Ripartiamo con il nostro racconto di Rosina per vedere quando arriva a consacrarsi a Dio come Oblata. Questo stato religioso di alcune donne all’interno del Conservatorio, ha poca importanza come si volesse definire, se monacale o altro, comunque e nonostante le vicissitudini passate agli inizi del secolo XIX, ora che siamo a un secolo dopo, certamente possiamo dire fosse ancora ben presente. Si ricordi che l’anno 1883 si erano censite dodici oblate, che pian piano andavano morendo e probabilmente, seppur fosse invalso un preciso limite se non un divieto di farne altre, sempre a causa di particolari attenzioni al mantenimento dell’Istituto il più laico possibile, ecco che l’anno 1906, festa di San Cristoforo protettore di Barga, ci fu di nuovo la consacrazione di cinque oblate. Quest’atto, proprio per quanto accennato, però fu fatto in maniera molto riservata se non addirittura in segreto come vedremo più avanti.
L’idea era sorta nel precedente anno 1905 all’arcivescovo di Pisa Cardinal Pietro Maffi (5) durante la sua Visita Pastorale a Barga, nei fatti accorgendosi che c’erano all’interno del Conservatorio delle persone timorate di Dio che avrebbero potuto rinverdire un bel passato e dare all’Istituto un ben radicato futuro nel cristianesimo cattolico e, questo il pio desiderio, certamente anche qualcosa di più, nel senso di luogo che potesse tornare a far risplendere la mistica missione monacale.
Dal già citato libro del 1936 su Suor Maria Cristina, stralciamo questo particolare momento descritto in maniera molto affascinante e che riguarda, qui sta il punto che a noi interessa, anche le maestre Rosina e Marianna e parrebbe anche l’altra sorella Maria:
Il 25 luglio 1906, mentre il paese era tutto in moto per celebrare la festa del proprio Protettore, in una sala appartata del Conservatorio, si svolgeva una commovente funzione. Al fioco lume di due candele, a porte e finestre chiuse, Rosina e le sue pie compagne inginocchiate davanti all’Eminentissimo Cardinale, emettevano, nella gioia del cuore, i loro voti e si offrivano a Dio, con la religiosa Oblazione Rosina ricevé, col santo abito, il nome di Suor Maria Cristina e sua Eminenza fece alle cinque nuove Oblate un appropriato discorso, paragonando l’attuale cerimonia a quelle che si svolgevano nelle catacombe, ed animandole a tenersi come i primitivi cristiani, pronte al sacrificio ed alla morte.
Prosegue la descrizione con un inciso circa Rosina, cioè, che non manifestasse a nessuno il suo voto a Dio. Le novelle consacrate, ossia le cinque Oblate, furono poi invitate a degli esercizi spirituali condotti da Padre Felice Prinetti degli Oblati di Maria Vergine, che già aveva avuto modo di conoscere Rosina così dicendo di lei:
Davanti a quell’anima m’inginocchierei: è eroica senza saperlo!
In questo frattempo la direttrice delle scuole del Conservatorio, Emilia Guidi nata a Barga nel 1853, che aveva preso a cuore Rosina e che, forse, se l’era avvicinata come fosse stata una sua segretaria, colta da malattia, andava sempre più peggiorando. La triade maschile che gestiva il Conservatorio, il cui Operaio era il Cav. Egisto Piacentini, come anche la parte ecclesiastica dell’Istituto scolastico, insieme decisero di affidare la supplenza alla stessa Rosina Marcucci, che accettò con grande difficoltà, non era la sua aspirazione, e forse lo fece solamente per compiacere la cara malata.
Poi, avvenuta la sua morte il 7 ottobre 1911, ecco che Rosina, consigliata dal suo direttore spirituale padre Prinetti, dette due volte le sue dimissioni da direttrice supplente ma senza pervenirle risposta. Era successo ancora che nel periodo estivo di quest’anno fosse stata in ritiro al Monastero della Visitazione di Pisa e lì avesse ricevuto come una sorta di messaggio divino che le diceva che lì era il suo riposo e lo pensò vero, sennonché gli restasse difficile il solo pensiero di lasciare il Conservatorio. Forse anche pensando alle due sorelle lì presenti cui si era aggiunto dal 1903 anche il fratello, ora Canonico Enrico, che al Conservatorio era stato incaricato di svolgere la funzione di confessore.
