Da quali animali ci è arrivato il coronavirus? possono gli animali domestici infettarsi e ritrasmettere il virus all’uomo? Queste alcune delle domande più frequenti che in questo periodo noi veterinari ci sentiamo rivolgere.
L’origine del coronavirus
Anche se le false notizie sul fatto che il coronavirus responsabile della malattia COVID 19, denominato SARS CoV 2, fosse stato creato in laboratorio hanno generato un po’ di disorientamento, è ormai certo che il virus è arrivato a noi dai pipistrelli. Gli studi sulle caratteristiche genetiche di questo virus, oltre ad aver portato i ricercatori a identificare le mutazioni che hanno consentito al virus di infettare con più facilità le cellule dell’uomo, dimostrano le strette somiglianze con altri coronavirus già presenti nei pipistrelli.
Conosciamo già diversi virus che i pipistrelli possono trasmettere all’uomo e ad altri animali: il virus della rabbia che può essere trasmesso prevalentemente dai pipistrelli ematofagi (succhiatori di sangue) in Sud America, ma anche da pipistrelli insettivori in altre parti del mondo; il virus Hendra arrivato all’uomo attraverso il cavallo; il virus Nipah giunto a noi attraverso il suino; e il virus Ebola che ha avuto come animale intermedio la scimmia.
Per quanto riguarda in particolare i coronavirus sappiamo che i pipistrelli sono portatori di una grande varietà di questi virus e, come è noto, alcuni sono già passati all’uomo: il virus SARS CoV attraverso lo zibetto e il virus MERS CoV attraverso il dromedario.
Non era quindi del tutto inaspettato che prima o poi un altro coronavirus potesse fare il passaggio di specie pipistrello–uomo dando origine ad una nuova zoonosi.
Ma perché proprio i pipistrelli sono una sorgente importante di nuovi virus per l’uomo e per gli altri mammiferi?
In primo luogo questo si deve al fatto che i pipistrelli, presenti in tutto il mondo con una notevole varietà di specie diverse, per una particolarità del loro sistema immunitario tendono ad avere infezioni asintomatiche e persistenti, e riescono quindi a convivere bene con diversi virus facendo loro da serbatoio.
Inoltre sono longevi, volano, migrano, vivono in comunità popolose: tutti fattori che, in diverso modo, rendono particolarmente facile non solo conservare, ma anche trasmettere i virus. I pipistrelli sono mammiferi “antichi” perché si sono evoluti circa 50 milioni di anni fa e successivamente hanno subito pochi cambiamenti evolutivi, pertanto, sebbene apparentemente siano molto diversi da noi, presentano recettori cellulari (i siti di attacco utilizzati dai virus per infettare le cellule) abbastanza simili a quelli degli altri mammiferi. Per questo diversi virus presenti nei pipistrelli hanno un’ottima capacità di “imparare” a infettare altri mammiferi, uomo compreso.
Il virus può infettare altri mammiferi oltre l’uomo
Il passaggio del SARS CoV 2 dai pipistrelli ad altri mammiferi selvatici è probabilmente già avvenuto anche se ancora non sappiamo con certezza quale specie selvatica può avere avuto un ruolo di trasmettitore del virus all’uomo. In un primo momento si è ipotizzato che questo animale fosse il pangolino, ma questa ipotesi deve essere confermata.
Per quanto riguarda invece i mammiferi domestici non abbiamo segnalazioni che il virus sia passato da questi animali all’uomo, ma abbiamo invece alcune segnalazioni del passaggio del virus da persone infette ai propri animali da compagnia. La prima segnalazione si è avuta ad Hong Kong dove due cani sono risultati positivi al tampone senza manifestare sintomi di malattia e uno di questi è anche successivamente risultato positivo al test per la ricerca di anticorpi, a dimostrazione che il virus oltre ad aver contaminato il suo apparato respiratorio era anche riuscito a replicarsi stimolando in tal modo una risposta anticorpale. Alla fine di marzo in Belgio il gatto di una signora risultata positiva a COVID 19 ha manifestato diarrea, vomito e difficoltà respiratorie ed è risultato positivo al tampone. Alcuni giorni dopo a Hong Kong il gatto di un paziente infetto è pure risultato positivo al tampone, anche se in questo caso non sono stati osservati segni clinici. Dopo i casi in USA, Francia, Germania, Spagna e Russia le segnalazioni mondiali di infezione naturale nei gatti sono attualmente salite ad una decina.
