terra Promessa e Mosè invia 12 esploratori per fare una ricognizione della terra in cui stavano per entrare. I 12 tornano raccontando le meraviglie di quella terra ma cominciarono ad aizzare il popolo contro Mosè e contro Dio a causa della presenza di molti altri popoli più forti militarmente di Israele. Solo due di loro, Caleb e Giosuè, sono positivi, invitano il popolo a fidarsi di Dio, ma il popolo preferisce pensare che la Terra, dono di Dio, fosse in realtà una fregatura e che sarebbero morti di spada a causa degli altri popoli. Dato che il popolo ha preferito credere ad una brutta notizia piuttosto che alla bella notizia che Dio sarebbe stato al loro fianco, perdono l’occasione favorevole per entrare nella Terra Promessa e rimarranno 40 anni nel deserto (il tempo di una generazione, che avrebbe tutto un significato esistenziale e pasquale che qui non è possibile approfondire). Da precisare che non è Dio che si rifiuta di farli entrare ma sono loro che l’hanno rifiutata (“quella terra che voi avete rifiutato” Nm14,31).
Tutto questa storia per dire cosa? Torniamo ai Salmi, questa volta prendiamo il Salmo 81 che ai versetti 12- 13 recita: “Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, Israele non mi ha obbedito: l’ho abbandonato alla durezza del suo cuore. Seguano pure i loro progetti”. Ecco il punto! Israele perde la Terra Promessa perché ha seguito i propri progetti, ha indurito il cuore, ha sposato una lettura storta della realtà, si è misurato con le proprie forze e non con quella di Dio per cui tutto è possibile. Quando chiediamo a Dio di non indurci\non abbandonarci alla tentazione noi supplichiamo il Padre di non lasciarci portare la dove il nostro povero cuore a volte ci conduce, dove i nostri progetti mediocri ci conducono, dove la nostra lettura della realtà ci vuole portare. Dio è più bravo di noi, a volte lo dimentichiamo. Insomma, nonostante sia stato uno dei best seller italiano noi chiediamo a Dio di non lasciarci andare la dove ti porta il cuore (romanzo pubblicato nel 1994) perché a volte (non sempre per fortuna, sia ben chiaro) il nostro cuore può portarci verso strade sbagliate.
Tag: Padre Nostro
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