In questo frattempo, siamo alla metà del 1912, da poco è terminato l’anno scolastico, ecco che l’Operaio del Conservatorio dette un’incombenza a Rosina, alla supplente nelle funzioni di direttrice dell’Istituto scolastico, di andare a conferire con l’arcivescovo Maffi per delle questioni che ci restano ignote ma certamente legate al Conservatorio. Rosina su questa gita ci fece sopra un piccolo progetto tutto suo, già carezzato da qualche tempo e per certe vie percorso e considerato possibile. Ossia, l’occasione era ottima per parlare con l’Arcivescovo del suo grande desiderio di voler entrare a Pisa nel Monastero della Visitazione, che come un presagio l’aveva folgorata l’anno precedente del ritiro spirituale.
Certamente la questione se la prese a cuore il Cardinal Maffi, lasciando Rosina in uno stato di attesa circa il positivo risultato, tanto che, tornando a Barga al Conservatorio, la possiamo immaginare confidare la sua speranza alle sorelle Maria e Marianna e poi parlandone anche con il fratello Enrico. Poi, magari annunciando a tutti loro, che se la cosa fosse andata in porto, così com’era la sua speranza, da lì a poco sarebbe stato il momento di prendere la pensata decisione di lasciare il luogo per entrare in Monastero, a Pisa, il suo grande desiderio.
Il problema era come annunciarlo alla direzione del Conservatorio che in lei aveva riposto fiducia e speranza circa il ruolo di direttrice, perché aveva capito che tutti l’avrebbero voluta veder continuare ciò che ora stava disimpegnando, in altre parole tutti si erano accorti delle sue grandi qualità umane e intellettive. Ormai, però, il suo destino era segnato e niente l’avrebbe tolta dalla ricercata via del “calvario”, dove avrebbe continuato a condividere con più forza la passione di Cristo.
Si narra che l’ultima sera che restò al Conservatorio fu quella del 18 luglio 1912, aveva trentasei anni, e chissà quante volte Rosina avrà sentito e contato le ore che scendevano dal campanile del Duomo di Barga lì d’appresso, non struggendosi all’idea di voler dormire ma perché arrivassero presto le altre e così giungere alla partenza per la sua meta. Arrivata a Pisa, passando sotto il Monastero di San Domenico, con il solo pensiero salutò la sorella Gioconda, Suor Agnese, poi si diresse dall’Arcivescovo e da lì alla sua destinazione, a ciò che sin da bambina voleva come suo porto d’arrivo.
Rosina, ora possiamo già chiamarla Suor Maria Cristina, così come fu nominata nella sua oblazione a Dio, sente in sé tutto il peso di dover lasciare il Conservatorio di Santa Elisabetta, la direzione delle scuole e teme di passare per ingrata.
Questo lo aveva già scritto nel gennaio di questo 1912 alla Madre del Monastero della Visitazione di Pisa suor Maria Rosalia Galletto (a questa citazione, come si era accennato prima, si fa chiaro che è già da qualche tempo la via del Monastero era perseguita):
Passerò per ingrata, mi resterà la taccia d’avere dato l’ultima spinta a questa povera casa; ma non importa, quando anche tutti mi biasimassero, io non mi smuoverò da seguire la via tracciatami da Gesù.
Si dice nelle biografie che il giorno della sua clausura nel Monastero della Visitazione di Pisa fosse il 19 luglio 1912, festa di Vincenzo de’ Paoli, e chissà se Lei avrà ricordato che in quel giorno a Barga ricorreva Sant’Arsenio, l’eremita che i suoi concittadini scelsero in quelli lontano 1521 a protettore di tutti dai fulmini e soprattutto dalle tempeste, mentre al SS. Crocifisso si festeggiava l’omonimo San Vincenzo.
