Nel 77° anniversario della Battaglia di Nikolajewka

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BARGA – A Barga, al Parco degli Alpini, di fronte al monumento agli Alpini, si è svolto sabato scorso un evento cdi commemorazione nel 77° anniversario della Battaglia di Nikolajewka

Tra gli intervenuti, per l’amministrazione comunale, l’assessore LKorenzo Tonini, ma erano presernti anche i rappresentanti delle varie associazioni d’arma.

Tra gli interventi invece quello di Pier Giuliano Cecchi che ha detto:

 

 

Ricordiamo gli alpini e i soldati barghigiani caduti in Russia

Oggi siamo qui riuniti di fronte al Monumento degli Alpini Dispersi e Caduti in ogni guerra. Siamo qui non per colorare di politica questo incontro: non ha assolutamente senso! Non ci interessa!

Siamo qui solo per ricordare quei giovani che con la penna nera sul cappello o anche senza, in ogni tempo hanno offerto la loro vita per l’Italia, credendo o non credendo ma certamente credendo nella salvezza della loro vita e così poter tornare a casa.

Oggi ricordiamo l’ultima battaglia su quel maledetto fronte russo, inteso come una delle disgrazie dell’umanità. Ricordiamo perché auspichiamo che la nostra povera Italia non si ritrovi mai più a simili esperienze, terribili e soprattutto inutili.

Ricordiamo con il cuore gonfio di un’infinita tristezza al pensiero di quelle mamme, padri e fratelli, che attesero con straziante ansia un messaggio da quel paese tanto lontano e saputo altrettanto freddo.

Qui a Barga, come scrisse Bruno Sereni, furono giorni di grande angoscia collettiva. Ecco un suo scritto:

La veglia si svolgeva attorno agli apparecchi, ascoltando la serale conversazione del Colonnello “Buona sera”. (n.d.r.- Radio Londra, il colonnello era Stevens) Finita quella cominciavano i commenti.

Era il fronte del Don che sgomentava e atterriva la gente in ascolto. Lassù c’era molto più freddo che a Barga. Dal mese di novembre dalla Russia a Barga non era più giunta una lettera. Il Colonnello informava che le divisioni italiane erano accerchiate in un’immensa sacca, grande quattro provincie della Toscana. Poi l’ultima battaglia e dopo:

 Il 6 marzo a Gomez in Russia, ebbe inizio il rimpatrio a mezzo di tradotte dei resti del corpo di spedizione, 30 mila uomini dei 200 mila. Giunti in Italia con grande segretezza, furono avviati ai campi contumaciali per essere riverniciati, prima di rimetterli in circolazione.

Con l’arrivo a Barga dei superstiti dei “200 mila”, cominciarono a circolare brani d’impressione narrate e dalle quali la gente apprese raccapriccianti particolari, degli assiderati durante la ritirata, ecc, ecc.

A Barga nella primavera del 1943 non si parlava altro che della Russia, della ritirata e dei rimpatriati. Era una spasmodica ricerca di notizie. Gli assenti erano molti. Morti? Dispersi? Prigionieri? Chi lo sa? I mancanti all’appello erano tutti alpini della Julia, della Tridentina, della Cuneense. Come si spargeva la vociata che a Renaio, a Montebono, alle Seggiane, era rientrato uno dalla Russia, dopo aver fatto quarantena, i familiari degli assenti correvano là.

Quei nomi non devono essere dimenticati! Soprattutto dal Gruppo Alpini di Barga che li annovera tra le loro sfortunate glorie! Il luogo sarà, se Dio vorrà, la Chiesina Gherardi, dove è nostro desiderio veder sorgere il Museo all’Alpino di Barga. Un Museo che ha proprio qui il suo correlativo più prossimo, perché questo Monumento, voluto da tutti i barghigiani ed eretto dal Gruppo Alpini di Barga, poi donato al Comune di Barga, si volle specialmente dopo la disastrosa Campagna di Russia e inaugurato l’anno 1952. La Campagna Russa fu una terribile sciagura che inghiottì ben 69 giovani del Comune di Barga, di cui 66 Alpini e Artiglieri Alpini. E con loro, tra i loro nomi scritti in adeguata forma, nel mezzo è desiderio veder effigiata anche la Madonna del Don di cui ritesso la mirabile storia.

Novembre 1942, alcuni alpini della 46a compagnia del Battaglione Tirano, sono accampati in un disastrato villaggio russo, nella zona del Don assegnata alla Divisione Tridentina. Sono in cerca di legna per il fuoco tra delle isbe russe ormai quasi distrutte. Lì trovarono anche una Madonna, un’icona.  Presi dalla bellezza dell’immagine, la presero per affidarla al loro cappellano che la custodisse affinché vegliasse sugli alpini. Gelosamente la tenne vicino a sé fino a che non cadde prigioniero durante la ritirata, però riuscendo ad affidarla a un alpino grazie al quale, tra mille e drammatiche peripezie, arrivò in Italia.

Se il Gruppo Alpini di Barga arriverà a quel dovuto e duraturo ricordo di quei tanti giovani che dalla terra di Barga partirono per sacrificare la loro vita sul Fronte Russo, penserei che all’elenco dei loro nomi si unisca nel mezzo l’immagine della Madonna del Don.

Siamo consapevoli che la Madonna è solamente una ma secondo dove ci folgora il suo raggio d’amore, prende con sé il nome del luogo riassumendone la vicenda …. E che vicenda!

La Madonna del Don ci parla di guerra, con le sue strazianti sofferenze e l’infinita speranza della nostra salvezza da quel gorgo di morte. Ci parla di neve, di ghiaccio, di poveri giovani sbattuti a un destino crudele. Ci parla di parole non dette, udite nel sonno che libera. Ci dice d’amare, come in quell’ultimo sogno di un figlio che al cuore sentì aggrapparsi tutto e sciogliersi quella morsa invocando un nome: il Suo? Sì! Mamma … Babbo, Bimbo. Nel gelido presepe di morte.

Penso sia doveroso e dovuto il loro ricordo! Gente nostra che dobbiamo sentire vicino in ogni palpito del cuore che si muove verso l’amore.

 

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