Un caso particolare è quello di una tigre malese dello zoo del Bronx di New York che presentava sintomi respiratori ed è risultata positiva al tampone dopo essere stata infettata da un guardiano dello zoo.
Ricerche sperimentali in corso di pubblicazione hanno dimostrato che cani e maiali, sono risultati piuttosto resistenti all’infezione, mentre gatti e furetti sono risultati più sensibili, in alcuni casi hanno manifestato segni clinici e sono stati in grado di trasmettere l’infezione per via aerea ad altri soggetti sani tenuti in gabbie vicine.
Oltre al furetto anche altri mustelidi possono essere suscettibili all’infezione; in Olanda il virus si è diffuso in tre allevamenti di visoni e il contagio è avvenuto probabilmente attraverso alcuni operai risultati positivi a COVID 19.
In conclusione felini e mustelidi sembrano gli animali più sensibili all’infezione da SARS CoV2, ma il significato epidemiologico di queste osservazioni (ruolo di questi animali nella propagazione del virus, possibilità che possano rappresentare una sorgente di infezione per l’uomo) rimane ancora da chiarire.
Allo stato attuale delle nostre conoscenze possiamo quindi dire che le persone con COVID 19 possono sì rappresentare un pericolo per la trasmissione del virus agli animali domestici (in particolare gatti, furetti e forse anche criceti); non abbiamo invece elementi sufficienti per ritenere che possa avvenire il contrario.
Il virus si è adattato bene all’uomo
In qualsiasi modo il virus sia arrivato dal pipistrello all’uomo, sia per contagio diretto che attraverso il passaggio in un altro mammifero selvatico, il suo adattamento alla nostra specie è risultato ottimale. Non poteva trovare una specie migliore per assolvere le sue funzioni vitali di replicarsi diffondersi e mantenersi in natura.
L’uomo è una specie particolarmente diffusa in tutte le parti del mondo ed in continua espansione, siamo animali particolarmente sociali, viviamo in agglomerati urbani popolosi, non perdiamo occasione per riunirci in grandi assembramenti per svariati motivi: sport, spettacoli, svago, eventi politici ecc. Abbiamo l’abitudine di spostarsi e di viaggiare molto volando da un luogo all’altro del pianeta in tempi rapidissimi.
Quindi in questa prima fase della pandemia in cui la popolazione umana risulta completamente indifesa verso il SARS CoV 2 questo virus non ha alcun vantaggio a cercarsi nuove specie animali per propagarsi, nessun’altra al di fuori dell’uomo potrebbe dargli tante opportunità di diffondersi e di persistere.
E’ giusto pertanto concentrarsi sulla trasmissione da uomo a uomo, ma non dobbiamo ignorare totalmente la possibilità che il virus possa adattarsi anche ad altre specie di mammiferi.
L’epidemiologia del virus può cambiare
Dobbiamo considerare che i coronavirus sono soggetti a continue modificazioni genetiche che con il passare del tempo possono cambiare la loro virulenza, ma anche la loro epidemiologia. Pertanto, una volta superata l’emergenza sanitaria, poiché in questo momento è importante non distogliere la nostra attenzione dalla malattia nell’uomo e tutti gli sforzi devono concentrarsi su diagnostica, terapia e ricerca di vaccini efficaci, sarà importante prestare attenzione e approfondire le ricerche anche nei confronti di specie animali a stretto contatto con l’uomo, per verificare se queste possono essere divenute nel frattempo serbatoi del virus.
In questo momento l’Organizzazione Mondiale della Sanità e il nostro Ministero della salute, consigliano di attenersi a normali misure di igiene nei confronti degli animali da compagnia, ma le persone infette o sospette di infezione da COVID 19 durante la quarantena dovrebbero evitare contatti ravvicinati con gli animali e demandare la loro cura ad amici o ad altri membri della famiglia.
Tornando a casa troverete i vostri amici a quattro zampe, forse vi guarderanno perplessi perché siete andati in giro con la “museruola”; date loro una carezza, ma non dimenticatevi,prima, di lavarvi le mani.
Tag: animali, epidemiologia, covid-19, coronavvirus
Leoneria valentini
8 Giugno 2020 alle 19:18
Molto interessante l’articolo, e la spiegazione utile a capire l’origine del covid 19 Complimenti Prof. bravissimo come lo è sempre stato. Grazie del pensiero Leoneria
Alberto Perez
8 Giugno 2020 alle 21:54
Interessante e chiarissimo articolo del prof. Tolari (infettivologo veterinario di riferimento), per aiutarci a capire anche il ruolo degli animali domestici in questa pandemia. Complimenti all’editore.