Nel giorno di domenica del 21 agosto 1912 si ha la sua vestizione e a Barga era giunto l’annuncio tramite anche un santino che sul retro recita:
Rosa Marcucci, oggi Suor Maria Cristina Crocifissa, invoca su parenti, superiori e conoscenti celesti benedizioni, assicurando perenne ricordo. Pisa Monastero della Visitazione.
Mentre sul fronte tra due angeli oranti si può leggere in francese: Adorons à jamais le Saint Sacrement de l’Autel source de toute bènèdiction et de toute grace pour nous. (Adoriamo per sempre il Santo Sacramento dell’altare, fonte di ogni benedizione e grazia per noi.)
Il Cardinal Maffi le fece in dono il velo e nel discorso le ricordò il percorso che l’aveva condotta al presente momento ma ciò che più ci piace è che le confermò il nome scelto per la sua oblazione che avvenne al Conservatorio di Santa Elisabetta in quel giorno di San Cristoforo del 25 luglio 1906: Suor Maria Cristina. Ecco, con le parole che seguiranno, come prese avvio il noviziato di Suor Maria Cristina, espressioni annotate da Lei stessa e così descritte nella sua prima biografia:
Cominciai allegramente il mio noviziato e mi sentivo pienamente felice; a misura che comprendevo lo spirito di questo Istituto, mi sentivo rapita d’ammirazione. … La mia occupazione interna, in questo primo anno, fu quasi sempre lo studio del Direttorio. … Il mio spirito prendeva la piega da me intravista in tutta la vita passata, ed entrava in possesso di una vera pace e di un perfetto riposo. (6)
La sua fu un’ascesi che andò perfezionandosi ogni giorno, con l’esercizio delle virtù e l’abnegazione, distaccandosi sempre più dalle passioni del mondo, per giungere a potersi sedere sempre più vicina alla croce di Cristo sul Calvario nella più completa immolazione nell’idealità della divina perfezione. Il percorso fu di un’eroica volontà che così descrisse al suo confessore, il già incontrato Padre Prinetti:
Mio buon Padre, giacché me lo chiede, vengo con tutta semplicità, a mostrarle le piaghe della mia anima, perché sono tanto dolorose, che non posso più tenerle nascoste. Mi par di sentire il lamento continuo di Gesù per le offese che riceve, per gli abbandoni e i tradimenti, anche delle anime a lui consacrate. D’altra parte sento, per queste anime lontane da Dio, una tenerezza, una sollecitudine, direi quasi materna; ho bisogno di sfogare questa tenerezza e lo faccio con la preghiera, con le lacrime, coi sacrifizi. … Non so darmi pace che le anime si perdano, e che tante grazie, di tanto amore, di tanto Sangue, Gesù non riceverà che bestemmie per tutta una eternità. … Io vorrei che il mondo tutto fosse una fiamma e che Gesù fosse il solo Sovrano, il solo amore di tutti i cuori. (7)
Con queste intenzioni intraprendeva i voti che la porteranno alla vera Professione l’anno 1914 e dopo questo importante passaggio eccole l’incarico di Direttrice delle Novizie. In questo tempo già sente su di sé la malattia che le impedirà di svolgere buona parte delle sue mansioni nell’incarico, nelle qualità di Maestra e di Assistente. Anche qui, come quando era la mestrina del Conservatorio che allietava le sue bimbe, amava circondarsi delle sue allieve cui raccontava delle bellezze del divino e dei tesori celesti. Per esempio diceva alle novizie che se qualcuno affida al cielo, a Gesù, la sua pena o una persona cara, non debba star sempre con ansia ad attendere altrimenti l’intenzione non avrà ascolto e tornerà all’anima che l’ha pronunciata. Questi erano i suoi insegnamenti uniti ad altri mille. Inoltre aveva il dono dell’intenso ascolto, sia con le consorelle o con chi avesse voluto conferire con Lei, che la portava a capire profondamente chi le stava in fronte, illuminando con i suoi consigli e placando le pene con il conforto della sua parola “colma” di fede. Aveva ancora una pazienza straordinaria, tanto da ascoltare anche le sue consorelle prese in inutili discorsi e così appunta Mons. Icilio Felici nel suo libro Sposalizio sul Calvario, del 1962 e che parla di Lei:
Ad una di esse che si lamentava con lei del fatto che certi esseri umani sembrano fatti apposta per fare esercitare la pazienza al povero prossimo, dette una risposta che è un capolavoro di … spirito cristiano: Lei, cara consorella –rispose- non pensa quanto certi esseri, sono necessari alla nostra santificazione!
Per parlare ancora di Suor Maria Cristina occorrerebbe una penna molto più dotta della presente, tanti sono gli spunti che andrebbero ampliati e commentati, circa la sua vita e che si possono leggere nelle sue due biografie: per esempio il voto di abbandono completo, che è l’estremo limite della carità. Icilio Felici ricorda anche quanto scriveva nel suo quadernetto degli appunti, dicendo che lì “non è più la mente che ragiona; è addirittura il cuore innamorato di Dio che si esprime palpitando e gemendo.”
Negli anni a seguire la sua malattia che già aveva dato i primi cenni, si aggrava, tanto che una notte, dopo il Mattutino, cadde bocconi accanto al letto e non fu capace di alzarsi e non volle neppure disturbare la consorella della vicina cella, così restando fino la mattina, quando passò la suora che faceva il giro delle celle e fu portata all’infermeria. In seguito fu notato da tutte le consorelle e dalla Madre Superiore che stentava a fare la genuflessione, adducendo alla domanda di cosa avesse, Lei rispondeva fosse solo un doloretto, ma continuava il suo male, si dice alle ossa, che la porterà alla morte, alternando momenti migliori ad altri peggiori, arrivando all’ausilio di un bastoncello. Lei però continuava a essere presente con uno spirito che si percepisce dalle letture avesse dell’eroico.
Intanto al Monastero erano sempre numerose le richieste di visite a Suor Maria Cristina, gente di ogni ordine e grado e tutte ne traevano l’agognato conforto, seppur di consolazione ne avesse più bisogno Lei per i dolori che la malattia gli procurava. La sua fu una presenza costante e fortificante per tutte le consorelle tanto da vedere intorno a Lei aleggiare la luce della santità e la meritata imposizione del velo nero, che si dice essere per le “Visitandine” un privilegio spirituale desiderato e ambito.
Nel 1931 Suor Maria Cristina fu colta anche pleurite che la tenne sofferente per parecchio tempo ma senza mai accasciarla nella sua buona presenza tra le consorelle, anzi, mantenendo sempre il suo spirito positivo e scherzevole. Nel 1933 la solita malattia si aggrava, però c’è anche un successivo miglioramento che fece sperare a tutti che il miracolo della guarigione si avverasse; aveva cinquantasette anni. Intanto in questo stesso anno la Superiora, Madre Suor Giovanna Graglia che da trent’anni governava la Comunità non se la sente più di dirigere la Comunità e si chiama a sostituirla la sua ex allieva Suor Maria Cristina. Ci dice Icilio Felici nel suo libro che riuscì “una superiora impareggiabile”; le migliorate condizioni le consentirono di essere presente a ogni momento della Comunità ma fu solo un breve periodo e poi ci fu il nuovo e continuo peggioramento. Costretta a letto non fu mai assente spiritualmente e moralmente a dirigere la Comunità, con parole “che avevano il profumo del Paradiso”.
L’anno 1934, accompagnandosi alle parole sia fatta la Sua volontà, per la malattia che progrediva, nelle mani dell’Arcivescovo Vettori furono poste le sue dimissioni da Superiora e Suor Giovanna Maria Graglia dovette riprendere l’abbandonato ruolo.
Il 17 settembre 1935, “alle ore 10,30 Suor Maria Cristina rendeva placidamente a Dio la sua anima ancora adorna dei candori dell’innocenza e arricchita dei tesori inestimabili di virtù e di santità”. (Icilio Felici)
Diffusasi la notizia, molte persone si recarono alla chiesa del Monastero a rendere l’estremo omaggio a Suor Maria Cristina, dove nel coro erano esposte le sue spoglie, e diverse di loro chiedeva alle suore di poter far toccare alla defunta, anelli, immagini, corone. C’è chi volle offrire il bel feretro, altra le spese del funerale che “riuscì un vero trionfo”.
(fine terza parte – continua)
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